TERZA ED ULTIMA PARTE DEL CAPITOLO 1 COMMENTI SUI VERSETTI DEL VANGELO DI GIOVANNI CAPITOLO 1 VERSETTI 1-5

C. LA SUA RELAZIONE CON L’EVANGELO

Gli ultimi due dei cinque versetti iniziali del Vangelo di Giovanni trattano soprattutto della relazione di Cristo con l’Evangelo. L’Evangelo è il motivo principale dell’incarnazione di Cristo. La sequenza in questi cinque versetti è quindi molto logica. Giovanni inizia dicendo che Gesù è Dio, poi afferma che Gesù è il Creatore, e ora dichiara che Gesù è il Salvatore. Le religioni apostate minimizzano sempre la grandezza di Cristo, come se non avesse potuto nemmeno salvare se stesso. Grazie a Dio, la Bibbia ci dà un’immagine ben diversa.

Esaminando in questo testo la relazione di Cristo con l’Evangelo, notiamo:
il rimedio in Cristo,
lo splendore di Cristo,
e il rifiuto di Cristo.

1. Il rimedio in Cristo

«In lei era la vita; e la vita era la luce degli uomini» (Giovanni 1:4). Vita e luce sono il contrario di morte e tenebre. Cristo, essendo la vita e la luce degli uomini, è ciò di cui essi hanno più bisogno. Gli esseri umani dipendono assolutamente da Cristo, che lo riconoscano o meno. La vita, sia fisica che spirituale, si trova in Cristo. Cristo Creatore dà vita fisica. Cristo Salvatore dà vita spirituale. L’enfasi nel nostro testo è sulla vita e la luce spirituale che dà Cristo. Il mondo crea molti sostituti di Cristo in questioni di vita e luce spirituale, ma quei sostituti sono solo morte e tenebre camuffate. Gli empi parlano spesso di “bella vita”, mentre in realtà conducono un’esistenza iniqua che non è altro che morte e conduce alle infernali «tenebre di fuori» (Matteo 25:30). Spesso, ad esempio, la birra è associata a vitalità, ma è una grande menzogna. La birra (presa senza moderazione) conduce alla morte: morte sulle autostrade, morte della virtù, delle famiglie e di molte altre cose buone e preziose. Le bevande alcoliche producono morte e non vita. La vita e la luce procedono da Cristo e non da una lattina di birra.

Studiando più attentamente il fatto che Cristo, in quanto luce e vita degli uomini, è il rimedio per le loro necessità spirituali, osserveremo separatamente i due aspetti di Cristo come vita e come luce.

Cristo Vita. Le Scritture affermano ripetutamente che la vita deriva da Cristo. Per esempio, Gesù disse: «io son venuto perché abbiano la vita e l’abbiano ad esuberanza» (Giovanni 10:10). La più grande vita che Cristo ci dà è ovviamente la vita spirituale. È questo il significato di Giovanni 10:10. Non parla della “bella vita”, ma della vita dell’anima. L’incarnazione di Cristo è intesa a dar vita a «voi ch’eravate morti nei vostri falli e nei vostri peccati» (Efesini 2:1). Se Cristo non avesse potuto dare vita, l’incarnazione sarebbe stata inutile. Al contrario, le Scritture insegnano: «in te è la fonte della vita» (Salmi 36:9) e «Iddio ci ha data la vita eterna, e questa vita è nel suo Figliuolo » (1Giovanni 5:11).

Le nostre chiese devono ricordare la fonte di vera vita, quando cercano di ravvivare i loro programmi. Tante chiese cercano di rimediare al torpore dei loro culti e del loro ministero usando intrattenimenti, espedienti promozionali o qualche altro stratagemma psicologico. Nei culti tuttavia non c’è vita per la mancanza di devozione verso Cristo. Il rimedio per una chiesa addormentata non è un carnevale, ma Cristo.

Cristo Luce. Il mondo giace in profonde tenebre a causa del peccato, ma Cristo quando è accolto porta luce nel mondo. Le profezie parlano di questa opera di Cristo come luce: «Ecco, le tenebre coprono la terra, e una fitta oscurità avvolge i popoli; ma su te si leva l’Eterno, e la sua gloria appare su te. Le nazioni cammineranno alla tua luce, e i re allo splendore del tuo levare» (Isaia 60:2,3). Gesù disse: «Io son la luce del mondo; chi mi seguita non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Giovanni 8:12). Senza luce, le cose non crescono, ma muoiono. Spiritualmente non c’è vita, né crescita senza la luce di Gesù Cristo.

2. L o splendore di Cristo

«La luce splendé nelle tenebre» (Giovanni 1:5). Esaminando questa frase che dimostra l’opera di Cristo, espressa come luce splendente, noteremo l’incarnazione nello splendore, il luogo dello splendore e il motivo dello splendore. L’incarnazione nello splendore. La Parola «splendé» è la traduzione di un termine greco che significa «far apparire […] dar luce, risplendere» (W. E. Vine). In questo paragrafo considereremo soprattutto il significato “apparire”, perché l’apparizione di Cristo sulla terra fu necessaria per farlo risplendere portando salvezza nelle tenebre. Questa apparizione parla dell’incarnazione. Cristo apparve realmente sulla terra per circa trent’anni per far risplendere in sé la verità gloriosa della salvezza.

Il luogo dello splendore. La luce «splendé nelle tenebre». Cristo si manifestò nel mondo, descritto con la parola “tenebre”. Queste tenebre sono un risultato del peccato. Le tenebre e il peccato sono associate: «gli uomini hanno amato le tenebre più che la luce, perché le loro opere erano malvage» (Giovanni 3:19). È per questo che i covi di iniquità, come i pub, le sale da ballo e i night club, sono poco illuminati.

È nelle tenebre che doveva risplendere la luce di Cristo. L’incarnazione avvenne nel posto giusto, perché il mondo aveva un disperato bisogno di luce.

Questa verità è messa in evidenza in una profezia di Isaia riguardo a Cristo: «Il popolo che camminava nelle tenebre, vede una gran luce; su quelli che abitavano il paese dell’ombra della morte, la luce risplende» (Isaia 9:2, cfr. Matteo 4:16). Le tenebre e la morte richiedevano la luce di Cristo. Quando gli angeli annunciarono la nascita di Cristo ai pastori, fu un simbolo della venuta di Cristo. I pastori erano infatti nelle tenebre della notte quando gli angeli apparvero, ma «la gloria del Signore risplendé intorno a loro» (Luca 2:9) e trasformò le loro tenebre in gran luce, non solo fisicamente ma, cosa ancora più importante, spiritualmente, perché la loro mente fu illuminata riguardo alla nascita di Gesù Cristo.

C’è qui anche un’importante lezione pratica: anche noi dobbiamo risplendere nelle tenebre. Troppo spesso, i cristiani professanti non hanno il coraggio spirituale di farlo. Sanno prendere posizione per Cristo in chiesa, tra altri credenti, ma nel mondo, dove abbondano le tenebre, la loro luce non risplende affatto. Eppure, è là che dobbiamo risplendere. La nostra testimonianza non serve se non risplende nelle tenebre. I figli di Dio sono descritti come luci (Matteo 5:16) che devono risplendere dove la luce è necessaria.

Il motivo dello splendore. L’incarnazione di Cristo, cioè l’apparizione di Cristo nel mondo come Luce del mondo per la salvezza delle anime, fu motivata dalla Grazia divina. La luce non splendé nelle tenebre perché le tenebre la meritavano, ma per grazia di Dio. Versetti come: «noi crediamo d’esser salvati per la grazia del Signor Gesù» (Atti 15:11); «poiché gli è per grazia che voi siete stati salvati» (Efesini 2:8); «giustificati gratuitamente per la sua grazia» (Romani 3:24) sottolineano il fatto che la grazia era l’importante motivo dell’apparizione di Cristo nelle tenebre di questo mondo.

3. Il rifiuto di Cristo

«Le tenebre non l’hanno ricevuta» (Giovanni 1:5). Il mondo non accolse Cristo quando operò qui sulla terra, e ciò che Cristo rappresenta non è ancora accolto bene da molte persone di questo mondo. Ciò non scredita Cristo, ma il genere umano. Esaminando questo rifiuto da parte degli uomini della luce che risplendé tra di loro nella Persona del nostro Salvatore, ne noteremo la follia, la forza e il fallimento.

La follia del rifiuto. Non c’è atto più folle che rifiutare di Gesù Cristo. Le tenebre avevano più che mai bisogno della luce, eppure, quando la luce venne, pochi l’accolsero bene. Quelli che rifiutano Cristo cercano spesso di apparire intellettuali e savi, ma, «dicendosi savi, son divenuti stolti» (Romani 1:22). La loro follia è chiara nel loro modo di considerare la predicazione della croce. «La parola della croce è pazzia per quelli che periscono» (1Corinzi 1:18). In realtà, non è la predicazione della croce a essere pazzia, ma il rifiuto del messaggio della croce di Cristo.

La forza del rifiuto. Il rifiuto di Cristo non è un atto passivo e timido, ma un atto violento, come si vede nella grande ostilità che spesso lo accompagna e che si manifestò già poco dopo la sua nascita, quando Erode fece uccidere tutti i bambini di Betlemme «dall’età di due anni in giù» (Matteo 2:16), costringendo Giuseppe e Maria a portare Cristo in Egitto per salvargli la vita.

Diverse volte durante il suo ministero terreno, le folle cercarono di uccidere Cristo prima della crocifissione (Luca 4:29; Giovanni 8:59; 10:39). La stessa ostilità continua tuttora ed è chiara in ogni persecuzione contro i seguaci di Cristo. Il rifiuto di Cristo è violento. Solo chi nasconde la testa sotto la sabbia non riesce a vedere l’ostilità del mondo nel suo rifiuto di Cristo.

Il fallimento del rifiuto. «Le tenebre non l’hanno ricevuta» Il termine greco tradotto «ricevuta» ha un ampio significato: non solo di rifiuto, ma anche, a volte, di conquista. In forma negativa, nel nostro testo, significa «le tenebre non poterono conquistarla [la luce di Cristo] […] la luce e tenebre entrarono in un conflitto aspro e decisivo in cui le tenebre non poterono prevalere» (Morris). Il significato di conquista appare in altre traduzioni di questa parola nella versione Riveduta: «colta» (Giovanni 8:3); «capito» in Atti 4:13; «ottenuto » in Filippesi 3:13; e «cogliervi» in 1Tessalonicesi 5:4.

In entrambi i sensi, la parola indica il fallimento degli uomini nel loro atteggiamento verso la luce. Respingere Gesù Cristo per mancanza di fede è un gran fallimento. Chi cerca di sconfiggere la luce fallisce sempre. Gli uomini pensarono di aver spento la luce, dopo aver inchiodato Cristo alla croce, ma non tennero conto della sua identità e del fatto che doveva morire sulla croce per dar vita. Non tennero conto della risurrezione che inflisse alle tenebre un colpo devastante da cui non poterono più riprendersi. La crocifissione non spense la luce: la fece splendere più luminosa e più estesa. Non si può spegnere la luce di Cristo. «Quando Gesù era qui sulla terra, nessun potere riuscì a oscurare la sua luce. Nacque in una stalla, crebbe in una bottega da falegname in un angolo remoto del mondo, non andò mai lontano dal luogo dove era nato, fu crocifisso su una croce romana, ma la sua luce splendé allora e risplende ancora: la luce più grande che abbia mai illuminato i cuori umani» (Ford).

La luce non sarà mai sconfitta, né dal peccato, né dall’inferno. Anzi, un giorno regnerà su tutto il mondo, sconfiggendo completamente le tenebre. Lo vediamo nella descrizione biblica della nuova Gerusalemme, dove «non ci sarà più notte; ed essi non avranno bisogno di luce di lampada, né di luce di sole» perché «l’Agnello è il suo luminare» (Apocalisse 22:5; 21:23). Nel concludere questo capitolo riguardo alla persona di Cristo, notiamo due importanti verità particolarmente rilevanti riguardo al messaggio evangelico contenuto nel nostro testo, che hanno a che fare con la gravità del peccato e la grandezza della nostra salvezza. Queste verità sono riassunte bene dal vescovo anglicano J. C. Ryle, che disse: «Vogliamo conoscere, tra l’altro, l’enorme gravità del peccato? Leggiamo spesso questi cinque versetti iniziali del Vangelo di Giovanni. Prestiamo attenzione alle qualifiche del Redentore del genere umano, indispensabili per portare redenzione eterna ai peccatori. Se solo l’eterno Dio, il Creatore e Preservatore di ogni cosa, poteva togliere i peccati del mondo, il peccato dev’essere agli occhi di Dio una cosa più abominevole di quanto la maggior parte degli uomini immagini […] Se Cristo è così grande, il peccato dev’essere davvero orrendo!» […] Vogliamo poi conoscere la vera forza del fondamento di speranza del Cristiano? Leggiamo spesso questi cinque versetti iniziali del Vangelo di Giovanni e prestiamo attenzione al fatto che il Salvatore nel quale il credente è esortato a confidare non è che il Dio eterno, “che può anche salvar appieno quelli che per mezzo di lui si accostano” al Padre [Ebrei 7:25]». Per quanto uno possa essere un gran peccatore, Gesù Cristo è il grande Salvatore che può dare sufficiente luce e vita a chi si accosta a lui cercando salvezza.

Testo integrale tratto dal volume:
Gesù Cristo:
la sua incarnazione
Studi sul Salvatore
Volume numero uno

Edito e pubblicato in italiano dalla
CASA EDITRICE HILKIA Sito web: www.hilkia.com

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