A CASA NOSTRA
(quando il Signore ci guarda dal cielo)
Mio marito e io abbiamo passato di recente un mese in America. Volevamo rivedere tre dei nostri nipoti che non vedevamo da più di un anno e partecipare un poco alla loro vita.
E per partecipare abbiamo fatto il tifo mentre giocavano a pallacanestro, siamo andati alle riunioni della chiesa che loro frequentano e abbiamo scoperto che anche in America si può comprare la pasta Barilla e l’abbiamo cucinata come si deve. All’italiana.
Le partite erano entusiasmanti, perché le squadre, anche se composte da liceali, erano ben organizzate e i ragazzi ce la mettevano tutta per fare del loro meglio, con alcuni che mostravano di avere un vero talento.
Le partite in cui giocavano i nostri nipoti, cominciavano con una preghiera per protezione da incidenti e onestà da parte dei giocatori.
Il che era una variazione rinfrescante e piacevole per chi non è abituato a simili preliminari.
Fra un tempo e l’altro delle partite, le bande dei ragazzi che a scuola studiano musica suonano a tutta birra soffiando nelle trombe e sassofoni, mentre le majorettes, carine e slanciate, saltano e inneggiano alla propria squadra, facendo una specie di combinazione fra claque e animazione.
E tutti, amici e avversari, battono le mani.
In una squadra di queste majorettes sono rimasta colpita da una ragazza molto bella in viso, ma fortemente deforme fisicamente.
Non ci crederete, ma riusciva a saltare, agitare le braccia, muoversi e piroettare come tutte le altre.
E in più, lo faceva con un sorriso felice, come se fosse stata Miss America, appena eletta fra mille, con 100 milioni in tasca.
Un bell’esempio di tenacia. Per non parlare dei suoi genitori che dalla gradinata la guardavano applaudendo estasiati.
Quella ragazza mi ha fatto pensare a qualcosa di importante, perché era un po’ l’emblema di tutti noi. Peccatori “in cui non abita alcun bene”, come dice la Bibbia.
Infatti, quando il Signore ci guarda dal cielo e osserva le squadre di credenti, che formano le sue chiese locali, che cosa vede? Tanti handicappati, che si arrabattano a servirlo. Che raramente vanno a canestro e che raccolgono più falli che applausi. Che assomigliano più all’armata Brancaleone che a una squadra di serie A.
Eppure, Lui, dal cielo, fa il tifo per ognuno di noi e si degna di usarci.
Non perché siamo dei campioni, ma perché ci ha comprati tutti al prezzo inestimabile della vita di suo Figlio e, perciò, siamo infinitamente preziosi ai suoi occhi.
Perché siamo degli handicappati salvati per la sua grazia. Degli handicappati che Lui vede già come saranno un giorno: senza difetti e sempre vincitori. Bello, vero?
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