La parabola dei talenti

I doni che riceviamo da Dio sono diversi, perché è diverso il nostro modo di collocarci all’interno della Chiesa. Ciascuno di noi ha un ruolo diverso e irripetibile, stabilito da Dio prima della nostra nascita, e secondo questo ruolo, noi abbiamo ricevuto dei doni corrispondenti. Sarà poi la nostra adesione che ci differenzierà davanti a Dio. Nulla di arbitrario nella distribuzione, pur diversa, dei doni di Dio: a ciascuno è dato ciò che davvero gli serve; e poiché ciascuno ha una missione diversa da realizzare in questo mondo, ne consegue che sono diversi anche i doni necessari a tale realizzazione.
Finché noi continueremo a pensare che tutto è dalla nostra volontà, costruiremo una civiltà di inetti e di incapaci. La volontà non può dare ciò che Dio non dona. E Dio dona secondo il beneplacito della sua sapienza, intelligenza, volontà. Quindi non è possibile aggiungere nulla, e ognuno deve rimanere lì dove Dio lo ha posto. Non siamo autorizzati a scegliere noi dove stare, e neanche la necessità deve decidere. Se già ci troviamo a svolgere un ruolo o un servizio pur non avendo le facoltà, è obbligatorio smettere. “Che diranno gli altri poi?!” Che t’importa! Pensa piuttosto a quel che Dio ti dirà. Cosa è più importante: il parere degli uomini o il parere di Dio?
Egli ci colma dei suoi beni, e non manca niente che ci impedisca di farli fruttare con generosità e gratitudine per la fiducia ricevuta.
Però, può nascere l’orgoglio di essere migliori degli altri quando uno percepisce di ricevere più degli altri, e in quelli più piccoli può nascere l’invidia, la gelosia perché ricevendo meno si sente meno amato, meno valorizzato allora o prende la rivincita e vuole sopraffare o si chiude e resta piccolo, povero.
Spesso guardiamo le nostre differenze pensando che i doni degli altri ci sminuiscano. E giudichiamo Dio come cattivo e esigente nei nostri confronti. Perché non pensare, invece, che Dio ti ha ritenuto degno di fiducia? Se tu non avessi avuto niente, poteva starci quel giudizio nei confronti di Dio, ma tu qualcosa ce l’hai e quindi non hai il diritto di guardare gli altri e sminuirti disprezzando così la fiducia che Dio ti ha dato. Il solo talento che per Dio è prezioso tu non puoi ritenerlo di scarso valore, e ti è dato non per conservarlo ma per farlo fruttare. Tu renderai conto a Dio per quello che ti ha dato, per quell’un talento che hai.
I doni di Dio non sono mai piccoli, hanno sempre uno spessore e una profondità sproporzionata, perché sono dati in previsione di un “investimento”, e Dio attende che noi li facciamo sviluppare. Il problema non è allora cosa ho ricevuto, se molto o poco, bensì fino a che punto io l’ho valorizzato.
Colui a cui è stato dato molto, dovrà anche rendere conto di molto, invece a colui a cui è stato dato poco dovrà anche rendere conto di poco.
La causa che certe volte ci potrebbe ostacolare nello sviluppo pieno di tutti i doni che Dio ci ha dato è la paura. la paura di essere giudicati, di essere fraintesi, la paura di quello che si dirà intorno a noi, la paura che il nostro servizio non sia accettato, o sia inteso come una imposizione di noi stessi, come una ricerca di gloria personale. Queste paure paralizzano e portano la persona a sotterrare i doni di Dio, che invece ci sono stati dati per l’utilità comune, e che devono essere messi a servizio della Chiesa con grande serenità. Leggete 1Corinzi 12:12-30
Ecco l’atteggiamento che ci è richiesto: ricevere i doni con gratitudine e moltiplicarli per dimostrare la nostra fedeltà al Padrone, Dio.
Ciò che abbiamo non sono mai per noi stessi, ma per gli altri e per glorificare il Suo nome.
Ricordiamoci che non è Dio a far fruttare quel che Egli ci dona, tutto dipende dal nostro impegno. Quindi ci deve essere impegno, studio di alta qualità, fatica, costanza e tenacia. Il talento va a volte scovato, stimolato, allenato e questo è fatica e sacrificio, e il frutto non è altro che il risultato di una montagna di lavoro. Il talento è nulla senza applicazione.
Però… tutto sarà efficace solo secondo gli ordini di Dio e i tempi di Dio. Se si agisce di propria iniziativa e quando noi riteniamo che sia arrivato il momento giusto, tutto sarà vano.

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