Chi crede di non aver bisogno della correzione ha cancellato la “D” dalla parola DIO, è rimasto l’IO dell’autosufficienza.

le conseguenze di questa mancanza della “D”, sono davanti ai nostri occhi: bestemmie frequenti, disprezzo della vita dal concepimento alla fine naturale, peccati contro il creato, egoismo e corsa sfrenata al potere e al piacere. In mancanza di un sano progetto educativo, si cresce esasperando l’egocentrismo, diventando pretenziosi, arroganti e aggressivi. Questa instabilità deriva dalla mancanza di regole e di correzione.
“Signore, i tuoi occhi non cercano forse la fedeltà? Tu li colpisci, e quelli non sentono nulla;
tu li consumi, e quelli rifiutano di ricevere la correzione; essi hanno reso il loro volto più duro della roccia, rifiutano di convertirsi” (Geremia 5:3). “Perciò dirai loro: “Questa è la nazione che non ascolta la voce del Signore del suo Dio, e che non vuol accettare correzione; la fedeltà è perita, è venuta meno nella loro bocca” (Geremia 7:28) “Mi hanno voltato non la faccia, ma le spalle;
sebbene io li abbia istruiti continuamente fin dalla mattina,
essi non hanno dato ascolto per ricevere la correzione” (Geremia 32:33) “Essa non dà ascolto ad alcuna voce, non accetta correzione, non si confida nel SIGNORE, non si avvicina al suo Dio…. Io dicevo: “Se almeno tu volessi temermi, accettare la correzione! La tua dimora non sarebbe distrutta, nonostante tutto ciò che ho riservato per te”. Ma essi si sono affrettati a pervertire tutte le loro azioni. (Sofonia 3:2, 7)
L’educazione, invece, presuppone interventi miranti a prescrivere specifiche regole di comportamento, con le debite punizioni in caso di trasgressione.
A volte, quando i nostri figli disubbidiscono o infrangono una regola che abbiamo dato loro, si ha il timore di rimproverarli, per eccessiva pietà, sensibilità o indulgenza. È uno sbaglio! I bambini hanno bisogno di regole, perché queste danno loro sicurezza. “L’uomo che corregge sarà, alla fine, più accetto di chi lusinga con la sua lingua” (Proverbi 28:23). È di grande importanza una sana correzione, basata su regole chiare e ben definite, poiché “il ragazzo lasciato a sé stesso fa vergogna a sua madre” (Proverbi 29:15).
La correzione permette di far giungere il soggetto a conoscenze più prossime alla verità; è utile perché lo mette in condizione di imparare dagli errori.
Ogni bambino ha la sua personalità e il suo carattere di fondo, ma questi devono venire plasmati e canalizzati per favorire una crescita armoniosa, sia da un punto di vista emotivo e affettivo, sia da quello intellettuale e cognitivo. Il bambino, cioè, deve apprendere a sfruttare le sue potenzialità in modo costruttivo per sé stesso e per gli altri, così da divenire un adulto maturo e responsabile. Questo processo implica necessariamente la correzione: “Chi risparmia la verga odia suo figlio, ma chi lo ama lo corregge per tempo” (Proverbi 13:24). Il carattere di un bambino si forgia fin dalla tenera età e, il pensare di poter aspettare prima di iniziare a correggerlo, è una pericolosa illusione: “La verga e la riprensione danno saggezza”. (Proverbi 29:15). “Correggi tuo figlio; egli ti darà conforto, e procurerà gioia al tuo cuore. Se il popolo non ha rivelazione – cioè: indicazioni, punti di riferimento, valori, modelli – è senza freno; ma beato colui che osserva la legge!” (Proverbi 29:17-18).
“Or sappi questo: negli ultimi giorni verranno tempi difficili; perché gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanagloriosi, superbi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, irreligiosi, insensibili, sleali, calunniatori, intemperanti, spietati, senza amore per il bene, traditori, sconsiderati, orgogliosi, amanti del piacere anziché di Dio, aventi l’apparenza della pietà, mentre ne hanno rinnegato la potenza” (2 Timoteo 3:1-5). Ciò illustra molto bene le conseguenze della mancanza di basi educative, e le conseguenze di un’educazione sbagliata.
Il termine disciplina, infatti, indica l’atto dell’istruire e dell’insegnare, prima ancora di quello riferito alle regole che stabiliscono l’ordine; deriva dalla parola latina “discipulus” (discepolo), cioè colui che apprende. Pertanto, la disciplina è formativa e deve essere esercitata secondo le indicazioni della Parola di Dio e non a propria discrezione.
Un aspetto fondamentale della disciplina è senz’altro la correzione.
Purtroppo, oggi questa viene vista in una luce negativa, a causa di uno sviluppo del pensiero che si è orientato sempre più verso il permissivismo e la tolleranza. Eppure, la correzione ha un compito fondamentale: “Il precetto è infatti una lampada, l’insegnamento una luce, le correzioni e la disciplina sono la via della vita” (Proverbi 6:23). La correzione è sempre motivata e sostenuta dall’amore, anche se spesso, questo fatto, noi e i nostri figli non lo capiamo: “Il Signore riprende colui che Egli ama, come un padre il figlio che gradisce” (Proverbi 3:12) “Sopportate queste cose per la vostra correzione. Dio vi tratta come figli; infatti, qual è il figlio che il padre non corregga? Ma se siete esclusi da quella correzione di cui tutti hanno avuto la loro parte, allora siete bastardi e non figli” (Ebrei 12:7-8). “…è vero che qualunque correzione sul momento non sembra recar gioia, ma tristezza; in seguito tuttavia produce un frutto di pace e di giustizia in coloro che sono stati addestrati per mezzo di essa” (Ebrei 12:11). La disciplina deve perciò essere intesa come strumento di formazione, anche se in essa possiamo trovare alcune forme di punizione. Queste porta a comprendere il valore dell’ubbidienza, perché l’ubbidienza procura la gioia di una coscienza pulita, mentre la trasgressione “attira percosse” (Proverbi 18:6).
Senza l’educazione, senza la correzione, senza la disciplina si andrà errando per la grandezza della propria follia e stoltezza, e non si farà altro che cedere sempre alle tentazioni: dalla concupiscenza della carne, dalla concupiscenza degli occhi e dalla superbia della vita. La tentazione è intesa come “forte desiderio di fare qualcosa d’imprudente e di sbagliato” o “seduzione che spinge a fare qualcosa dietro compenso”.
“Perché tutto ciò che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno” (1Giovanni 2:16,17).
Colui che più sente la forza e la sofferenza prodotte dalla tentazione è l’uomo in cui ha cominciato a palpitare la vita pura di Cristo e il cui spirito è controllato dallo Spirito Santo.
Non è il peccatore che sente la vera forza della tentazione, perché in genere ci si arrende ad essa senza opporre resistenza; non è l’impuro che soffre quand’è tentato, perché la sua sensibilità spirituale è quasi nulla e non soffre davanti alle seduzioni del male. Assieme alla nuova vita e alla conseguente comunione con Dio, è sopraggiunta una nuova coscienza del male, una nuova sensibilità che ci permette di intuirlo non appena esso si affaccia nel nostro cammino. Quando il diavolo disse a Gesù di trasformare le pietre in pani, voleva insinuare che al primo posto deve esserci la soddisfazione delle nostre esigenze fisiche. La risposta di Gesù fu ferma e decisa. L’uomo non vive solo fisicamente, come gli animali; a meno che non diventi folle e cada così nella bestialità. Se sceglie di soddisfare solo le esigenze del suo corpo, questo andrà inevitabilmente a danno del suo livello spirituale. Ciò che al diavolo interessa, ovviamente, non è la soddisfazione della nostra fame, ma la violazione delle leggi di Dio, la folle uscita dai binari della Sua volontà. La tentazione alla quale Satana ricorre dopo, è l’opposto della prima: infatti se precedentemente egli cerca di far nascere la sfiducia, qui abbiamo la presunzione, ossia una fiducia temeraria nella protezione divina in circostanze in cui essa non era permessa.
È come se egli avesse detto: “Gettati giù. Fai qualcosa d’eroico, di grandioso, d’eccezionale. Fai qualcosa di straordinario per manifestare la tua grande fede. Cerca di soddisfare il tuo desiderio di una spettacolare manifestazione soprannaturale. Raggiungi pure il trono alla destra del Padre, ma fallo in maniera spettacolare. Fai vedere che Dio è dalla tua parte. Scopri se questo è vero; metti Dio alla prova”.
La tentazione cerca di far leva sul prestigio spirituale, ma Gesù dice: NO! Egli definisce questo modo d’agire un “tentare Dio”: “Gesù gli rispose: “É altresì scritto: “Non tentare il Signore Dio tuo” (Matteo 4:7). È come se Gesù avesse detto. “È vero che è scritto come tu dici, ma è anche vero che facendo quello che tu mi dici di fare, tenterei il Signore. Il Padre mio mi garantisce aiuto e protezione nei pericoli, ma non devo crearmeli io. Egli non mi deluderà, ho piena fiducia in Lui, non ho bisogno di metterlo alla prova”. Questa è vera fiducia. Il diavolo, invece, dice subdolamente: “Mettilo alla prova”. Questo modo d’agire non è fede, è tentare Dio.
Quando la tentazione spirituale, molto più subdola e pericolosa di quella fisica, ci spinge a mettere alla prova la fedeltà di Dio, rispondiamo senza mezzi termini che questo è il contrario della fiducia: è tentare Dio!
Ogni volta che mettiamo Dio alla prova, stiamo violando il principio stesso della fiducia in Lui, non dimostriamo affatto di confidare in Dio, anzi dimostriamo il contrario! Se facciamo un bel salto nel vuoto, fidandoci della provvidenza divina, saremo degli eroi o dei suicidi? Respingiamo ogni tentazione a fare atti eroici, ricordando che chi mette alla prova il Signore, in realtà, non ha fiducia in Lui. Per quanto riguarda l’ultima tentazione è da notare che non cita la Scrittura, perché non c’è neppure un passo dove riguarda ciò che disse. Satana cercò di allontanarlo dal traguardo della croce. Ecco la sua astuta strategia: “Tu sei venuto per costituire un regno. Prendilo dalle mie mani, te lo offro io in dono. Non Ti chiedo di mettere da parte questo obiettivo, fai bene a sperare di regnare. Ma quella che ti è stata tracciata è una strada di disprezzo e sofferenza. Io Ti suggerisco un metodo migliore. Un solo inchino davanti a me e tutti i regni della terra saranno Tuoi. Ti offro ciò per cui sei venuto, ma a prezzo scontato”.
Qui sta la sottigliezza della tentazione: una cosa giusta da ottenere con metodi impropri. Tutto ciò si potrebbe riassumere nel detto: “Il fine giustifica i mezzi”. “Una dura correzione spetta a chi lascia la retta via; chi odia la riprensione morirà” (Proverbi 15:10)

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