Vero zelo, frutto vero
“Voi, per questa stessa ragione, mettendoci da parte vostra ogni impegno, aggiungete alla vostra fede la virtù; alla virtù la conoscenza; alla conoscenza l’autocontrollo; all’autocontrollo la pazienza; alla pazienza la pietà; alla pietà l’affetto fraterno; e all’affetto fraterno l’amore. Perché se queste cose si trovano e abbondano in voi, non vi renderanno né pigri, né sterili nella conoscenza del nostro Signore Gesù Cristo” (2Pietro 1:5-9)
Accade spesso nel valutare la qualità del nostro cristianesimo di esaminare unicamente quel che c’è e quel che manca. Per essere più chiari: si definisce buon cristiano chi è attivo, volenteroso e concreto (dunque che mostra zelo, porta frutto) e cattivo cristiano chi è pigro, apatico, sterile. Si tratta, ovviamente, di una valutazione incontestabile, ma per nulla completa. Lo zelo e il frutto, infatti, sono indubbiamente meglio della pigrizia e della sterilità, ma – come qualsiasi edificio stabile – sono da considerare non solo guardando “alle strutture visibili” ma, soprattutto, “alle fondamenta”. Lo Spirito Santo fa scrivere a Pietro che la presenza e l’abbondanza delle qualità cristiane comprese fra la fede e l’amore (la virtù, la conoscenza, l’autocontrollo, la pazienza, la pietà, l’affetto fraterno), sono garanzia di zelo e frutto (né pigri, né sterili) nella conoscenza del Signore Gesù. Vi sono numerosi stimoli carnali, terreni e religiosi che possono rendere la vita di un cristiano apparentemente dinamica, zelante, perfino eroica. Ma se tanta attività e movimento non affondano le proprie radici nelle suddette virtù, non saranno di alcun valore agli occhi di Dio e non produrranno alcun risultato vero, spirituale, eterno. L’elenco presentato nei nostri versetti, non è altro che il catalogo delle mirabili qualità del carattere di Cristo che si manifesta in chi è nato di nuovo. È il miracolo della redenzione realizzato mediante la fede nel Suo sacrificio per l’efficace opera dello Spirito Santo. E tutto questo viene da Dio!
Carissimi, quando pensiamo alla nostra devozione, al nostro servizio, alle preghiere, alle offerte e alle pie letture… non accontentiamoci di “non essere come quelli che non lo fanno” ma esaminiamoci per vedere, oltre a “quello” che facciamo, anche al “come” e, soprattutto, al “perché” lo stiamo facendo.
Lo spirito di questo mondo caratterizzato da arrivismo, autoaffermazione, spirito di competizione può produrre, perfino in cristiani sinceri, uno sterile attivismo, uno zelo senza conoscenza della stessa natura (e non raramente con gli stessi esiti) di quello che indusse Saulo da Tarso a diventare persecutore di Cristo. Un rischio, crediamo, che nessuno di noi voglia correre.
Scegliamo, invece, di realizzare in noi e manifestare intorno a noi, la luce del carattere di Cristo in ogni maniera: nell’essere e nell’apparire, nel fare e nel parlare. Se un tale traguardo ci sembra umanamente irraggiungibile, non ci stiamo sbagliando. Non dobbiamo dimenticare, però, che “La sua potenza divina ci ha donato tutto ciò che riguarda la vita e la pietà mediante la conoscenza di colui che ci ha chiamati con la propria gloria e virtù” e che per mezzo di questa gloria e virtù siamo diventati “partecipi della natura divina” (2Pietro 1:3, 4). Dio, dunque ha fatto la Sua parte, noi dobbiamo “mettere da parte nostra ogni impegno”. La Sua Grazia sarà sufficiente.
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