VITA DI FEDE IN DIO

Non si è del tutto immuni da una certa superficiale vanità, da un certo orgoglio, da preconcetti, da ansie.
Fede è donare sé stessi a Dio annullando l’io.
La fede crea l’impulso ad affrontare il nulla nella propria vita, con lo sfacelo, la distruzione del proprio io e di tutto ciò che vuole portarlo all’autorealizzazione. Chi deve costruire la vita del cristiano è solo Dio. Non si può costruire e nel caso di fallimento chiamare un esperto per completare la costruzione. Con Dio non funziona così.
Egli non è il collaboratore dell’uomo, ma è l’uomo ad essere il collaboratore di Dio; la sua collaborazione consiste nel lasciarLo libero di costruire secondo il Suo volere.
Perché si dimentica che siamo argilla nelle mani del vasaio? L’argilla si forma forse da sola per poi presentarsi al vasaio per qualche aggiustamento?
Non possiamo presentare a Dio il nostro materiale di fango e bitume per costruire la nostra vita.
Camminare alla presenza di Dio, seguire Dio non comporta il portare una sacca da viaggio contenente il pensiero, la visione, il progetto, il desiderio.
Il giovane ricco per poter seguire Gesù doveva vendere e abbandonare tutto, doveva distruggere la fiducia in sé stesso.
Gli esempi possono essere infiniti e toccare tutti i settori della nostra vita. Ogni bene che desideriamo e riteniamo necessario, che abbiamo paura di perdere o di non acquisire, o bene di cui effettivamente manchiamo. L’inquietudine provocata dalla mancanza o dalla paura di mancare ci fa perdere la pace.
Non è certo grazie a calcoli e preoccupazioni che riusciremo a cavarcela. “E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita?” (Matteo 6:27).
La nostra concentrazione si sta basando sul calcolare su come ottenere qualcosa, quando tutto quanto terrà tra le mani potrà sfuggirgli da un momento all’altro.
Non lasciamo mai a Dio la possibilità di agire come Egli vuole: calcoliamo tutto, prevediamo tutto, cerchiamo di risolvere ogni cosa. Si programma tutto fin nel minimo dettaglio. Non è coerenza di vita cristiana di fede il presentare a Dio ciò che noi abbiamo scelto di voler creare, progettare, avere e costruire. Neanche lo è il anticipare di nostra iniziativa qualunque cosa accompagnata dalla speranza che Dio aiuti e benedica.
Questo atteggiamento equivale ad un non attendere e ad un non accettare la volontà di Dio che a Suo tempo sarà messa in atto.
Molte persone vivono nell’inquietudine proprio perché non sono contemplative, nel senso che non prendono del tempo per nutrirsi della pace attraverso uno sguardo di fede rivolto su Gesù.
La mèta è una sola, è Dio. Non esistono altre mète. Neanche le Sue benedizioni possono esserle.
A proposito dell’abbandono a Dio, è utile fare un’osservazione. Perché l’abbandono sia autentico e generi pace, bisogna che sia totale, non parziale. Dobbiamo darci, senza eccezioni, nelle mani di Dio senza cercare di amministrare o salvare nulla da soli sia nel campo materiale, che nella sfera affettiva o in quella spirituale. Non possiamo dividere l’esistenza umana in settori, in alcuni dei quali sia legittimo abbandonarsi a Dio con fiducia ed altri dove ce la si debba sbrogliare esclusivamente da soli. Occorre sapere quanto segue: tutte le realtà che non avremo abbandonato, che vorremmo gestire da soli (senza lasciare carta bianca a Dio) continueranno, in un modo o nell’altro, a renderci inquieti. La misura della nostra pace interiore sarà quella del nostro abbandono, dunque anche quella del nostro essere distaccati.
Per non soffrire delusioni nei riguardi della natura umana, dobbiamo cominciare col rinunziare alle nostre illusioni rispetto ad essa.

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