FARISEISMO PURO

Appare evidente che se siamo nel combattimento significa che stiamo cercando di rendere perfetto il nostro io. Ma se mi appoggio sul mio io andrò incontro a un sicuro fallimento e, se non esiste un modo diverso per procacciare la perfezione, non vale la pena preoccuparsi.
L’unica consacrazione possibile non avviene per merito mio o della mia volontà. L’unica autentica consacrazione consiste nell’intervento diretto del Signore, che mi possiede completamente, che nell’incontro tra Dio e me.
Il fine non risiede nella mia possibilità di dare, quanto piuttosto nell’attitudine a ricevere. Il segreto non è quello di arrendersi a Lui ma, piuttosto, quello di accettarLo in modo pieno, accettare la Sua sovranità. La mia mente deve essere attaccata a Lui senza riserve. Lo sforzo per raggiungere la perfezione non si risolve sempre in un immediato fallimento. A volte funziona, inizialmente, ma per fallire in seguito in modo ancora più miserevole. Imprigionando la parte ribelle del proprio io, un’altra parte esclama: “Adesso ti renderò perfetta”. Così il nostro io taglia e martella sé stesso per modellarsi, si mutila e si dà una forma, fino a quando non riesce a entrare nello stampo ideale. Poi viene lucidato con l’acido solforico, levigato con la carta vetrata, ed è oggetto di altri processi di finitura. Qual è il risultato? Ai nostri occhi si presenta una delle realtà più tristi e desolanti che si possa toccare con mano: un io molto levigato. Un’insieme di autocompiacimento. Come poteva essere diversamente? Tutti i pensieri, i desideri e l’intero scopo della vita sono stati concentrati su sé stessi. E ora quell’io perfezionato diventa il modello mediante il quale si misura tutto il resto e a cui tutti devono conformarsi, altrimenti non c’è speranza per loro, in questo mondo o nell’altro. Ma questo è fariseismo puro.
Il peggiore fariseismo dei nostri tempi è un’incosciente mancanza di realismo.
Chi è esente della purezza di Cristo non ha mai visto e contemplato Dio, ma vive soltanto strumentalizzando il nome di Dio per elevare il proprio io. Nella sua vita c’è evoluzione, non nuova creazione. C’è un modificare il vecchio, non un rivestire il nuovo.

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