RESISTENZA AL CAMBIAMENTO

Perchè è tanto difficile liberare veramente e consapevolmente noi stessi, ancor prima degli altri?
Perché c’è una resistenza al cambiamento interiore, anche quando siano divenute chiare le cause di un comportamento erroneo. È un fenomeno che genera la deformazione di quei contenuti non graditi alla mente cosciente. In sintesi altro non è che un attaccamento profondo ai nostri vecchi schemi, preconcetti, pregiudizi, un attaccamento che genera iterazione, un attaccamento che dà maggior sicurezza che non sa intraprendere un cambiamento di atteggiamenti o un atto di intima disobbedienza verso sé stessi e presa di distanza da una ormai vecchia pelle di abitudini e rassicuranti certezze. Lasciare il vecchio per il nuovo è sempre difficile, e comporta uno sforzo di volontà, ora consapevole, che va oltre la semplice presa di coscienza.
Il cambiamento ci è difficile perché esso è una rinascita, ma prima qualcosa di noi deve morire.
Le persone che fanno le cose che hanno sempre fatto, che pensano come hanno sempre pensato, ottengono i risultati che hanno sempre ottenuto.
Siamo schiavi del nostro io egoista pensando al possesso e al proprio tornaconto.
Preferiamo guardare verso l’esterno di noi stessi anziché scrutare, osservare il nostro interiore, considerando sempre e solo gli altri i colpevoli o i responsabili di ciò che ci accade, senza renderci conto che ciò che accade è semplicemente il risultato della nostra stessa volontà. Questo perché siamo controllati dal nostro ego che ci porta al vittimismo essendo sempre in cerca di conferme e di autostima dal mondo esteriore e dagli altri.
Quante volte al giorno gettiamo la responsabilità dei nostri sentimenti negativi o delle nostre azioni su qualcosa o qualcuno che sta al di fuori del nostro controllo? Quando inciampi, incominci a guardarti intorno per vedere se c’è un ostacolo su cui gettare la colpa? Quando ti bruci la bocca con una bevanda troppo calda, perché guardi la tazza come se fosse lei la responsabile? Quante volte abbiamo accusato altri di farci perdere la pazienza, di farci sentire frustrati o infelici?
Niente e nessuno provoca queste attitudini, ma noi stessi.
Non è la gente che ci rende irritati o tristi, non sono le cose o i fatti esteriori che ci perturbano, ma è il nostro punto di vista.
Spesso continuiamo a credere che la gioia e l’amore dipendano da altre persone, circostanze, fatti, benedizioni materiali, successo, capacità, cose che creano illusorie sicurezze nella propria vita.
L’inclinazione egocentrica del nostro io è l’inizio di ogni disordine nella vita associata, nell’economia e l’io è odioso, possiede due qualità: è ingiusto in sé, in quanto si fa centro di tutto; è spiacevole agli altri, in quanto li vuole asservire; infatti ogni io è il nemico e vorrebbe essere il tiranno di tutti gli altri.
Siamo tutti così e pronti a ripagare il male col male, e a odiare i nostri nemici.
Tutto appartiene a tutti, nessuno può pensare di accumulare per sé.
Non dovrebbe esistere la competizione, la rivalità, la divisione, l’ingiustizia, la sfiducia negli altri. Agire con la forza, odiare e distruggere è violenza.
Alla base ci deve essere l’amore, l’unità e la pace con tutti.
Colui che vuole vivere secondo i propri interessi non conosce l’amore.

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