DOV’È DIO? (vv.1-3)-(George O. Wood)

La causa principale della depressione consiste in un forte senso di privazione: di una persona amata, di una mancata ricompensa, della salute, del lavoro, della carriera, del matrimonio, dei sogni o dell’innocenza. La depressione si fa più acuta quando sentiamo che Dio stesso si è allontanato. Nella vita hai forse perso qualcosa la cui privazione ti ha reso infelice? La mancanza della presenza di Dio e al primo posto nella tua lista? Lo era senz’altro per il salmista. Egli paragona se stesso ad una cerva che desidera ardentemente i corsi d’acqua (v.1), esprimendo efficacemente l’intenso e bruciante bisogno di refrigerarsi dopo una lunga privazione. Come la cerva, anche noi desideriamo conoscere la fonte che soddisfa la nostra sete (v.2). L’aridità del nostro cuore contrasta con le lacrime copiose che escono dei nostri occhi. Quando gli altri ci chiedono “dov’è il tuo Dio?”, La risposta non scritta è “non lo so”.

SONO SOLO (vv. 4,5)
Il salmista ricorda con commozione il tempo in cui guidava la folla verso la casa di Dio (v.4). Egli ricorda la gioia che riempiva il suo cuore quando cantava e lodava Dio insieme all’assemblea. I ricordi felici del passato non fanno altro che acuire il nostro dolore. Il salmista chiede ancora: “Perché ti abbatti anima mia? Perché ti commuovi in me?” (v.5). Non è forse ovvia la risposta? Le ragioni sono state già date. Rivolgere delle domande, in ogni caso, sposta il nostro sguardo dal passato verso il futuro che il Signore ci aprirà: “Spera in Dio, perché io lo celebrerò ancora; egli è la mia salvezza e il mio Dio (v.5). Nel nostro abbattimento, Dio alla fine verrà a soccorrerci e, giacchè lo farà, siamo sicuri che c’è un avvenire e la nostra speranza non sarà frustrata.

ECCOMI QUI DI NUOVO (vv. 6-11)
Il passaggio dalla vetta alla fossa è un’esperienza comune, in fase di depressione. Un momento sfavilla un raggio di luce (v. 5), l’istante dopo “l’anima mia è battuta in me… Perché mi hai dimenticato? (vv. 6,9). Nel momento in cui ci sentiamo depressi, ci troviamo nel “paese del Giordano”, il luogo più basso nella terra. Da qui ripensiamo al punto più alto, alle dolci vette dell’ Hermon (v.6). Il tempo migliore sta arrivando; ci sono altezze da raggiungere così come profondità di attraversare. Il “perciò” del v. 6 crea un nesso fra lo scoraggiamento e il conforto: poiché l’anima è in travaglio, essa si rivolge, anche nei momenti più tristi, a quelli in cui ha incontrato Dio. Proprio come le vaste distanze richiamano gli animali, che proseguono per la propria strada attraversando sentieri impervi, per depositare le uova o per nutrire i propri figli, così l’immensità della fedeltà di Dio ci raggiunge proprio lì dove siamo, nella vastità del nostro vuoto, e ci invita a tornare a Lui, a casa. Egli ci ricopre con la Sua presenza (v.7), e noi rispondiamo al Suo amore con canti e con preghiere, giorno e notte (v.8). A volte il sollievo dalla depressione breve. Ancora una volta lo sguardo del salmista è focalizzato sul suo dolore (vv. 9-11). I nemici lo insultano, chiedendogli: “Dov’è il tuo Dio?” (vv. 3, 10), ed egli chiede: “Perché mi hai abbandonato?” (v.9). Il salmista ripete la domanda rivolta in precedenza (vv. 5,11). Se la richiesta non cambia anche la risposta è la stessa: spera in Dio, perché lo celebrerò ancora, egli è la mia salvezza il mio Dio (v.11).
Noi abbiamo qualcosa che i figli di Core non possedevano: la presenza di Gesù (cfr. Ebrei 13:5) e la consolazione dello Spirito Santo (cfr. Giovanni 14:16), il Quale, attraverso la Parola, ci ricorda che la gloria sarà maggiore della nostra afflizione presente. Egli intercede per noi. Dio agisce sempre in modo che tutte le cose cooperino per il nostro bene. Nulla potrà mai separarci dall’amore di Dio (cfr. Romani 8:18-39)
(George O. Wood)

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