IL LATO OSCURO DEL BUDDISMO

15 Marzo 2017 | N. 14

IL LATO OSCURO DEL BUDDISMO

Per presentare ai nostri lettori il dossier che si accingeranno a leggere,

dobbiamo fare necessariamente riferimento alle nostre due ultime

pubblicazioni. Il precedente lavoro verteva sulla presentazione della World

Watch List 2017. Com’è stato ampiamente discusso all’interno del relativo

dossier, i paesi asiatici hanno visto un incremento della persecuzione contro i

cristiani. All’interno del continente asiatico si stanno registrando due fenomeni

molto connessi tra loro: il forte richiamo nazionalista da parte dei governi e la comparsa del

nazionalismo religioso.

A tal proposito, nell’ultimo dossier del 2016 (inerente al nazionalismo induista) era stata

sottolineata l’importanza che assumeva in una nazione come l’India l’appartenenza alla

religione maggioritaria, al punto da far passare sempre più il concetto che l’essere indiano

equivalga all’essere induista.

Questa breve digressione serve a introdurre il tema scelto per questo dossier. Vogliamo fornire

un ulteriore strumento di analisi e studio utile per la comprensione delle dinamiche

persecutorie che si riscontrano all’interno del continente asiatico. In questo dossier troverete

dunque informazioni in merito alla realtà che vivono i cristiani all’interno dei paesi a

maggioranza buddista, in particolare ecco alcuni argomenti:

1) Il volto del terrore buddista

2) Buddismo nel mondo

3) Cosa accade ai cristiani nei paesi buddisti

4) Analisi di alcuni paesi

5) Testimonianze

6) Una questione sociale

Come di consueto vi auguriamo buona lettura.

Lo staff di PorteAperte Italia

2

1) IL VOLTO DEL TERRORE BUDDISTA

Nel luglio 2013, Time ha pubblicato un articolo su U Wirathu1 e, dedicandovi anche la

copertina, lo ha definito il volto del terrore buddista.

Wirathu è il leader del Movimento Nazionale Buddista 969 in

Myanmar (Birmania, Sud-Est Asiatico) e invita apertamente i

suoi seguaci a “sacrificarsi” per la loro razza e religione. Ma il

buddismo non dovrebbe essere una religione pacifica che

intende vivere in armonia? I suoi precetti non dicono che ci si

deve astenere dall’uccidere, rubare, tenere una cattiva

condotta sessuale, mentire e abusare di sostanze?

La maggior parte dei buddisti non sono violenti, esattamente

come la maggior parte dei musulmani non sono terroristi.

Tuttavia, non si può negare che, in nome del buddismo,

religioni minoritarie come il cristianesimo e l’islam vengono

perseguitate. Diventa pericoloso quando il buddismo si

associa alla politica, al nazionalismo, alla razza e all’identità.

Mescolare questi ingredienti insieme, avere leader con

intenzioni sbagliate, cuocere il tutto alla giusta temperatura

e una certa militanza aggressiva buddista è pronta per essere servita.

La giornalista Hannah Beech del Time scrive: “Chiedo a Wirathu come concilia i pacifici dettami

della sua fede con la violenza anti-musulmana che si sta diffondendo in tutta la sua terra

d’origine a maggioranza Bamar. ‘Nel buddismo non ci è permesso passare all’offensiva’, mi

dice, come se stesse facendo lezione a un bambino. ‘Ma abbiamo tutto il diritto di proteggere e

difendere la nostra comunità’. Più tardi, la sera, mentre predica a una folla, lo sento costringere

sorridenti casalinghe, studenti, insegnanti, nonne e altri presenti, a ripetere dopo di lui: ‘Mi

sacrificherò per il Bamar’. E’ difficile immaginare che Buddha avrebbe approvato un linguaggio

del genere”.

2) IL BUDDISMO NEL MONDO

Si stima che il numero di coloro che professano la fede buddista si aggiri

approssimativamente a cinquecento milioni di individui2

. Questo lascia

presumere che tra il 7 e l’8% della popolazione mondiale sia di fede buddista.

La maggior parte di questa popolazione risiede nel continente asiatico. Il paese

che ha il più alto numero di buddisti è la Cina (circa il 18% della popolazione). I

1 Si veda http://content.time.com/time/covers/asia/0,16641,20130701,00.html, ma anche altri approfondimenti della BBC

http://www.bbc.com/news/magazine-32929855

2 Per i dati espressi si è fatto riferimento al sito http://www.pewresearch.org/.

3

buddisti cinesi formano quasi la metà di tutti i credenti buddisti, ossia circa il 46%.

La più alta percentuale di popolazione buddista è però presente in Cambogia, circa il 93%.

Seguono poi Tailandia, Myanmar, Bhutan, Sri Lanka, Laos, Corea del Sud, Giappone, Singapore,

Taiwan e Vietnam .

Già da questi dati emerge una constatazione: cinque dei paesi sopra elencati compaiono nella

WWList 2017, ossia Myanmar, Bhutan, Sri Lanka, Laos e Vietnam. Di questi, ben tre hanno

come fonte di persecuzione il nazionalismo religioso (Myanmar, Bhutan e Sri Lanka3

).

Bisogna in tal senso precisare che non tutta la pressione/persecuzione che i cristiani

affrontano nei paesi a maggioranza buddista è la stessa. Ad esempio si sono registrati casi di

vera e propria violenza in paesi come Myanmar e Sri Lanka (dove si stima siano presenti

rispettivamente 4.700.000 e 97.650 cristiani che affrontano la persecuzione), mentre in

Bhutan la persecuzione si manifesta in maniera meno violenta, perché concentrata più a livello

burocratico e amministrativo. Va segnalato inoltre che spesso i media non riportano gli

incidenti che accadono ai cristiani soprattutto quando gli assalitori sono monaci buddisti4

.

3) COSA ACCADE AI CRISTIANI NEI PAESI BUDDISTI?

Attualmente gli avvenimenti principali registrati nei confronti di cristiani sono di 2 tipologie:

false accuse ed espulsioni dai villaggi. Quando ai cristiani viene intimato di lasciare le loro

abitazioni, questo avviene spesso con derisioni, intimidazioni, minacce di morte e a volte

anche violenze fisiche. Gli insegnanti picchiano e deridono i figli dei cristiani se non recitano le

preghiere buddiste, presentano offerte o bevono l’acqua sacra. Molte chiese sono state chiuse

perché i loro documenti e i loro permessi non erano considerati in regola.

Perché i buddisti perseguitano i cristiani?

I buddisti perseguitano i cristiani perché pensano che il cristianesimo sia in

opposizione alla loro cultura e alla loro identità. Ritengono, inoltre, che i

cristiani possano portar loro un cattivo karma5 o una cattiva sorte. È anche vero

che spesso il cristianesimo è associato alla triste e sanguinosa storia di

colonizzazione che questi paesi hanno sperimentato. Per questo motivo l’onere

3 https://www.porteaperteitalia.org/persecuzione/country_profile/

4 Solo di recente si è iniziato a parlare in maniera mirata delle persecuzioni che sono state commesse ai danni dei musulmani Rohingya

5 Più che un termine, si riferisce a un concetto fondamentale della cultura buddista. Karma è una parola sanscrita che può essere tradotta

semplicisticamente come “agire”. In tal senso “azione” è quella indicata nelle filosofie orientali come azione spinta dalla volontà in relazione al

principio di causa ed effetto, vincolando gli esseri dotati di intelligenza e capaci di provare emozioni e sensazioni al Samsāra ovvero al ciclo di vita,

morte e rinascita.

4

di spiegare che il cristianesimo non è una religione occidentale ricade sui cristiani. A tal

proposito è necessario che i cristiani siano ben radicati nella propria fede per essere in grado di

rispondere a questo fraintendimento.

Inoltre quando i buddisti abbracciano la religione cristiana, abbandonano le proprie tradizioni.

Da queste tradizioni, però, dipende la vita e la sopravvivenza della classe religiosa buddista.

Questo è un altro motivo per cui le conversioni vengono osteggiate.

Solo episodi sporadici oppure un vasto movimento?

Purtroppo, ciò che si è evidenziato nel corso degli anni (in particolare

nell’ultimo periodo analizzato dalla WWList) è che il nazionalismo religioso

asiatico sta prendendo sempre più corpo. Il fenomeno al quale si sta

assistendo può essere definito come la rinascita del buddismo. Con questo

termine possiamo descrivere il rinnovato fervore spirituale che si sta facendo

strada sia tra i clerici che tra la popolazione di fede buddista. Ciò sembra

nascere primariamente da un profondo senso di minaccia alle proprie tradizioni. Questo

senso di minaccia viene personificato dalle altre religioni, soprattutto l’islam e il cristianesimo.

Tale rinnovato zelo ha mosso i primi passi nel 2011, grazie alla formazione di due gruppi

buddisti-nazionalisti: Myanmar’s 969 e il Bodu Bala Sena. In realtà, il buddismo iniziò a

presentarsi come forza politica già negli anni cinquanta del secolo scorso. Si pensi in tal senso

all’importante ruolo avuto dai monaci in paesi come il Myanmar o il Vietnam del 19636

.

Non è facile capire come mai una religione pacifica come il buddismo possa avere una

connotazione tanto violenta. In realtà, quando si parla del concetto di pace nel buddismo, si

intende l’armonia che si genera all’interno del singolo individuo, e tra questo e l’intera realtà

che lo circonda. Vale per tutti i tipi di rapporti, siano essi sociali o meno (come l’armonia con la

natura o con le forze spirituali). Pertanto, agli occhi dei buddisti, la presenza di cristiani (e delle

altre minoranze) potrebbe potenzialmente distruggere tale armonia, a meno che i cristiani non

abbraccino la religione buddista. Molte volte i seguaci di Cristo sono visti come una

maledizione oppure come portatori di sventure o di un cattivo karma.

Nei paesi in cui questa è la religione maggioritaria spesso trova l’appoggio e il sostegno di

molte classi sociali: dal governo sino alle autorità dei villaggi. I monaci vengono tenuti in alta

considerazione e le loro parole sono considerate infallibili. Quando invece i cristiani

condividono il Vangelo e aumentano di numero, la preminenza del buddismo viene intaccata e

i leader più fondamentalisti sentono che il loro controllo sui nuovi convertiti viene meno.

Questo li fa sentire minacciati ed è in questi momenti che si registrano azioni violente,

soprattutto contro coloro che vivono apertamente la propria fede cristiana.

6 Per maggiori info http://thevietnamwar.info/buddhist-crisis/

5

Questo accade nonostante la popolazione cristiana sia una esigua minoranza. Per questo

motivo molti degli attacchi ai danni dei cristiani non vengono neppure denunciati. Spesso

sono proprio le autorità dei villaggi o la polizia a perpetrare attacchi nei confronti dei cristiani.

4) ANALISI DI ALCUNI PAESI7

MYANMAR (62 punti nella WWList 2017, 28° posto)

Un’organizzazione di monaci buddisti radicali, Ma Ba Tha, ha

incrementato le proprie campagne contro le minoranze religiose,

con l’aiuto tra l’altro dell’introduzione di ben quattro leggi per la

“protezione della razza e della religione”. In questa maniera sono

riusciti a costruire insormontabili complicazioni per le conversioni

e per i matrimoni interreligiosi. Tutto questo a forte danno dei cristiani.

I cristiani che si convertono dall’islam o dal buddismo affrontano pesanti pressioni dalle

proprie famiglie, dagli amici e dai vicini. I ragazzi cristiani affrontano pesanti discriminazioni

dagli insegnanti e dai compagni di scuola. Si sono registrati casi in cui alcuni studenti sono stati

costretti a indossare gli abiti dei monaci e delle monache buddisti.

La persecuzione nel paese registra alti livelli di violenza fisica, soprattutto per i cristiani che

vivono negli stati del Kachin e dello Shan. Migliaia di cristiani hanno vissuto come rifugiati

interni o ai confini con la Cina.

BHUTAN (61 punti nella WWList 2017, 30° posto)

Il Bhutan è il paese che possiede l’indice di felicità interna lorda8

. Dalle elezioni del 2013, le

vecchie forze di opposizione hanno preso il potere senza grosse resistenze. La situazione per i

cristiani, però, è rimasta più o meno stabile. Questo significa che al momento non viene loro

riconosciuto alcuno status.

Anche in questo paese i cristiani che provengono da un background buddista o tribale

affrontano molte pressioni da parte della società, soprattutto dalla famiglia e dagli amici.

Vengono discriminati sia nella loro vita privata che nella loro vita professionale.

Ai figli dei cristiani a volte è stata vietata la frequenza a scuola. Le forme di persecuzione

contro i cristiani, però, rimangono tutto sommato non violente. Anche se questo non evita ai

cristiani di essere oggetto di attacchi e false accuse. Sono considerati come estranei alla

nazione.

7 Per i country profiles rimandiamo alla pagina https://www.porteaperteitalia.org/persecuzione/country_profile/

8 Traduzione del termine inglese “Gross national happiness”. Per una rapida spiegazione si veda http://www.bhutan-italy.com/index.php/bhutan/fil

6

SRI LANKA (55 punti nella WWList 2017, 45° posto)

Le elezioni del gennaio 2015, vinte

da Maithripala Sirisena, sfidante del

Presidente uscente Mahinda

Rajapaksa, sollevano alcune

preoccupazioni. Una tra tutte è

quella inerente le reazioni dei

gruppi radicali buddisti come Bodu

Bala Sena e Sinhala Ravaya,

soprattutto perché, nonostante il

loro silenzio sino alle elezioni, non

sono mancati attacchi alle

minoranze religiose presenti nel

paese.

Nel 2014 un attacco compiuto da alcuni membri del Bodu Bala Sena in Aluthgama è costato la

vita a tre musulmani. Si sono contati anche ben 78 feriti.

5) TESTIMONIANZE

Sri Lanka

Lo Sri Lanka, come accennato più sopra, figura al 45° posto nella World Watch List 2017, e per i

credenti la persecuzione è molto reale: ricordiamo infatti che dalla posizione 31 alla 50 il livello

di persecuzione è definibile “alto”. La discriminazione in questo paese inizia già

dall’adolescenza.

“È così difficile a scuola”, dice il 15enne Siloe (pseudonimo). “Io sono l’unico cristiano nella mia

classe. Ci sono solo pochi cristiani in tutta la scuola, perciò è molto difficile. Devo affrontare così

tanti problemi a causa dei costumi e delle tradizioni buddiste. C’è una prassi che la scuola e gli

insegnanti mi costringono ad osservare: dobbiamo offrire fiori davanti la statua, adorarla e

servire cibo ai monaci buddisti di fronte agli insegnanti e agli studenti. Questa tradizione

buddista si chiama ‘lamasari’. Cerco di evitare di andare a scuola in quei giorni, ma se ci vado,

non recito preghiere a Buddha, semplicemente congiungo le mani in modo che sembri che lo

stia facendo. Io non adoro Buddha, io prego Dio. Se lo scoprono, mi puniranno”.

I bambini cristiani come Siloe ricevono insegnamenti cristiani alla scuola domenicale, ma

devono studiare il buddismo a scuola.

Scappi o rimani?

Il pastore Nimal è stato svegliato una mattina perché la sua casa e la chiesa erano circondati da

più di 40 persone. La folla ha gettato pietre contro gli edifici e ha gridato alla famiglia

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all’interno di andarsene. “Ho avuto un solo pensiero nella mia mente: come avrei potuto

mettere in salvo la mia famiglia? Siamo riusciti a scappare dall’uscita posteriore. Ci siamo

nascosti nella casa del nostro amico vicino. Poche ore dopo sono tornato a casa mia, sperando

che la folla fosse scomparsa. Ma la folla invece era raddoppiata”.

Tra il centinaio di persone c’erano monaci buddisti e anche agenti di polizia. La

polizia ha raccolto le testimonianze dei presenti e le ha usate per accusare

Nimal di attività religiose non autorizzate. Il caso è ancora davanti al giudice.

Più tardi, Nimal e la sua famiglia sono stati aggrediti nella loro auto. È un

miracolo che nessuno si sia fatto davvero male.

Ogni cristiano che affronta l’opposizione deve fare una scelta: rimanere o scappare? Nimal ha

deciso di rimanere. “Guidare una chiesa affrontando minacce quotidiane non è il tipo di vita

che sognavo, ma è qui che Dio mi vuole pastore. Non conoscevo nessuno in questo quartiere.

Non avevo niente, ma ho continuato a servire, non per visione, ma per fede. Attraverso questo

periodo di prove e persecuzioni, ho ricevuto tanti inviti ad andare nella nostra capitale,

Colombo, e alcuni altri luoghi per esercitare il mio ministero; ma l’unico posto nel quale in cuor

mio so che Dio vuole che io lo serva, è questo quartiere”.

Laos

Rifiutato da 22 villaggi

Nung, un cristiano del Laos, è stato imprigionato per essere un credente, ma la sua vera sfida è

venuta dopo il suo rilascio. Ha mostrato a un collaboratore di Porte Aperte 22 lettere da 22

villaggi. “22 espulsioni in un anno. Non posso vivere in nessun posto”. Un villaggio ha notificato

tre ragioni per negargli il permesso di vivere lì. “Primo, non abbiamo terra per fattorie e case.

Secondo, nel nostro villaggio non accogliamo altre religioni. Terzo, noi semplicemente non

possiamo riceverti, quindi vai a cercare altrove”. Fortunatamente Nung è potuto rimanere

temporaneamente a casa di un altro cristiano, ma è ancora alla ricerca di un posto tutto suo.

La persecuzione più comune, tuttavia, proviene dai monaci buddisti locali e dagli abitanti dei

villaggi. In certi casi, il paese ha deciso di non fare più spesa nel negozio di un cristiano,

tagliando completamente la sua fonte di reddito. Le chiese e le case sono spesso prese di mira

e il numero di casi legali contro i cristiani aumentano.

Myanmar

Aung è un uomo piccolo e magro di 59 anni, che ha fatto per una vita il falegname, cioè fino

alla sua conversione nel 2012. “Sono stato molto fedele a Buddha”, ci dice attraverso un

interprete. “Volevo raccogliere denaro per i monaci e ho fatto lavori di costruzione per i

monasteri e pagode gratuitamente”.

I buddisti devoti lavorano costantemente per guadagnare “meriti” attraverso una serie di

buone azioni. Una di questa è quella di sponsorizzare ragazzi come monaci temporanei.

Ragazzi di 8 anni e più possono entrare in un monastero per una settimana o due, o per diversi

mesi di intensa istruzione. Aung ha sponsorizzato 5 ragazzi, tra cui suo figlio che ora ha 15 anni.

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Ha anche praticato regolarmente la meditazione e aveva anche imparato i rituali per cacciare

gli spiriti maligni. È stata la sorella maggiore di Aung che ha cambiato il corso della sua vita. Era

diventata cristiana e ha inviato a suo fratello una Bibbia e un film su Gesù. Aung era scettico.

Poi la sorella ha invitato lui e sua moglie a una riunione evangelistica. Hanno sentito parlare dei

miracoli di Gesù, di come cacciava i demoni con una sola parola, non aveva bisogno di incenso,

candele o canti speciali. Aung fu attirato anche dal culto, dalla lode e dalla musica, ma

addirittura rifiutava di “pronunciare” il nome di Gesù a meno che non lo facesse anche sua

moglie. Entrambi poi abbracciarono la fede cristiana.

I problemi iniziarono con il rientro a casa della coppia. Il loro villaggio è

composto da circa 200 famiglie, tutte buddiste. Aung è stato “invitato” al

monastero per spiegare dove erano stati lui e sua moglie. Il falegname ha

dichiarato apertamente ciò che aveva visto e sentito. Molte domande gli sono

state rivolte fino a quando è stato detto alla coppia che avevano tre giorni di

tempo per decidere di tornare al buddismo.

Quattro giorni più tardi, dopo il tramonto, Aung ha rimosso l’altare buddista tradizionale dalla

sua casa e lo ha portato alla pagoda locale. È stato segretamente seguito. Il giorno dopo il capo

del villaggio ha chiesto a ogni famiglia di inviare un rappresentante ad una riunione per

affrontare Aung. Al raduno è stato intimato ad Aung di inchinarsi davanti all’idolo e recitare un

brano dei testi sacri buddisti. Aung ha rifiutato. Il monaco leader poi ha chiesto a tutti i

presenti di alzare la mano se erano veri buddisti. Tutti hanno alzato le loro mani, tranne Aung.

Quindi il leader ha preteso che Aung pubblicamente si dichiarasse cristiano. Aung ha afferrato

un microfono e coraggiosamente ha annunciato: “Io e la mia famiglia siamo cristiani”.

“Avete sentito?”, ha urlato il capo. “Li avete sentiti, si dicono cristiani!”. Mentre qualcuno dalla

folla gridava: “Sì!”. Così venne annunciato: “Aung non è più un buddista. Egli non può più vivere

nel nostro paese. Siete d’accordo?”. Ogni abitante del villaggio ha alzato la mano confermando

la decisione. Quando Aung è arrivato a casa a raccontare alla moglie la notizia, ha visto

qualcuno nell’ombra che tagliava l’alimentazione elettrica della loro casa.

Il figlio di Aung è rimasto nel villaggio, nella casa con la sorella di Phyu (moglie di Aung), in

modo che il ragazzo potesse continuare ad andare a scuola e aiutare a gestire il piccolo negozio

nella parte anteriore della casa. Per i successivi due mesi il ragazzo ha subito le derisioni dei

suoi compagni di scuola a causa del “peccato” dei suoi genitori. Aung è tornato al villaggio per

controllare la situazione e prendersi cura del suo giardino. Ha dormito nella sua vecchia casa

per due notti, finché la sua presenza non è stata scoperta. Il capo del villaggio ha offerto una

soluzione. Aung poteva tornare a casa e occuparsi del suo giardino, ma doveva promettere di

non praticare nulla al di fuori del buddismo o andare in chiesa mentre si trovava nel villaggio, e

al tempo stesso non doveva mai portare un altro cristiano nel villaggio. A malincuore Aung ha

firmato l’accordo. Una notte un gruppo di abitanti del villaggio ha lanciato sassi contro la sua

casa, distruggendo il tetto e le finestre, poi ha saccheggiato i mobili e bruciato tutto. La coppia

ha appreso della distruzione da un telefonata dei vigili del fuoco locali. Aung doveva andare

alla stazione dei pompieri, dove gli è stato chiesto di firmare un documento col quale

9

riconosceva tutti i danni e accusava il villaggio dell’incendio. “Ho detto loro che non avrei

firmato”, dice. “Non voglio intraprendere alcuna azione contro di loro. Io li perdono”.

Le autorità lo pressavano. Il danno non coinvolgeva solo la proprietà personale distrutta. Che

dire dei fili elettrici e dei contatori di proprietà del governo? Ancora Aung rifiutava di firmare.

Poco dopo, cinque giovani uomini sono stati arrestati. Visto che il caso era finito in tribunale, si

è scoperto che i cinque erano stati pagati 5.000 kyat (circa $ 4 US) per la distruzione della

proprietà. I cinque l’hanno ammesso davanti al giudice.

6) UNA QUESTIONE SOCIALE

La sensazione che emerge da quanto descritto nel dossier è che il fenomeno

del risveglio buddista stia seguendo l’esempio di altri fondamentalismi religiosi

già ben collaudati. In particolar modo sembra percorrere le strade di quello

induista. Mentre il fondamentalismo islamico tende ad avere una doppia

visione, ossia difendere i propri territori e conquistarne altri (anche in termini

di proselitismo), quello buddista tende invece ad essere meno interessato all’espansione e

mira soprattutto a proteggere lo status della propria fede. Inoltre, come quello induista, i suoi

sforzi sono al momento rivolti verso la “conquista” della popolazione e delle masse,

piuttosto che orientati verso la detenzione del potere.

In una religione che conferisce un notevole peso all’agire umano, dal quale dipendono le

future rinascite dell’individuo, ci si aspetta che tutti i gesti umani vengano compiuti con una

certa consapevolezza. Una buona azione volontaria può permettere di rinascere in una

condizione migliore rispetto all’attuale. Questo è il motivo per cui questo fenomeno, almeno in

questa sua prima forma, sta concentrando i propri sforzi per rendersi accettabile agli occhi

della popolazione. Difendere la propria religione dagli aggressori è certamente una buona

azione.

È di questo avviso Mahesh De Mel, direttore dell’Alleanza Evangelica in Sri Lanka, secondo il

quale: “Essere cittadino dello Sri Lanka significa automaticamente essere buddista9

”. Secondo il

direttore: “La credenza per la quale l’appartenenza religiosa è strettamente legata alla

nazionalità è la chiave per capire la paura e l’opposizione dei locali nei confronti delle

minoranze religiose. Proteggere la propria religione equivale a difendere la propria nazionalità.

Gli indigeni (nel senso di abitanti del luogo) vedono il cristianesimo come una nuova forma di

colonizzazione. Alcuni pensano che in realtà si tratti di cose indotte da agenti della CIA”.

Quando qualche cristiano entra in un villaggio, i locali gli diranno: non venire in questo

villaggio! È un villaggio buddista. Non siete benvenuti tanto meno se parlate della vostra

religione. Se i visitatori insistono allora potrebbero essere oggetto di qualche tipo di violenza.

9 L’articolo completo è consultabile sul sito https://www.worldwatchmonitor.org/2016/10/4670249/

10

Il secondo livello di minacce avviene dal momento in cui un gruppo di cristiani decide di

stabilirsi all’interno del villaggio. Non sarà loro permesso di affittarsi una casa, e così, senza una

casa, non ci saranno spiacevoli incendi.

Il terzo livello di minacce si riscontra nel momento in cui un cristiano riesce a trovare

un’abitazione dove vivere. In questo caso saranno compiute azioni di persuasione nei confronti

del proprietario della casa per non affittargliela più. Oppure si possono avere manifestazioni e

dimostrazioni contro i nuovi arrivati. Questo tipo di atteggiamento si riscontra particolarmente

dopo che i cristiani si sono già ambientati.

Per concludere allora, come è possibile conciliare questo aspetto del buddismo

con la visione occidentale di una religione pacifista? Secondo Lama Surya Das10

,

un noto esponente statunitense del buddismo, tale religione è in realtà molto

più “attiva” che “passiva” e molti gruppi non sono solo impegnati in una ricerca

introspettiva, meditativa o di conoscenza fine a sé stessa, ma sono socialmente

attivi compiendo ogni genere di buone opere nel mondo.

Secondo il giornalista buddista Jarni Blakkarly: “Nella stessa maniera del fondamentalismo

islamico, i gruppi estremisti buddisti usano la propria religione come giustificazione per la

violenza”. E aggiunge anche come, secondo Ashin Wirathu, uno dei leader del movimento

estremista 969, per quanto il buddismo sia una religione pacifica per natura, a volte sia

necessario riprendere la via della violenza per evitare che una religione pacifica possa essere

cacciata via, come avvenuto nel passato, in Asia Centrale, durante il risveglio dell’Islam.

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