IL SEGNO DEL CRISTIANO
Nel corso dei secoli gli uomini si sono fregiati di vari simboli per dimostrare che sono cristiani. Hanno portato distintivi all’occhiello, catenine al collo e persino adottato un particolare taglio di capelli. Ma c’è un segno di gran lunga migliore, un segno che non è stato ideato quale espediente da usarsi in particolari circostanze o in una data epoca.
E’ un segno universale destinato a durare in tutti i tempi della chiesa, fino al ritorno di Gesù.
Qual è questo segno?
Al termine del suo ministero, Gesù guarda con anticipazione alla Sua morte sulla croce, alla tomba scoperchiata, all’ascensione. Sapendo di essere sul punto di andarsene, Egli prepara i Suoi discepoli in vista degli avvenimenti futuri e mette in chiaro quale dovrà essere il segno che contraddistinguerà il cristiano.
«Figliuoli è per poco che sono ancora con voi. Voi Mi cercherete; e, come ho detto ai Giudei: “dove vado Io, voi non potete venire”, così lo dico ora a voi, Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli unì gli altri. Come Io vi ho amati”, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo conosceranno tutti che siete i Miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri» (Giovanni 13:33-35).
Questo passo rivela il segno che Gesù indica per caratterizzare il cristiano, non in una sola epoca e in un dato posto, ma in ogni tempo ed in ogni luogo, fino al Suo ritorno
E’un comandamento che può essere violato.
E’ possibile essere cristiani senza manifestare il segno, ma se desideriamo che i non-credenti sappiano che siamo cristiani, dobbiamo mettere in evidenza questo segno.
Il comandamento è di amare i cristiani, nostri fratelli.
Occorre però ricordare anche l’altro imperativo che ci viene rivolto, che è quello di amare il nostro prossimo come noi stessi. Tutti gli uomini infatti, anche se non sono redenti, hanno un grande valore essendo creati ad immagine di Dio e dobbiamo perciò amarli.
Questo è il succo della Parabola del Buon Samaritano.
Se Gesù ha ordinato con tanta forza di amare tutti gli uomini come nostro prossimo, quanto è importante allora amare i fratelli in Cristo in modo particolare.
Possiamo capire quanto sia importante rendere visibile a tutti gli uomini il nostro amore verso coloro ai quali ci sentiamo legati da un vincolo particolare?
Paolo chiarisce questo doppio comandamento in Galati 6:1: “Così dunque, secondo che ne abbiamo l‘opportunità, facciamo del bene a tutti ma specialmente ai fratelli in fede!“.
Il primo comandamento è di amare il Signore, nostro Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente.
Il secondo comandamento contiene l’ordine universale di amare tutti gli uomini.
In I Tessalonicesi 3:12 troviamo la stessa duplice accentuazione: “Il Signore vi faccia crescere e abbondare in amore gli uni verso gli altri e verso tutti, come anche noi abbondiamo verso di voi”.
Tornando al comandamento di Giovanni 13, possiamo fare qualche altra considerazione.
Dal punto di vista della Scrittura, non tutti coloro che si definiscono cristiani lo sono effettivamente e questo vale soprattutto per la nostra generazione.
Il significato del termine cristiano oggi non vuol dire praticamente più nulla.
E’ un termine purtroppo grandemente svalutato e screditato.
Ad ogni sincero figlio di Dio sta dunque il saper discernere i veri dai falsi fratelli, ma anche se un uomo non è un vero cristiano, abbiamo comunque la responsabilità di amarlo come il nostro prossimo.
La qualità dell’amore deve essere il nostro impegno e amare il nostro stile di vita !
Gesù ha dato al mondo un diritto : quello di giudicare se tu ed io siamo dei cristiani nati di nuovo, in base all’evidenza del nostro amore tangibile verso gli altri cristiani.
Se siamo accusati di mancare di amore, non dobbiamo arrabbiarci. Chiediamo piuttosto a Dio se l’accusa è fondata o meno, e se lo è, umiliamoci, chiediamo perdono a Dio e permettiamogli di trasformarci.
In realtà possiamo essere dei cristiani nati di nuovo e mancare di amore verso i nostri fratelli.
Ma Gesù non dice che la nostra mancanza di amore dimostra che non siamo cristiani, dice però che non saremo affatto di testimonianza a coloro che non credono.
Se il nostro amore verso i fratelli viene meno, non dobbiamo perciò disperarci come se fosse la prova che siamo perduti, perché nessuno, tranne Gesù, è mai vissuto senza colpa. Gesù ci richiama piuttosto alla nostra responsabilità di dimostrare un amore talmente grande verso i fratelli, da non dare al mondo alcuna ragione valida per definirci non cristiani.
In conclusione leggiamo due versetti della preghiera sacerdotale di Gesù: “Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per quelli che Tu Mi hai dati, perché sono Tuoi” (Giovanni 17:9).
“Che siano tutti uno; che come Tu, o Padre, sei in Me e Io sono in Te, anch’essi siano in Noi; affinché il mondo creda che Tu mi hai mandato” (Giovanni 17:21).
Gesù prega per l’unità dei cristiani autentici, perché questo amore e questa unità diano al mondo la possibilità di credere.
Non possiamo perciò pretendere che il mondo creda che il Padre ha mandato il Figlio, che le dichiarazioni di Gesù siano vere e che il cristianesimo sia autentico, se il mondo non riscontra amore e unità fra i credenti.
Ai nostri giorni gli uomini non sono tanto interessati a questioni dottrinali (che spesso sono causa di divisione tra i credenti) e non credono nemmeno più alla possibilità di una verità assoluta. Ma Gesù ha dato un segno che può colpire l’attenzione del mondo, anche quella dell’uomo moderno che si definisce nient’altro che una macchina.
Siccome ogni uomo è creato ad immagine di Dio e perciò aspira all’amore, c’è qualcosa che non può mancare di richiamare la sua attenzione.
Che cos’è?
E’ l’amore che i veri cristiani hanno l’uno per l’altro, indipendentemente dalla denominazione di appartenenza.
Questo è l’unico vero segno del cristiano e l’unico vero distintivo del quale dovremmo fregiarci!
Francis Schaeffer
(1912-1984)
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