Leggendo 2 Cronache 33-35 e 2 Re 21-23 LA SCOMPARSA E IL RITROVAMENTO DEL LIBRO DELLA LEGGE DEL SIGNORE
Dalla storia del popolo d’Israele fino ad oggi, ogni volta in cui il contenuto della Bibbia ha dato fastidio ad uomini in autorità, questi hanno cercato di farla sparire. Ma il Signore ha impedito una sua sparizione totale, non solo: l’ha fatta riapparire, ritrovare, riscoprire con grandi benedizioni per la vita degli uomini.
“Mentre si prelevava il denaro che era stato portato nella casa del Signore, il sacerdote Chilchia trovò il libro della Legge del Signore, data per mezzo di Mosè” (2 Cronache 34:14).
Introduzione
La storia della nascita dei libri della Bibbia e le vicende drammatiche di cui fu protagonista nel corso dei secoli, fino ad arrivare ai nostri giorni, a causa dei suoi nemici, meritano tutta la nostra attenzione, perché ci permettono, da un lato, di ringraziare il Signore che ha permesso che giungesse integra fino a noi, dall’altro, di ravvivare il nostro amore per essa e l’impegno a favorirne la più ampia diffusione possibile.
Uno dei pericoli maggiori corsi, quando ne esisteva già una parte consistente, si verificò al tempo dei regni di Manasse e di Amon, in cui rischiò veramente di scomparire del tutto, perché l’autore, Mosè, era già da secoli col Signore e non avrebbe potuto riscriverla.
Il racconto della situazione ambientale in cui si verificò questo evento e il felice ritrovamento di una copia del libro lo troviamo in 2 Re capitoli 21-23 e in 2 Cronache capitoli 33-35.
Se ai nostri giorni non è più possibile la scomparsa della Bibbia dalla faccia della terra, esistono però ancora nemici che ne ostacolano la sua diffusione, rendendola in pratica irreperibile in molte regioni, o peggio, là dove è disponibile, scoraggiandone indirettamente la lettura da parte delle persone comuni, convincendole di non essere sufficientemente preparate per interpretarla correttamente.
A tenerla lontana dalle mani di molte persone si aggiunge poi l’azione del diavolo che, con vari accorgimenti, fa preferire le tenebre dell’ignoranza e della malvagità piuttosto che la luce della verità e della giustizia.
“Perché chiunque fa cose malvagie odia la luce, affinché le sue opere non siano scoperte; ma chi mette in pratica la verità viene alla luce, affinché le sue opere siano manifestate, perché sono fatte in Dio” (Giovanni 3:20, 21)
Si potrebbe formulare il tema di questo studio in questi termini:
· TEMA: La Parola di Dio sopravvive anche ai tempi più ostili e ai nemici più accaniti. “L’erba si secca, il fiore appassisce, ma la parola del nostro Dio dura per sempre” (Isaia 40:8; 1 Pietro 1:25).
· Punti di divisione:
1. Stato di profonda perversione morale e spirituale
2. Il re Giosia comincia a cercare il Signore
3. La scomparsa della Bibbia
4. Le probabili cause della sparizione
5. La Bibbia ritrovata e gli effetti prodotti dalla sua lettura.
Stato di profonda perversione morale e spirituale
Il re Manasse, nonno di Giosia, nel suo lungo regno, sprofondò, assieme al popolo che governava, ai livelli più ignobili e immorali di idolatria, coinvolgendo addirittura il tempio di Dio con l’introduzione nei suoi cortili di idoli e dove si praticava la prostituzione sacra (2 Re 23:7).
Tra le pratiche più abominevoli esercitate, vi era pure quella dei sacrifici umani:
bambini bruciati sull’altare in onore al dio Moloc (2 Re 23:10; 2 Cronache 33:6).
Purtroppo il suo cattivo comportamento fu seguito sia da sacerdoti che dal popolo, che Dio aveva eletto e condotto nel paese della promessa per essere un esempio di rettitudine per gli altri popoli, raggiungendo un livello di perversione peggiore di quello “delle nazioni che il Signore aveva distrutte davanti ai figli di Israele” (2 Cronache 33:9).
Dio mandò bensì dei profeti per richiamarli all’osservanza della legge di Mosè e a minacciarli di severi castighi se non si fossero ravveduti, ma nessuno diede loro ascolto (2 Re 21:10-15).
Sappiamo come Manasse per punizione fu trascinato prigioniero a Babilonia, dove si pentì e implorò Dio di perdonarlo (2 Cronache 33:11-13).
Dio gli concesse il perdono, lo fece ritornare a Gerusalemme dove diede corso a una limitata riforma, i cui effetti furono ben presto cancellati dal suo successore, il figlio Amon.
Questi regnò solo due anni, ma furono sufficienti per reintrodurre le turpi pratiche idolatre seguite a suo tempo dal padre.
Riflessione
Fatti i dovuti confronti, non è difficile constatare come anche ai nostri giorni vi sia una profonda e dilagante idolatria, sia nell’ambiente propriamente religioso, sia in quello della moralità, dove una crescente perversione di costumi tende ad essere sempre più accettata e praticata.
Il re Giosia comincia a cercare il Signore
Amon venne assassinato e, sul trono di Giuda, salì suo figlio Giosia, un ragazzino di appena otto anni.
Non sappiamo chi furono i suoi consiglieri e i suoi educatori; quello che sappiamo è che dopo otto anni di regno, cioè all’età di sedici anni, “cominciò a cercare il Dio di Davide suo padre” e, prosegue il versetto “il dodicesimo anno cominciò a purificare Giuda e Gerusalemme dagli alti luoghi, dagli idoli di Astarte, dalle immagini scolpite e dalle immagini fuse” (2 Cronache 34:3).
Anche nei periodi spiritualmente più bui, Dio conserva sempre una minoranza fedele.
Qualcuno di questa minoranza, di cui non ci è dato il nome, si prese cura di questo bambino indirizzandolo nelle vie del Signore. Per esempio, sappiamo che allora esistevano dei profeti che avevano a suo tempo richiamato Manasse e il popolo (2 Re 21:10). Tra quelli attivi al tempo di Giosia, c’erano Sofonia (Sofonia 1:1), la profetessa Culda (2 Cronache 34:22) e, poco più tardi, Geremia (Geremia 1:2).
Riflessione
I credenti, specialmente se sono genitori, devono sentire l’impegno di avviare i giovani, fin dai primi anni di vita, nelle vie del Signore, istruendoli nella Sua Parola come è prescritto sia nel Vecchio Testamento (Deuteronomio 6:7), sia nel Nuovo Testamento (Efesini 6:4). Mi piace a questo riguardo ricordare le attenzioni amorevoli della nonna Loide e della mamma Eunice nei riguardi del loro piccolo Timoteo (2 Timoteo 1:8), al quale, ricorda con altrettanto affetto l’apostolo Paolo, “fin da bambino hai avuto conoscenza delle Sacre Scritture, le quali possono darti la sapienza che conduce alla salvezza mediante la fede in Cristo Gesù” (2 Timoteo 3:15).
Ciò va fatto, anche se purtroppo sappiamo che a volte i nostri, figli ritardano a prendere una decisione per il Signore e di assumersi delle responsabilità nella chiesa, per il timore o la scusa di essere sempre troppo giovani e immaturi.
Non la pensavano certamente così i genitori del piccolo Samuele quando il bambino appena svezzato venne affidato al sacerdote Eli per servire il Signore nella Sua casa.
La decisione presa dal giovane Giosia all’età di 16 anni di seguire e di cercare il Signore, fu un atto tanto più ammirevole, in quanto richiese una forte determinazione e una buona dose di coraggio, tenuto conto dell’ambiente ostile e delle resistenze che avrà indubbiamente incontrato soprattutto quando decise di abbattere gli idoli.
Possiamo immaginare l’opposizione dei sacerdoti dei culti idolatri e di tutti quelli che traevano profitto e privilegi da questo stato di cose.
Non diversamente successe quando l’apostolo Paolo a Efeso dovette affrontare la rivolta degli orefici, capeggiati da Demetrio (Atti 19:23-41), o quando nel Medioevo scoppiò la lotta tra gli iconoclasti (contrari al culto delle immagini) e i monaci che ne erano gli autori, perché vedevano privarsi di una cospicua fonte di reddito.
Sappiamo purtroppo quale fu l’esito di questa controversia.
Naturalmente l’elenco di queste opposizioni potrebbe continuare, includendo quella incontrata dalla Riforma Protestante del XVI secolo e tutte quelle affrontate da gruppi o da singoli uomini spesso a costo della vita.
L’atteggiamento di Giosia, che abbiamo appena descritto, corrisponde a quella che è la principale disposizione d’animo necessaria per avere successo nella “ricerca del Signore”. Si tratta di cercarlo “con tutto il cuore e con tutta l’anima” (Deuteronomio 4:29; Geremia 29:13; 2 Cronache 15:12,15).
Per poter “camminare per le vie di Davide” (2 Cronache 34:2), il giovane re si sarà pure senz’altro impegnato ad abbandonare le vie del peccato (Isaia 55: 6,7).
Ma uno strumento importante e fondamentale gli mancava: quello della Parola del Signore, dalla quale attingere gli insegnamenti indispensabili e sicuri per il suo cammino.
Altri re fedeli, prima di lui (non molti per la verità), avevano cercato il Signore e si erano prodigati a debellare l’idolatria, ma avevano a disposizione l’autorevole e infallibile Parola di Dio.
Giosafat, uno di questi re fedeli, esempio, per convincere la gente ad abbandonare l’idolatria e per dare autorevolezza alla sua iniziativa, inviò una squadra di predicatori nelle città di Giuda per insegnare la parola del Signore.
“Ed’essi insegnarono in Giuda. Avevano con sé il libro della legge del Signore; percorsero tutte le città di Giuda, e istruirono il popolo” (2 Cronache 17:9).
Ezechia, un altro re riformatore, all’inizio del suo regno convocò i sacerdoti, li esortò a collaborare nell’opera da lui intrapresa e, dopo averli convinti, “vennero a purificare la casa del Signore, secondo l’ordine del re, conformemente alle parole del Signore” (2 Cronache 29:15).
Riflessione
Quanto è importante che i nostri messaggi e inviti a credere e a seguire il Signore, siano fondati e confermati punto per punto dalla Parola di Dio!
Giustificandosi davanti al re Agrippa dalle accuse dei Giudei, l’apostolo Paolo concluse il suo discorso con le parole: “Ma per l’aiuto che vien da Dio, sono durato fino a questo giorno, rendendo testimonianza a piccoli e grandi, senza dir nulla al di fuori di quello che i profeti e Mosè hanno detto che doveva avvenire… “(Atti 26:22).
Similmente Pietro e Giovanni si difesero dalle accuse del Sinedrio dicendo: “giudicate voi se è giusto, davanti a Dio, ubbidire a voi anziché a Dio” (Atti 4:16).
La scomparsa della Bibbia
Ma dove avrebbero dovuto trovarsi i rotoli della legge del Signore?
Possiamo immaginare le ricerche affannose di Giosia e, sicuramente anche del sommo sacerdote Chilchia, per ritrovare almeno una copia di questi rotoli.
Da informazioni assunte da qualche persona anziana, ne dovevano esistere almeno tre esemplari: una presso i sacerdoti, una nel luogo Santissimo del tempio accanto all’arca e, almeno un’altra, nella casa del re.
· La copia in possesso dei sacerdoti (Deuteronomio 31:9-13) doveva servire per la loro istruzione e per essere letta davanti a tutto il popolo “…affinché odano, imparino a temere il Signore, il vostro Dio, e abbiano cura di mettere in pratica tutte le parole di questa legge” (Deuteronomio 31:12).
· La copia deposta presso l’arca doveva servire, come le tavole della legge, poste all’interno dell’arca, come “testimonianza” (Deuteronomio 31:24, 26). Possiamo solo immaginare la costernazione e la vergogna del sommo sacerdote Chilchia, per non essere stato in grado di evitare la scomparsa di entrambe queste copie.
· Una terza copia, almeno, avrebbe dovuto trovarsi nella casa del re. Infatti ognuno di questi, al momento dell’insediamento, doveva ricopiarla fedelmente e personalmente, avvalendosi dell’originale dei sacerdoti.
Riporto questo bellissimo e interessantissimo ordine di Dio:
“E quando si insedierà sul suo trono reale, scriverà per suo uso, in un libro, una copia di questa legge secondo l’esemplare dei sacerdoti levitici. Terrà il libro presso di sé e lo leggerà tutti i giorni della sua vita, per imparare a temere il Signore, il suo Dio, a mettere diligentemente in pratica tutte le parole di questa legge e tutte queste prescrizioni…” (Deuteronomio 17:18,19).
Riflessione
Oh se anche i nostri governanti e, come loro, ognuno di noi seguissimo questa pratica, dedicando una parte del nostro prezioso tempo, ogni giorno, se non a ricopiare la Parola di Dio, almeno a leggerla e a meditarla!
Le probabili cause della sparizione
È persino troppo facile intuire come erano scomparsi quei pochi esemplari della Bibbia e identificarne i responsabili.
Il re Manasse era stato certamente il responsabile numero uno.
Forse aveva cominciato col distruggere la copia del suo defunto padre, il fedele re Ezechia, che sicuramente l’aveva lasciata nel suo ufficio o nella sua camera da letto.
Successivamente avrà fatto fare la stessa fine all’esemplare avuto in prestito dai sacerdoti, con tante raccomandazioni, per la copiatura.
Per quanto riguarda la copia esistente nel tempio, meno accessibile al re, molto probabilmente sarà stata nascosta da qualche sacerdote, forse anche per evitarne la distruzione.
Riflessione
In ogni caso chi vuole vivere nel peccato, si separa dalla Parola di Dio e, addirittura, se è in posizione di autorità, cerca di renderla irreperibile agli altri per non svelare i suoi comportamenti malvagi.
La storia milleniale della Bibbia conferma ampiamente questa realtà e, noi sappiamo, che questo comportamento è stato ed è seguito sia da capi religiosi sia da capi politici. Lo scopo è quello di tenere la gente nell’ignoranza e di agire indisturbati a proprio piacimento.
Il re Ioiachim, indegno figlio di Giosia, tenterà pure lui di distruggere e far così scomparire uno dei libri della Bibbia, scritto dal profeta Geremia, in una drammatica scena raccontata in Geremia cap. 36.
Ma sappiamo che Dio fece riscrivere il libro da Geremia.
A parte questi personaggi influenti, doppiamente colpevoli, perché oltre a danneggiare sé stessi, danneggiano anche gli altri, anche molte persone comuni, come ho accennato prima, eliminano la Bibbia dalla loro vita nell’illusione che, così facendo, siano liberi di comportarsi come vogliono.
Per loro la Bibbia è uno strumento che limita e che condiziona la loro libertà di azione.
Ricordiamo tutti l’episodio di quei Giudei che si erano offesi quando Gesù aveva detto che, perseverando nella Sua Parola, avrebbero conosciuto la Verità e questa li avrebbe resi liberi. Gesù aveva subito aggiunto: “…In verità, in verità vi dico che chi commette peccato è schiavo del peccato… Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi” (Giovanni 8: 34,36).
La Bibbia ritrovata e gli effetti prodotti dalla sua lettura
Il Signore premiò l’impegnò di ricerca di Giosia, manifestandosi prima nel suo cuore e poi concedendogli di entrare finalmente in possesso della Bibbia (2 Cronache 34:8- 15). Ciò avvenne al 18° anno del suo regno, quando aveva quindi 26 anni.
Se le ricerche erano cominciate quando aveva preso l’impegno di cercare il Signore (2 Cronache 34:3), significa che queste erano andate avanti per 10 anni.
Il primo a rallegrarsi deve essere stato il sommo sacerdote Chilchia, ponendo fine a un’angoscia che non gli aveva più dato tregua per tutto quel tempo.
“Chilchia parlò a Safan, il segretario, e gli disse: «Ho trovato nella Casa del Signore il libro della Legge»” (2 Cronache 34:15).
Siamo nel 622 a.C. : una data da ricordare.
Quali furono i primi effetti prodotti dal ritrovamento della Bibbia?
Il sommo sacerdote Chilchia dopo essersi accertato che il libro trovato nel tempio era proprio quello della legge del Signore, lo fece avere al re, davanti al quale venne letto con grande attenzione (2 Re 22:8-10; 2 Cronache 34:14-18).
· Per prima cosa il re Giosia ebbe la conferma delle gravi offese recate a Dio e delle colpe conseguenti di cui si era reso responsabile tutto il popolo per aver abbandonato le Sue vie ed essere sprofondato nell’idolatria. Egli stesso ritenendosi in qualche modo compartecipe di quei gravi peccati si umiliò profondamente, pianse (2 Cronache 34:27) e Dio lo perdonò risparmiandogli i castighi previsti (2 Cronache 34:27,28).
· Successivamente tutti, piccoli e grandi, sacerdoti e profeti (2 Re 23:2) furono convocati da Giosia per ascoltare la lettura del libro di Dio e impegnarsi a ravvedersi e “a mettere in pratica le parole del patto scritte in questo libro” (2 Cronache 34:31).
Proprio là dove nel libro erano annunciati i severi castighi per i peccatori impenitenti, erano pure annunciati il perdono e la riconciliazione a Dio per tutti coloro che si sarebbero pentiti, umiliati e convertiti a Lui (Levitico 26:40-46; Deuteronomio 30:1-10).
Conclusione
La storia dì Giosia, così strettamente legata alle vicende della Parola di Dio, insegna ad amarla, ad apprezzarla, a meditarla sempre di più, e quindi a metterla in pratica, senza dimenticarci di farla conoscere e di diffonderla tra coloro che non la conoscono o non l’hanno mai presa in seria considerazione.
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