Franchezza

“Franchezza” vuol dire esercizio della libertà e quando ci riferiamo alla “franchezza” espressa nella vita e nel servizio cristiano parliamo della completa liberazione dalla timidezza, dalla paura, dall’esitazione e dalla perplessità e quindi deve avere una chiara manifestazione nelle riunioni di culto, nelle testimonianze, nella vita di ogni giorno.

L’apostolo Paolo afferma che la mancanza di franchezza significa “mettere un velo” oscurare lo splendore della gloria.

· La franchezza del credente nelle riunioni di culto.

· La franchezza nel servizio cristiano.

Noi crediamo che la celebrazione del culto, da parte della comunità rappresenta, nello stesso tempo, comunione con Dio e comunione fraterna e quindi la “comune radunanza” è l’occasione per offrire a Dio e ricevere da Dio, ma anche per offrire al fratello e ricevere dal fratello.

I “timidi”, i “paurosi” reclamano la comunione a senso unico: ricevere, ma non dare.

Non è soltanto questa pretesa che li squalifica perché una diagnosi esatta della loro personalità e della loro posizione ci rivela l’esistenza di una serie di elementi negativi nel loro comportamento e possiamo ricordarne alcuni in breve:

· Essi soffocano e mortificano gli impulsi dello Spirito ostacolando l’apprendimento del servizio (1° Corinzi 14:31);

· Turbano il programma carismatico dello Spirito (1° Corinzi 12:11 ; 14:26);

· E naturalmente finiscono per agevolare e concedere spazio a coloro che dovrebbero tacere (1° Corinzi 14:30).

Oltre alle cose ricordate si può quasi sempre aggiungere un altro elemento di squalifica; questo: «Il timido lo è, nel maggior numero dei casi, per timore di non essere sufficientemente “brillante”; non vuol fare una “mediocre figura”».

Questa posizione generalmente è di autentico orgoglio; noi dobbiamo muoverci entro i limiti della nostra fede (Romani 12:6) e se la nostra fede ci permette soltanto di esprimere poche parole, ma infuocate dallo Spirito Santo, esprimiamole alla gloria di Dio e per l’edificazione dei fratelli senza pretendere od aspettarci un plauso od un encomio.

Quindi i credenti, tutti i credenti, devono desiderare e cercare abbondanza di doni spirituali perché questi possano essere cercati ed esercitati da tutti con “franchezza” cioè piena libertà spirituale (1° Corinzi 12:12).

Esistono surrogati che tentano, con frequenza ed insistenza, di sostituire la libertà cristiana, abituati al dialogo, sempre pronti ad intervenire senza disagio. Questi possono con estrema facilità, sotto lo spirito di un’emozione personale o, peggio ancora, stimolati dal desiderio di emergere, far sentire la loro voce che è proprio la “loro voce” e soltanto la “loro voce”.

Oggi ci troviamo impegnati in un combattimento che ci mette a confronto con un materialismo inasprito fino alla violenza, non soltanto verbale, con una cultura puntigliosa e contestataria, con l’indifferenza religiosa provocata dai cento interessi che assorbono l’individuo e le masse.

Si, ci troviamo proprio impegnati in una lotta e contro una potenza che cercano di scoraggiarci, ridurci in soggezione; abbiamo bisogno di franchezza, dobbiamo affrontare la derisione, gli scherni; dobbiamo subire le più diverse forme di violenza eppure essere e rimanere fedeli nel proclamare un messaggio che oggi più che mai “è scandalo ai giudei e pazzia ai greci”.

Purtroppo i paurosi ed i timidi non mancano e non sono pochi coloro che ieri predicavano l’Evangelo e che oggi preferiscono fare altri discorsi nella certezza che con questi possono essere considerati a pieno diritto membri del consesso umano dal quale i testimoni di Cristo vengono invece frequentemente allontanati.

Costoro, tradiscono, il ministero e disonorano la causa di Cristo, sono dei vinti, hanno, perduto la loro franchezza, la loro libertà.

Abbiamo bisogno di un risveglio che restituisca al popolo di Dio, assieme all’esuberanza dello Spirito, ai doni celesti, la “franchezza” cristiana e poiché questa può venire soltanto dalla potenza divina, abbiamo bisogno di riconoscere le nostre carenze e di stringerci assieme davanti al Trono di Dio per chiedere che la Pentecoste torni ad essere non una ricorrenza liturgica, ma un’esperienza della chiesa, di tutta la chiesa (Atti 4:29).

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