Come viviamo il nostro essere discepoli di Cristo? Seguire pienamente il Signore

L’esempio di Caleb costituisce per la nostra vita ed il nostro cammino con il Signore un motivo di costante invito a riflettere sul modo in cui stiamo seguendo il Signore: siamo consacrati a Lui in modo pieno e totale oppure abbiamo ancora remore ed ostacoli che ci portano a seguirlo in modo sporadico e stentato? Dalla risposta che daremo a questa domanda, non a parole ma con la nostra vita pratica di tutti i giorni, dipenderà la qualità del nostro essere discepoli.

Introduzione.

«I miei fratelli, che erano saliti con me, scoraggiarono il popolo, ma io seguii pienamente il SIGNORE, il mio Dio. In quel giorno Mosè fece questo giuramento: “La terra che il tuo piede ha calcata sarà eredità tua e dei tuoi figli per sempre, perché hai pienamente seguito il SIGNORE, il mio Dio”. Per questo Caleb, figlio di Gefunne, il Chenizeo, ha avuto Ebron come eredità, fino a oggi: perché aveva pienamente seguito il SIGNORE, il Dio d’Israele» ( Giosuè 14:8,9,14).

Per una migliore comprensione leggere tutto il brano dal verso 6 al 14.

Il discorso che Caleb rivolge Giosuè, si colloca all’inizio della spartizione di Canaan fra le tribù d’Israele. Dall’uscita dall’Egitto erano trascorsi 47 anni (40 anni di peregrinazione nel deserto e 7 per la conquista del paese).

Caleb ricorda brevemente quello che era successo a Cades Barnea (Numeri capitoli 13 e 14; Deuteronomio 1: 19-46), località del deserto presso il confine meridionale del paese di Canaan, appena due anni dopo l’uscita dall’Egitto.

Dodici esploratori, tra cui Caleb e Giosuè, erano stati inviati a esplorare il paese di Canaan.

Dopo 40 giorni erano tornati facendo una relazione entusiastica per ciò che riguardava le risorse agricole, ma alquanto pessimistica, da parte di dieci di questi esploratori, circa le possibilità della sua conquista a causa delle fortificazioni inespugnabili attorno alle città e per la presenza di uomini giganti ( Numeri 13:30-33).

In definitiva, il popolo, per paura e per poca fede, si era ribellato a Dio e a Mosè, rifiutandosi di proseguire e minacciando addirittura di lapidare Mosè, Aaronne, nonché Caleb e Giosuè, gli unici due esploratori che avevano cercato di incoraggiare il popolo a proseguire.

Per punizione, Dio li aveva costretti a peregrinare nel deserto per altri 38 anni, fino a quando tutte le persone della generazione adulta di quelli che erano usciti dall’Egitto fossero morte di morte naturale.

Solo i loro figli, assieme a Caleb e Giosuè, sarebbero entrati nel paese promesso (Numeri 13, 14; Deuteronomio 1:19-46).

In quell’occasione Dio aveva promesso a Caleb, non solo che sarebbe entrato nel paese di Caanan, ma che avrebbe posseduto come eredità il territorio che egli aveva calpestato durante l’esplorazione: proprio quello dove risiedevano i giganti (Giosuè 14:9-12; Deuteronomio 1:36; Numeri 14:24).

Punti di riflessione:

Due modi di seguire il Signore: pienamente o stentatamente.
Chi «segue pienamente il Signore» lo serve con sincerità di cuore (vv. 7,8).
Chi « segue pienamente il Signore» riceve la promessa di una eredità (v. 9).
Chi « segue pienamente il Signore» entra in possesso dell’eredità (v. 14).

Due modi di seguire il Signore

Nei versi 8,9,14 e anche in Numeri 14:24 e in Deuteronomio 1:36 è detto che Caleb «seguì pienamente il Signore». Questo comportamento caratterizzò tutta la sua vita e costituisce il filo conduttore che ci permette di capire le ragioni dei suoi successi.

Confrontando il suo cammino con quello degli altri esploratori e di tutto il popolo, risultano evidenti due modi distinti di seguire il Signore da parte dei credenti: si può seguirLo in modo pieno oppure in modo stentato.

v Seguire il Signore in modo stentato. Consideriamo prima questo modo, tipico, purtroppo, in quel tempo, dalla stragrande maggioranza. Il popolo seguiva Dio senza troppa convinzione, spesso sbuffando, a volte rimpiangendo di aver lasciato l’Egitto, o, in alcuni casi, come a Cades Barnea, addirittura ribellandosi a Lui (Deuteronomio 1:26,27) e accusandoLo di odiarli. Dio li perdonò (Numeri 14:19,20)

Applicazione.

Anche noi se seguiamo pienamente il Signore, cioè rimaniamo uniti strettamente a Lui nel nostro cammino, riceveremo abbondanza di grazia e porteremo molto frutto. «Chi dimora in Me e nel quale Io dimoro, porta molto frutto…» (Giovanni 15:5).

«Seguire pienamente il Signore»: l’apostolo Paolo lo spiega quando scrive ai Colossesi: «…come dunque avete ricevuto Cristo Gesù, il Signore, così camminate in Lui; radicati, edificati in Lui e rafforzati dalla fede…» (Colossesi 2:6,7).

L’apostolo Pietro, sapendo che «…seguire pienamente il Signore», spesso comporta sofferenze e difficoltà, scrive così: «…anche Cristo ha sofferto per voi, lasciandovi un esempio, perché seguiate le Sue orme».

Chi segue pienamente il Signore Lo serve con sincerità di cuore (vv. 7,8)

Dopo aver considerato, in termini generali, i due modi di seguire il Signore da parte dei credenti, prendendo lo spunto da ciò che successe a Cades Barnea, vediamo ora un po’ più nei dettagli ciò che significò per Caleb seguirLo pienamente.

«Io avevo quarant’anni quando Mosè, servo del SIGNORE, mi mandò da Cades-Barnea a esplorare il paese e io gli feci la mia relazione con sincerità di cuore. I miei fratelli, che erano saliti con me, scoraggiarono il popolo, ma io seguii pienamente il SIGNORE, il mio Dio» (Giosuè 14:7,8).

v Svolse l’incarico ricevuto e fece la sua relazione «…con sincerità di cuore», cioè con diligenza, correttezza e lealtà.

v Si dissociò, assieme a Giosuè, dal comportamento disfattista degli altri dieci esploratori che, per paura e per mancanza di fede, scoraggiarono il popolo e screditarono il paese che avevano visitato, dicendo che non sarebbero mai riusciti a conquistarlo (Numeri 13:31-33).

v Al contrario, Caleb cercò di calmare gli animi ed incoraggiare il popolo (Numeri 13:30; 14:6-9), senza per altro riuscirci, anzi rischiando di essere lapidato con Giosuè, Mosè e Aaronne (Numeri 14:10).

Applicazione.

A volersi mantenere fedeli al Signore, in certe situazioni, può succedere di rimanere soli o quasi, perché la maggioranza dei credenti la pensa diversamente. Si tratta di eventi molto sofferti, perché ci si dissocia dagli altri, può venire assalito, ad un certo punto, dal dubbio che forse sono gli altri ad essere nel giusto e lui nel torto. Il Signore però non abbandona quel servitore che, per esserGli rimasto fedele, viene abbandonato da tutti e anche disprezzato.

Gesù stesso si trovò in questa situazione (Giovanni 16:32; Matteo 26:56) e così molti profeti e uomini di Dio. Ricordo le parole dell’apostolo Paolo in quella che è probabilmente l’ultima lettera da lui scritta:

«…nella mia prima difesa nessuno si è trovato al mio fianco, ma tutti mi hanno abbandonato… il Signore però mi ha assistito e mi ha reso forte, affinché per mezzo mio il messaggio fosse proclamato…» ( 2Timoteo 4:16,17)..

Chi segue pienamente il Signore riceve la promessa di un’eredità (vv.9; Deuteronomio 1:36; Numeri 14:24)

Caleb fu costretto a rimanere nel deserto con gli altri ancora per 38 anni, ma a differenza di loro, ricevette da Dio la promessa di entrare nel paese di Canaan e ricevere la sua parte di eredità.

«In quel giorno Mosè fece questo giuramento: “La terra che il tuo piede ha calcata sarà eredità tua e dei tuoi figli per sempre, perché hai pienamente seguito il SIGNORE, il mio Dio”» (Giosuè 14:9).

Applicazione.

Ai credenti che seguono pienamente il Signore e lo dimostrano nel compiere i servizi loro affidati «di buon animo» (Colossesi 3:23), l’apostolo Paolo dice: «…sapendo che dal Signore riceverete per ricompensa l’eredità» (Colossesi 3:24).

Lo stesso apostolo, nella lettera agli efesini, innalza a Dio una preghiera a favore di questi credenti, dicendo: «…che Egli illumini gli occhi del vostro cuore…affinché sappiate a quale speranza vi ha chiamati, qual è la ricchezza della gloria della Sua eredità che vi riserva tra i santi» ( Efesini 1:18).

L’apostolo Pietro, a proposito di questa eredità, precisa che è: «una eredità incorruttibile, senza macchia e inalterabile…conservata in cielo per noi» (1 Pietro 1:4).

Cari fratelli e sorelle, come Caleb accolse con gioia la promessa del Signore e ne mantenne vivo il ricordo per 45 anni (Giosuè 14:10,11), così anche noi manteniamo viva la speranza (1 Pietro 1:3) della nostra eredità, seguendo l’invito di Paolo: mediante la pazienza e la consolazione che ci provengono dalle Scritture, conserviamo la speranza (Romani 15:4).

Chi segue pienamente il Signore entra in possesso dell’eredità (vv. 13,14)

«Per questo Caleb, figlio di Gefunne, il Chenizeo, ha avuto Ebron come eredità, fino a oggi: perché aveva pienamente seguito il SIGNORE, il Dio d’Israele » (Giosuè 14:14).

È interessante leggere i versetti dal 10 al 12 di questo capitolo 14 di Giosuè, dove Caleb, nonostante fossero passati 45 anni dal giorno in cui Dio gli aveva fatta quella promessa e pur avendo ora 85 anni, si sente ancora di dire: «…oggi sono ancora robusto com’ero il giorno in cui Mosè mi mandò…», pronto per prendere possesso dell’eredità.

Forse a qualcuno di noi non è concesso di mantenere così a lungo le energie fisiche come Caleb, ma sicuramente possiamo come lui conservare le energie spirituali e mantenere viva la promessa dell’eredità.

«… anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo, il nostro uomo interiore si rinnova di giorno in giorno » (2 Corinzi 4:16).

Nel giorno in cui entreremo in possesso della nostra eredità, conservata nei cieli, certamente le nostre forze spirituali saranno talmente grandi da trarre il massimo beneficio e la massima gioia dalle cose gloriose che il Signore ci donerà.

Se il pieno possesso dell’eredità avverrà nel cielo, già ora ne godiamo in parte.

Basta pensare al dono della salvezza, al perdono, alla redenzione, al fatto di essere stati «messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce» (Colossesi 1:12), «liberati dal potere delle tenebre e trasportati nel Regno del Suo amato Figlio» (Colossesi 1:13).

«La sorte mi ha assegnato luoghi deliziosi, una bella eredità mi è toccata» (Salmo 16:6).

Un prezioso anticipo della nostra eredità è la presenza dello Spirito Santo in ognuno di noi, come precisa Paolo nell’epistola agli Efesini: «…avendo creduto in lui, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è pegno della nostra eredità fino alla piena redenzione di quelli che Dio si è acquistati a lode della sua gloria » (Efesini 1:13,14).

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