«Mettono esplosivi nelle nostre case per ucciderci quando torneremo. Cosa abbiamo fatto di male ai musulmani?»
Ayad, imbianchino, è stato «l’ultimo cristiano» ascappare in Kurdistan da Tel Keif, villaggio di 40 mila abitanti a 12 chilometri da Mosul e conquistato dallo Stato islamico il 6 agosto. Ayad parla in un video a Wcc di come si sia sentito tradito «dal mio vicino di casa musulmano», che «nel giro di mezz’ora si è rivoltato contro di me» dopo che «abbiamo mangiato e bevuto insieme per 15 anni».
«TRADITI DAI MUSULMANI». «Ancora prima di occuparci – racconta – lo Stato islamico ci ha tagliato acqua ed elettricità. I nostri preti hanno fornito entrambe a musulmani e cristiani, senza fare distinzioni. Poi però i musulmani ci hanno tradito: quando i terroristi erano vicini sono scesi in strada inneggiando slogan a favore dell’Isis». In particolare, Ayad è rimasto stupito dal comportamento del suo vicino di casa: «Per 15 anni ci siamo fatti gli auguri e condoglianze per matrimoni e funerali. Ma nel giro di mezz’ora si è rivoltato contro di me e la mia famiglia, dicendomi che ero un nazareno e un infedele».
CROCE DISTRUTTA.Quando i terroristi sono entrati nel villaggio, innescando la fuga della maggior parte dei cristiani, «si sono diretti subito verso la chiesa, hanno rimosso la croce e l’hanno distrutta perché segno degli infedeli. L’hanno rimpiazzata con la bandiera del Califfato, che dice: “Non c’è Dio al di fuori di Allah”. Poi hanno trasformato la chiesa caldea nella loro corte, quella sira nel loro quartier generale e la residenza delle suore nella sala comune».
TORTURE E PESTAGGI. Ayad è stato l’ultimo a scappare «senza neanche le scarpe, a piedi nudi», ma sa che ancora qualcuno vive a Tel Keif: «Non sono potute scappare quattro famiglie perché non hanno i mezzi. Uno di loro è un vecchio di 70 anni che non ha nessuno ed è disabile. Abbiamo sentito che l’hanno torturato e picchiato perché si è rifiutato di convertirsi all’islam».
«TORNARE INDIETRO».Tutti in Kurdistan hanno un solo desiderio: tornare nelle proprie case, possibilmente «prima dell’inverno». «Voglio tornare a casa, anche se avrò solo pane e acqua da mangiare. Mio figlio va in seconda elementare e vuole tornare a scuola. Chiediamo a Dio che ci dia la pazienza e che aiuti l’esercito curdo e le forze internazionali a liberare i nostri villaggi. Noi vogliamo solo tornare a casa, anche se dovesse essere tutto distrutto, anche a costo di dormire per terra».
ESPLOSIVI NELLE CASE. Purtroppo non è così facile: «Molte case del villaggio sono state distrutte, altre bruciate o fatte saltare in aria. Siamo venuti a sapere che un uomo ha cercato di tornare a casa sua e appena ha aperto la porta, è saltato in aria. Mano a mano che Isis abbandona i villaggi conquistati, sistema esplosivi dentro le case così quando la gente torna, resta uccisa. Ma noi vogliamo tornare lo stesso. Tra poco arriverà l’inverno: dove andremo allora?».
«COSA ABBIAMO FATTO DI MALE?». Ayad ormai si fida solo dei curdi, «gli unici che ci hanno accolto con rispetto e dignità dandoci un posto dove vivere». Le promesse degli americani non gli fanno né caldo né freddo: «Vogliamo garanzie vere, vogliamo protezione internazionale». Ayad ha perso tutto, gli restano solo domande senza risposta: «Che cosa abbiamo fatto di male ai musulmani? Rubano ai cristiani, uccidono i cristiani, non ci rispettano. Perché?
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