CONSIDERAZIONI SULL’ ANSIA

L’ansia è come una sedia a dondolo: sei sempre in movimento, ma non avanzi di un passo.
L’ansia non ci sottrae il dolore di domani, ma ci priva della felicità di oggi.
L’ansia produce:

– Preoccupazione, timore, ossessione.

– Mancanza di salivazione, traspirazione, battito cardiaco e respirazione accelerati, vertigini, tremiti, mal di testa, muscoli tesi, imbarazzo di stomaco.
L’ansia è:

– Timore in assenza di pericolo.

– Esagerazione della probabilità di pericolo e del suo grado di pericolosità.

– Immaginazione di risultati negativi.
Frequentemente distorciamo automaticamente la realtà dei fatti attribuendo personali significati negativi.
Il disturbo d’ansia è l’attivazione della modalità attacco e fuga di fronte ad un pericolo o enormemente sopravalutato o che non si trova effettivamente nel presente, ma può essere esistito nel passato (ad esempio un grosso trauma come nel disturbo post-traumatico) o si pensa possa esserci nel futuro (la cosiddetta ansia anticipatoria). L’ansia spesso non ha origine nel presente, è pertanto molto difficile, se non impossibile, riconoscere cosa provoca questa fastidiosa sensazione nella situazione che stiamo vivendo. Ma non si può giustificare questo modo di vivere.
La gente che soffre di ansia dice a sé stessa: “Se quello che temo dovesse succedere per me sarebbe la fine, sarebbe spaventoso”.
Ecco un elenco di situazioni valutate come terribili dalla persona ansiosa:

– La gente può trovarmi sgradevole.

– È probabile che non soddisfi le aspettative della gente.

– È probabile che la gente mi rifiuti.

– È probabile che mi sbagli.

– Forse dirò o farò qualcosa di stupido.

– Se raggiungo la felicità, è probabile che la perda.

– Anche se ottengo il loro amore, è probabile che lo perda.

– Forse non ho quel bell’aspetto che hanno gli altri.

– La gente può disapprovarmi.

– Possono scoprire che in fondo non son o nessuno.

– Nessuno mi amerà mai.

– Forse non so amare.

– Può darsi che mi chiedano cose che non so fare.

– Potrei perdere tutto ciò che ho.

– Potrei farmi del male.

– Potrei morire.

– Quello che gli altri pensano di me.

Quasi la metà di tutte le nostre angosce e le nostre ansie derivano dalla nostra preoccupazione per l’opinione altrui.
Il tema centrale nel problema dell’ansia è questo: “Ciò che gli altri pensano di me è di così cruciale importanza da dover stare molto attento ogni volta che faccio qualcosa. Devo fare tutto il possibile per evitare che gli altri pensino male di me, perché questo sarebbe per me un colpo mortale”.
Anche se è motivo di gioia il fatto che gli altri pensino bene di noi e ci amino, è anche vero che possiamo vivere molto meglio senza la loro approvazione e il loro affetto.
L’ansia porta all’impegno di cercare di apparire a tutti i costi importanti agli occhi degli altri.
E se malgrado i miei sforzi per essere gradito a tutti, c’è ancora chi mi rifiuta, mi dirò forse frasi dolorose come queste: “Niente valgo, sono un fallito”, oppure: “Me la pagheranno”, o “Non ho bisogno di alcuno”.
La vita di molte persone gira intorno allo sforzo per evitare l’ansia. Il timore al timore consuma il loro tempo e l’ansia nei confronti dell’ansia produce loro tanta tensione che alla fine succede proprio quello che temevano: “Non appena temo un male, esso mi colpisce; e quel che mi spaventa, mi piomba addosso” (Giobbe 3:25).
Se cerchiamo di evitare l’ansia, questa aumenterà. Se la affrontiamo e ci sottoponiamo alla prova, questa sparisce. Nessuno, neanche Gesù, ci ha promesso che la vita deve essere sempre gradevole, a rose e fiori. Non può esistere questa vita.
Credere che la vita dovrebbe essere sempre dolce, gradevole e senza problemi, ci renderà infelici e ansiosi. Con queste idee in testa cercheremo di evitare o di fuggire da ogni problema invece di affrontarlo e di superarlo.
Tutti ci siamo detti in qualche occasione di aver disperato bisogno di una certa cosa, quando in realtà è solo un desiderio disperato. Per esempio “Ho bisogno di sentirmi amato”, “ho bisogno di sentirmi accettato per sentirmi bene”, “non sopporto più di vivere in questa casa”, “non sopporto la solitudine”. Sono tutte frasi fittizie.
Molto spesso evitiamo di ammettere che siano responsabili della nostra vita e ci piace gettare la colpa di quanto ci accade su altre persone, su circostanze o avvenimenti e non su noi stessi e le nostre decisioni. Molto spesso ascoltiamo parole come queste: “Se mio marito si comportasse come capo famiglia, io non mi sentirei così frustrata”. Falso. La verità è un’altra: “Decido di essere frustrata, perché dico a me stessa che mio marito non si comporta come un capo famiglia”.
Ancora: “Se non mi sentissi così male e così sola, potrei smettere di mangiare troppo”. Falso. La realtà invece è questa: “Dico a me stessa che sto male e che mi sento sola e poi decido di mangiare troppo”.
Poi: “I miei figli sono così tremendi che ho sviluppato un carattere non più controllabile”. Falso. Questa affermazione è più veritiera: “Ho deciso di rispondere al cattivo comportamento dei miei figli con attacchi d’ira”.
Ammetti di essere tu a fare le tue scelte, che sei responsabile di quello che stai facendo. Preparati ad accettare le conseguenze della tua condotta.

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