PAURA DEL CAMBIAMENTO

Il cambiamento è una rinascita, ma prima qualcosa di noi deve morire.
Chi rimanda del tutto al giorno dopo e poi a quell’altro ancora vorrebbe riuscire a fare le cose proprio nel momento in cui vanno fatte. Se a prevalere è la paura di cambiare, il risultato è l’immobilità, una palude in cui nulla si può muovere perché si pensa che, se c’è un movimento, sarà in direzione di un peggioramento o che il dolore da affrontare sia troppo.
“Le persone che fanno le cose che hanno sempre fatto, che pensano come hanno sempre pensato, ottengono i risultati che hanno sempre ottenuto”, eppure, incredibilmente, la maggior parte degli esseri umani spera di raggiungere risultati diversi senza cambiare nulla. In genere, in maniera abbastanza istintiva ed inconsapevole, continuiamo ad usare i medesimi schemi di pensiero, a comportarci negli stessi modi di sempre, a vedere le cose da un unico punto di vista, ovviamente ricavando da tutto questo situazioni che sono la fotocopia di altre vissute in passato.
È troppo facile definirsi cristiani, e lo si diventa semplicemente per secondi fini. Dal punto di vista umano, le ambizioni che abbiamo riguardano noi stessi, ma deve essere ben chiaro che nella vita cristiana non abbiamo mète personali da raggiungere. Si sceglie di essere cristiani per approfittare del fatto che c’è un Dio che esaurisce le nostre preghiere. Ma Dio vuole che, con le nostre preghiere arriviamo a discernere il Suo pensiero, e non il presentare i nostri progetti e sogni e ambizioni. Dio non si preoccupa affatto dei piani che facciamo per la nostra vita. L’obiettivo finale di Dio è farci diventare partecipi della Tua santità. È che il vero cristiano si identifica con la morte di Cristo, che muoia ad ogni interesse nel peccato, nella mondanità, a sé stesso, e che totalmente si identifichi con Gesù tanto da non desiderare altro che Lui. Lo scopo di Dio è di portarci a sperimentare una completa identificazione con Gesù Cristo. Adempiere i disegni di Dio significa abbandonarsi in Lui. Tutte le volte che cerco qualche cosa solo per me, altero e deformo la mia relazione con Dio. Sarà una grande umiliazione rendermi conto che non mi sono preoccupato che Gesù Cristo sia una realtà vivente in me, ma che ho solo cercato il godimento di quello che Egli ha fatto per me. La mia mèta è Dio, non gioia, non pace, e nemmeno le benedizioni; ma Lui, il mio Dio.
E questa verità è troppo scomoda e fa distorcere il naso a molti presunti cristiani, e non vogliono cambiare il loro modo di pensare umano e il loro punto di vista.
Il cristiano che non muore a sé stesso e che non cambia il suo modo di pensare e di vivere conformandosi a Cristo non è affatto un cristiano.
Approfondiamo altri problemi di cambiamento.
“Sono così e non cambierò mai! Che ti piaccia o no, ho un pessimo carattere”.
La maestra crede che sono i suoi alunni a farla irritare. Pensa che i suoi scatti di rabbia sono una caratteristica permanente della sua personalità, ed annulla di netto la possibilità di cambi costruttivi nella sua vita.
Il figlio pensa che sia giustificabile dar sfogo ai suoi sfoghi di rabbia ogni volta che ha voglia di farlo. Dopo tutto anche suo padre si comporta nello stesso modo.
La moglie incolpa il marito per il suo peso eccessivo (vuole sempre cibi fritti, che però mangia anche lei). Teme di perderlo, ma ha anche terrore di prendersi le sue responsabilità e di agire su sé stessa con disciplina e autorità.
La maestra, il figlio e la moglie credono che le condizioni insoddisfacenti in cui vivono sfuggano al loro controllo. Hanno evitato di responsabilizzarsi per i loro sentimenti e azioni. Credono anche di non poter cambiare. Spesso è facile pensare di essere vittima delle circostanze. Quante volte al giorno gettiamo la responsabilità dei nostri sentimenti o delle nostre azioni su qualcosa o qualcuno che sta al di fuori del nostro controllo? Quando inciampi, incominci a guardarti intorno per vedere se c’è un ostacolo su cui gettare la colpa? Quando ti bruci la bocca con una bevanda troppo calda, perché guardi la tazza come se fosse lei la responsabile? Quante volte abbiamo accusato altri di farci perdere la pazienza, di farci sentire frustrati o infelici?
Niente e nessuno provoca queste attitudini, ma noi stessi. Nessuno ci obbliga a sentire, pensare o comportarci come lo facciamo. Naturalmente le circostanze e la gente che ci circonda hanno una certa influenza nella nostra vita. Per esempio non ci sentiremo perfettamente bene, se veniamo colpiti dall’influenza o se nostra moglie ci tira addosso tutto quello che le capita a portata di mano ogni volta che tossiamo. Reagiremmo in modo differente, se ci desse dei baci. Quello, però, che si vuole dimostrare con queste considerazioni è che siamo noi a decidere come rispondere ai fatti e alle circostanze della nostra vita, in accordo al nostro credo.
Sarebbe falso dire: “La ragione del mio malumore è nell’influenza che ho preso”. La verità è invece questa: “L’influenza mi produce sensazioni sgradevoli nel corpo e nelle emozioni e io mi lascio andare al malumore, complicando così la vita agli altri”. Dato che siamo ammalati, pensiamo di avere il diritto di comportarci in modo sgradevole ed egoista. Pensiamo che la nostra pace mentale dipenda dal comportamento degli altri e che nulla non possiamo fare al riguardo. Alcuni pensieri sbagliati:

– Sono come sono perché sono nato così.

– Se avessi una cultura superiore, sarei accettato dagli altri.

– Se fossi come Tizio, sarei più felice.

– Se avessi un aspetto migliore, sarei più felice.

– Non dipende da quanto sai, ma dalle persone che conosci. Ecco perché non riesco a farmi strada.

– I bambini mi fanno diventare tesa e nervosa.

– I miei suoceri mi fanno diventare teso e nervoso.

– Tu mi fai arrabbiare.

– Se fossi più giovane, avrei più energie e sarei più felice.

– Se vivessi in un quartiere migliore, sarei più felice.

– Questa casa mi deprime.

– So che dovrei cambiare, ma non ci riesco.

– Dico delle parolacce, perché in ufficio le dicono tutti.

– La ragione per cui bevo è da ricercarsi nelle pressioni che devo subire tutti i giorni.
Non abbiamo bisogno di vivere in circostanze perfette per essere felici, né ci serve l’apprezzamento altrui
Tu hai il controllo sulla tua felicità e sulla tua infelicità. Noi decidiamo che pensieri lasciar passare nella nostra mente. Siamo noi che scegliamo di gettare la colpa sugli altri per le nostre disgrazie. Siamo noi che scegliamo di scusarci per il nostro cattivo comportamento. Non è la gente che ci rende irritati, tristi o infermi, non sono le cose o i fatti esteriori che ci perturbano, ma il modo come li vediamo.
Un cristiano non dovrebbe mai vivere una vita dominata dalle circostanze esteriori. Spesso, invece, continuiamo a credere che la gioia e l’amore dipendano da altre persone, circostanze, fatti, benedizioni materiali, successo, capacità, cose che creano illusorie sicurezze nella propria vita.
Essere contento in tutte le circostanze non significa necessariamente soffrire in silenzio. Significa comprendere che la nostra gioia non è radicata nelle circostanze, ma che viene dal nostro interiore, da Gesù tramite lo Spirito Santo. Soffrire in silenzio non è necessariamente un segno di virtù. A volte, anzi, è più distruttivo dissanguarsi in silenzio che alzarsi e fare qualcosa. La paura, spesso, ci impedisce di intraprendere una qualsiasi azione.
La moglie pensa che il marito si arrabbierà, se dovesse dirgli di non portare più a casa gelato e pizza, a causa della sua dieta.
La maestra non comunica alle colleghe i problemi che ha con i suoi scolari, per timore che la considerino una cattiva maestra.
Il figlio imita il comportamento rude del padre per timore, dovendo prendere una decisione propria, che questi lo derida.
Se gli altri (marito, colleghi, padre) non sono d’accordo con il nostro cambio, li affronteremo e accetteremo le conseguenze negative.
La tendenza a rimanere nella nostra zona di comfort ha però un prezzo: ci impone di restare quelli che siamo sempre stati e quindi ci impedisce di crescere. Se la parola cambiamento la facciamo diventare un sinonimo di progresso, evoluzione, miglioramento, crescita, le diamo quindi una valenza positiva, allora non può più farci paura.

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