TIMORE DI PERDERE

Generalmente perdiamo la pace a causa del timore suscitato da alcune situazioni che ci toccano personalmente e nelle quali ci sentiamo minacciati, dall’apprensione di fronte a difficoltà presenti o future, della paura di essere privi di qualcosa di importante o di non riuscire in tale o tal altro progetto. Gli esempi possono essere infiniti e toccare tutti i settori della nostra vita: salute, vita familiare e professionale, vita morale, la stessa vita spirituale.
Nei casi elencati si tratta di un certo bene, di natura molto variabile: bene materiale (denaro, salute, potere), morale (capacità umane, stima, affetto di alcune persone), spirituale (virtù, doni e grazie spirituali), bene che riteniamo necessario, che abbiamo paura di perdere o di non acquisire, o bene di cui effettivamente manchiamo. L’inquietudine provocata dalla mancanza o dalla paura di mancare ci fa perdere la pace. Questo è il grande dramma: l’uomo non ha fiducia in Dio. Cerca allora in ogni circostanza di cavarsela con le proprie forze, si mette in ansia e si rende terribilmente infelice, invece di abbandonarsi fiducioso nelle mani di Dio.
È in questa assurdità che viviamo tanto spesso. Non lasciamo mai a Dio la possibilità di intervenire: calcoliamo tutto, prevediamo tutto, cerchiamo di risolvere ogni cosa, contiamo esclusivamente su dei mezzi umani.
Perché l’abbandono sia autentico e generi pace, bisogna che sia totale. Dobbiamo rimettere tutto, senza eccezioni, nelle mani di Dio senza cercare di amministrare o salvare nulla da soli sia nel campo materiale, che nella sfera affettiva o in quella spirituale. Non possiamo dividere l’esistenza umana in settori, in alcuni dei quali sia legittimo abbandonarsi a Dio con fiducia ed altri dove ce la si debba sbrogliare esclusivamente da soli. Occorre sapere quanto segue: tutte le realtà che non avremo abbandonato, che vorremmo gestire da soli (senza lasciare carta bianca a Dio) continueranno, in un modo o nell’altro, a renderci inquieti. La misura della nostra pace interiore sarà quella del nostro abbandono, dunque anche quella del nostro essere distaccati. L’abbandono comporta così una parte inevitabile di rinuncia, una prontezza a lasciare a Dio di gestire la nostra vita con totalità. Questo ci risulta particolarmente difficile. Abbiamo una naturale tendenza a fare nostre un mucchio di cose: beni materiali, affetti, progetti. Ci costa terribilmente lasciare la presa, perché abbiamo l’impressione di perderci, di morire.
“Chi vorrà salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà” (Matteo 16:25). Colui che accetta questa morte del distacco, della rinuncia, trova la vera vita. L’uomo che si abbarbica a qualcosa, che vuole salvaguardare un campo qualunque della sua vita per gestirlo a sua convenienza, senza abbandonarlo radicalmente nelle mani di Dio, fa un pessimo calcolo: si carica di inutili preoccupazioni, si espone all’inquietudine di perdere tutto.
L’autosufficienza, l’amor proprio, l’orgoglio e la vanità rinchiudono l’anima in sé stessa e interrompono il flusso delle acque della grazia di Dio.
Quanto spesso cerchiamo di far concentrare la nostra mente e la nostra vita su ciò che è terreno e momentaneo anziché su Dio. Quanto timore di perdere e di non avere, e quanto siamo ingannati.
Quante volte arriviamo a disperarci perché ci sentiamo persi, abbandonati e traditi, dimenticando che abbiamo un Dio che sempre ha cura di noi. Arriviamo ad essere stanchi dei tormenti e delle paure, col solo desiderio di scappare lontano da tutti e, nello stesso tempo, consumati dai sensi di colpa, finire per odiare chi prima amavamo e riempirci di rancori ed amarezze senza senso.
Vista questa condizione dell’uomo, potremmo dire che a Dio piace porci in situazioni e posizioni che hanno il potenziale di mettere a dura prova le nostre aree di schiavitù. E Dio vuole delle impavide figlie pronte a combattere tutto ciò che si oppone a lui nella nostra vita.
Egli ama dare l’opportunità di affrontare ciò che temiamo, perché quando affrontiamo ciò che temiamo di più, allora diventiamo impavidi e fiduciosi nei Suoi confronti, nei Suoi pensieri, nelle Sue vie.

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