“Che t’importa? Tu seguimi” (Giovanni 21:22)

Ognuno ha la sua strada da percorrere secondo la volontà di Dio. Dobbiamo lasciare a Dio di essere Dio e accettare che Lui è mistero e noi non siamo capaci di conoscere le Sue vie.
Nessuno può concentrarsi seriamente sul progetto personale e divino che Dio ha per ognuno, se non impara a rimanere focalizzato totalmente sulla strada che è stata precedentemente preparata per lui o per lei.
Tanti dei nostri tentennamenti e dei nostri fallimenti hanno proprio origine in questa tendenza innata, che ci porta continuamente a paragonarci gli uni agli altri.
Dovremmo sbarazzarci di una tale inutile zavorra.
Dai nostri confronti spesso quello che percepiamo e che di conseguenza ci paralizza, è un senso d’ingiustizia che ci fa risentire Dio perché, a nostro parere, ci sono altri che viaggiano su una corsia preferenziale. I nostri giudizi sono invece sempre totalmente fuorvianti.
Gesù dice a Pietro che non sono affari suoi quello che ha programmato per Giovanni. Pietro deve impegnarsi a pensare a sé stesso, e alla sua responsabilità, e non preoccuparsi degli altri.
Dio non ci dà le stesse prove e le stesse responsabilità. A volte, ad uno dà una prova molto pesante, mentre ad un altro dà una prova molto leggera. È sbagliato confrontare le nostre prove con quelle degli altri, come anche le nostre responsabilità con quelle degli altri. Ognuno deve impegnarsi ad obbedire a Dio.
Altrimenti saremo persone che interferiscono in ciò che Dio ha preordinato per gli altri.
Una delle più severe lezioni che ci vengano somministrate, la riceviamo a causa della nostra ostinazione a rifiutare di non intrometterci nella vita altrui.
Il interferire nella vita di un’altro, o proporre cose che non sta a te di proporre, o il dare consigli quando non hai alcun diritto di darli, non fa che causare un ristagno spirituale. La maggior parte di noi vive la propria vita spirituale entro i limiti della consapevolezza – servendo consapevolmente, essendo devoti a Dio consapevolmente. Ma questo tipo di vita spirituale è immaturo, non ancora la vita vera. È la vita di coloro i quali Dio ha detto di essere servi malvagi e malfattori, mai stati conosciuti da Dio.
La maturità sarà raggiunta quando sapremo vivere come i fanciulli, che non sono mai consci di sé; e allora ci affideremo a Dio in modo così totale che non ci accorgeremo nemmeno più che Egli si serve di noi. Il traguardo da raggiungere è quello di una condizione in cui non esiste la consapevolezza di ciò che Dio fa attraverso di noi.

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