Terroristi islamici conquistano Mosul, seconda città dell’Iraq. Cristiani in fuga di notte con i bambini: «Possiamo andare avanti tre giorni»

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IRAQ_-_persone_in_fuga«I fondamentalisti islamici hanno preso il controllo di tutta la città. La maggior parte delle famiglie è scappata, tutti i cristiani si sono dati alla fuga di notte». È drammatico il racconto che fa a tempi.it monsignor Amel Nona, arcivescovo di Mosul, la seconda città più importante dell’Iraq, che è stata ormai conquistata dopo due giorni di battaglia dai terroristi dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil), che combattono anche in Siria.

«L’ESERCITO È FUGGITO». L’Isil si era già impadronito a inizio anno della città di Falluja, ora ha in mano anche gran parte della provincia settentrionale di Ninive, di cui Mosul è capoluogo. Ma gli insorti sono anche avanzati verso sud-est, nelle provincie di Kirkuk e Salahuddin.
Nessuno a Mosul si aspettava la caduta della città: «Siamo stupiti. In città c’erano tanti soldati e poliziotti, ma da una sera all’altra hanno lasciato completamente la città in mano ai fondamentalisti. Sono andati via. La gente allora ha avuto paura ed è scappata: non solo cristiani, anche musulmani».

«CHIESE E SCUOLE ABBANDONATE». Le famiglie fuggite saranno «almeno cinquemila». Si parla dunque di decine di migliaia di persone. «Abbiamo abbandonato scuole, posti di lavoro, chiese e ci siamo rifugiati nella pianura di Ninive, in alcune città», continua l’arcivescovo. «Stiamo cercando di trovare un posto per tutti ma stiamo male. Tante famiglie hanno camminato cinque, sei ore terrorizzati, con i bambini. È tutto molto triste». Ora nessuno sa cosa fare perché «tutti hanno paura di tornare in città», anche visto come l’Isil ha trasformato in califfati islamici le città siriane che ha conquistato, imponendo la sharia, il tributo ai cristiani e crocifiggendo in piazza delle persone.

«POSSIAMO ANDARE AVANTI TRE GIORNI». Ora però non si sa come gestire queste migliaia di profughi: «Non si può vivere così. Si può andare avanti due o tre giorni ma non di più. La prima cosa da fare è aiutare queste persone, poi però bisogna trovare una soluzione per la città, che conta due milioni e mezzo di persone. Anche per le altre città vicine non è facile accogliere così tanta gente».
Ora, conclude monsignor Nona, «noi abbiamo speranza in Dio che ci aiuti a trovare il modo di uscire da questa situazione drammatica. Poi però i politici devono trovare tra di loro una soluzione politica per l’Iraq. Abbiamo bisogno di un governo e di uno Stato forte, altrimenti l’Iraq andrà in rovina».

Fonte: http://www.tempi.it/

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