L’ETERNO NOSTRA GIUSTIZIA-GEORGE WHITEFIELD
“Questo sarà il nome con cui sarà chiamato: l’Eterno nostra giustizia” (Geremia 23:6).
Chiunque conosce la natura dell’uomo, e in particolare le propensioni del suo cuore, deve riconoscere che la pretesa di essere giusto davanti a Dio è l’ultimo idolo a dover essere sradicato dal cuore. Essendo stati creati per osservare il patto delle opere, è naturale per noi tutti cercare di ottenere la salvezza eterna tramite l’ubbidienza a un patto basato sulle opere. E quel diabolico orgoglio che dimora in noi dalla caduta dell’uomo e dalla sua separazione da Dio, ci porta a gloriarci di noi stessi quasi che fossimo noi gli autori, almeno in parte, della nostra salvezza. Giustamente protestiamo contro il papismo, ma in pratica siamo tutti papisti e non esito ad affermare che per natura siamo tutti arminiani (l’arminianesimo è una dottrina che afferma che non è Dio a scegliere per grazia le persone affinché siano salvate, ma sono i peccatori a decidere di propria iniziativa se essere salvati o meno, N.d.T.); l’uomo carnale si illude di poter presentare a Dio una giustizia propria: ecco perché sono così tanti coloro che abbracciano questa dottrina. È vero che rigettiamo la dottrina della salvezza per opere e non abbiamo il coraggio di affermare di meritare il favore di Dio; tuttavia, come osserva con precisione l’apostolo, ignorando la giustizia di Dio cerchiamo, come i Farisei del passato, di stabilire la nostra, e non ci sottomettiamo alla giustizia di Dio (cfr. Romani 10:3).
Questo è il male peggiore, ma, ahimè, è anche quello più comune. Un male che non è mai stato denunciato a sufficienza in nessuna epoca, specialmente in quella in cui viviamo, e che si è diffuso anche tra i ministri della Parola. Infatti, persino dove un tempo la verità che è in Gesù veniva predicata con franchezza, molti ministri dell’Evangelo si sono allontanati dall’esempio di fede dei loro predecessori. Le dottrine della grazia e in particolare la dottrina della sufficienza della giustizia di Cristo, sono raramente predicate e sempre con molta superficialità; perciò l’amore dei più si va raffreddando. La giustizia di Gesù Cristo è uno di quei grandi misteri che gli angeli desiderano conoscere profondamente. Sembra che questa sia una delle prime lezioni che Dio ha ritenuto opportuno insegnare all’uomo dopo la sua caduta nel peccato. Infatti, che cos’erano le tuniche di pelle che il Signore fece a Adamo e a sua moglie se non una figura simbolica dell’imputazione dei meriti e della giustizia di Cristo al credente? La Scrittura afferma che le tuniche erano state fatte con la pelle di animali. Siccome allora le fiere non servivano come cibo, deduciamo che Dio ne sacrificò alcune per commemorare ed anticipare il grande sacrificio di Gesù Cristo. Così Adamo ed Eva impararono che per coprire la loro nudità era necessaria la giustizia dell’Agnello di Dio. Questo è altresì quello che dobbiamo intendere quando leggiamo che “Abrahamo credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto di giustizia” (Galati 3:6). In breve, questa dottrina è quella preannunciata dalla legge e dai profeti, specialmente da Geremia che chiamò l’Eterno “nostra giustizia”.
Con l’aiuto della grazia di Dio, mi propongo di considerare i seguenti punti: PRIMO, chi è colui che il profeta chiama “Eterno”; SECONDO, in che modo l’Eterno, cioè Gesù Cristo, diventa la giustizia dei credenti; TERZO, quali sono le principali obiezioni mosse a questa dottrina; QUARTO, quali sono alcune delle tragiche conseguenze causate dal rifiuto di questa verità; QUINTO, concluderò esortando tutti quanti voi a venire a Cristo per fede, affinché possiate dichiarare con l’antico profeta: “L’Eterno è la nostra giustizia”.
1. Chi è, dunque, colui che Geremia chiama Eterno? Se qualche Ariano o Sociniano (dottrine accomunate dalla negazione della divinità di Cristo, N.d.T.) è stato condotto dalla propria curiosità ad ascoltare quello che ha da dire un cianciatore come me, si vergognino di non riconoscere che Cristo è il Dio che ha acquistato un popolo di peccatori col proprio sangue! Infatti, la persona di cui parla il nostro testo chiamandolo “Eterno” altri non è che Gesù Cristo! Geremia proclama: “Ecco, i giorni vengono, dice l’Eterno, nei quali susciterà a Davide un germoglio giusto, che regnerà da re, prospererà, ed eserciterà il giudizio e la giustizia nel paese. Nei suoi giorni Giuda sarà salvato e Israele dimorerà al sicuro. Questo sarà il nome con cui sarà chiamato: l’Eterno nostra giustizia” (Geremia 23:5-6). Tutti quanti sono d’accordo nell’affermare che il “germoglio giusto” di cui parla il profeta è Gesù Cristo. Egli è colui che viene chiamato Eterno! Se nella Bibbia non ci fossero altri testi che provassero la divinità di Cristo, quello che abbiamo letto sarebbe già sufficiente; perché se Cristo può essere chiamato Eterno, ciò significa che Egli è Dio. Come è spiegato a margine delle vostre Bibbie, “Eterno” è la traduzione di Yahweh, cioè del nome essenziale di Dio.
Venite, dunque, voi Ariani! Rendete omaggio al Figlio, prostratevi davanti a lui ed onoratelo come onorate il Padre! Imparate dagli angeli del cielo, i quali adorano Cristo confessando che Egli è Dio! Altrimenti, sarete anche voi degli idolatri come coloro che adorano la vergine Maria. E voi, o Sociniani, che professate Gesù Cristo quale vostro Salvatore, eppure ritenete che Egli sia solo un uomo! Questa vostra convinzione è motivo di condanna davanti a Dio. Infatti, se Cristo fosse un semplice uomo, non sarebbe altro che un “braccio della carne” e voi sareste sotto maledizione, perché sta scritto: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo e fa della carne il suo braccio” (Geremia 17:5). Spero vivamente che non ci sia nessuno tra voi così empio da persistere nel mantenere queste convinzioni mostruose dopo quello che è stato appena detto. E chiaro che “Eterno” è riferito a Gesù Cristo, al quale in questo passo è attribuito il nome di Yahweh. Siamo dunque certi che Egli è “Dio vero da Dio vero” o, come dichiara con fede l’apostolo, “Dio benedetto in eterno” (Romani 9:4).
2. In secondo luogo, in che modo il Signore Gesù Cristo diventa la giustizia dei credenti? La risposta è: in una parola, per imputazione. Poiché piacque a Dio, dopo aver creato tutte le cose mediante la potenza della Parola, di fare l’uomo a sua immagine e somiglianza. La condiscendenza di colui che è l’Eccelso ed abita l’eternità è stata infinita. Egli, infatti, avrebbe potuto esigere da Adamo e dai suoi discendenti una continua obbedienza ad una moltitudine di comandamenti quale condizione della vita eterna. Invece, il Creatore stabilì un patto che richiedeva all’uomo l’ubbidienza ad un solo comandamento. Quando la Scrittura dice: “Mangia pure liberamente di ogni albero del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare, perché nel giorno che tu ne mangerai, per certo morrai” (Genesi 2:16-17), deduciamo che la vita della creatura dipendeva dalla sua ubbidienza a quel precetto. Il capitolo 3 del libro della Genesi descrive dettagliatamente la triste storia della violazione di questo patto da parte dei nostri progenitori i quali, da quel momento, ebbero bisogno di una giustizia migliore di quella propria per essere considerati giusti davanti a Dio. Dopo la caduta, l’obbligo di Adamo ed Eva di sottostare a quel patto non era venuto meno. Nonostante ne avessero perso la capacità, essi dovevano continuare ad osservare perfettamente tutto quello che Dio aveva stabilito. Inoltre, essendosi resi colpevoli, adesso erano anche obbligati a soddisfare la giustizia di Dio che avevano offeso.
É a questo punto che si presenta davanti ai nostri occhi il meraviglioso scenario dell’amore di Dio per l’uomo: quello che era impossibile a noi, è stato adempiuto da Gesù Cristo! Affinché Dio potesse dimostrare la sua giustizia nel dichiarare giusto il peccatore, Cristo pur “essendo in forma di Dio, non considerò qualcosa a cui aggrapparsi tenacemente l’essere uguale a Dio, ma svuotò se stesso, prendendo la forma di servo, divenendo simile agli uomini” (Filippesi 2:6-7). Come uomo, Gesù Cristo adempì perfettamente la legge morale per noi e, inoltre, subì la morte alla croce del Calvario, dove divenne maledizione al posto di coloro che il Padre gli aveva dato dal mondo. Così, Egli acquistò una giustizia perfetta, completa e sufficiente a favore di quelli a cui doveva essere imputata. Il significato del termine “giustizia” implica che Cristo ubbidì in modo sia attivo sia passivo. Quando parliamo dei meriti del Signore, solitamente menzioniamo solo la sua morte, cioè l’aspetto passivo della sua obbedienza. Tuttavia, la sua vita, cioè la sua obbedienza attiva, è altrettanto necessaria per la nostra salvezza. Gesù Cristo non solo ha sofferto ed è morto per i peccatori, ma Egli ha anche vissuto ed ubbidito alla legge di Dio per loro. L’ubbidienza attiva e passiva di Cristo costituiscono, insieme, quella perfetta giustizia che viene imputata a coloro che credono, come ci era stata imputata la disubbidienza dei nostri progenitori. È questo il senso in cui dobbiamo intendere il discorso di Paolo nel capitolo 5 dell’epistola ai Romani quando parla del primo e del secondo Adamo (cfr. Romani 5:12-21). Questo è ciò che dice l’apostolo quando afferma che i credenti sono diventati “giustizia di Dio in Lui”, cioè in Cristo (2 Corinzi 5:21). Oltre al testo che stiamo considerando, Geremia parla di questa dottrina anche altrove dicendo: “Questo sarà il nome con cui sarà chiamata (la chiesa alla quale è stata imputata la giustizia di Cristo): l’Eterno nostra giustizia” (Geremia 33:16).
3. Sono molte le obiezioni che scaturiscono dal cuore orgoglioso e depravato contro questa dottrina gloriosa, divina e salvifica. Perciò ribatterò a quelle che ritengo essere le più importanti. In primo luogo, vi sono alcuni che per mettere in mostra la propria moralità, affermano che la dottrina dell’imputazione della giustizia di Cristo non incoraggia a compiere buone opere e conduce alla licenziosità. Ma, domandiamoci, chi sono coloro che di solito sollevano quest’obiezione? Sono costoro uomini pieni di quella fede che compie opere buone? No! È ben noto che queste persone sono generalmente corrotte e dissolute. La cosa migliore che posso dire di loro è che sono dei moralisti profani, in altre parole dei falsi moralisti! Mi appello all’esperienza del tempo presente e passato: non è forse vero che laddove la dottrina della giustificazione in Cristo è trascurata, l’iniquità abbonda? Come è sempre accaduto, le dottrine arminiane, essendo contrarie al cristianesimo, daranno vita a comportamenti non coerenti all’esempio di Cristo. D’altro canto, non vi è mai stata una vera riforma della chiesa che non sia scaturita dalla predicazione della dottrina dell’imputazione della giustizia di Cristo. Questa, come disse quell’uomo di Dio che è stato Lutero, è l’articolo di fede mediante il quale la chiesa sussiste o cade. Anche se coloro che predicano questa dottrina vengono falsamente chiamati dai loro avversari antinomisti e ingannatori, sono convinto che se la veracità dei principi sostenuti da ambo le parti dovesse essere giudicata in base al comportamento di chi li professa, sarebbero le nostre convinzioni ad essere giustificate.
Certamente, come tutte le altre dottrine della grazia, anche quella della giustificazione per fede può essere abusata. La condotta poco cristiana di qualcuno che pur parlando e riparlando dell’imputazione della giustizia di Cristo non ne ha sperimentata la potenza nel proprio cuore, ha fornito ai nemici della croce ampia occasione di bestemmiare. Questo modo di ragionare è, tuttavia, dannoso e ingiusto. L’unico interrogativo che dovremmo porci a riguardo di questa obiezione, è se è vero o no che la predicazione di questa dottrina porti alla dissolutezza. Ma ciò non è assolutamente vero! Pur escludendo le nostre buone opere come causa della nostra giustificazione, questa dottrina le richiede quale prova del fatto che ci è stata imputata la giustizia di Cristo. Vi chiedo, dunque: come può tale dottrina condurre alla licenziosità? Questa obiezione, in realtà, è una calunnia. Nella lettera ai Romani, l’apostolo Paolo mette in bocca ad un incredulo ribelle questa contestazione e nessuno, all’infuori di chi non ha sperimentato la potenza della risurrezione di Cristo nell’anima, avrebbe il coraggio di riproporla ancora oggi. Quindi, insieme all’antico profeta, affermiamo con piena certezza di fede che l’Eterno è la nostra giustizia! Come Satana si camuffa spesso da angelo di luce, così coloro che lo servono cercano di mascherare la loro ribellione, dicendo che Cristo non ha mai predicato questa dottrina, ma che, al contrario, nel sermone sul monte parla esclusivamente della moralità a prescindere dalla giustificazione per fede.
Sicuramente, coloro che propongono quest’obiezione non hanno né letto, né compreso il grande discorso del nostro Signore. In esso, infatti, la dottrina di cui stiamo parlando è chiaramente esposta per gli occhi che sono in grado di vederla. Cristo esorta a compiere buone opere e purifica la legge morale dalla corruzione delle varie interpretazioni dei farisei. É interessante notare che prima di giungere a questo punto, Gesù parla della pietà interiore, cioè della povertà di spirito, della mansuetudine, del santo cordoglio, della purezza del cuore, della fame e della sete di giustizia. Solo in un secondo tempo il nostro Signore incoraggia coloro che lo ascoltavano in quell’occasione a praticare le buone opere. Questo perché una condotta gradita a Dio è l’evidenza dell’imputazione della giustizia di Cristo. Gesù Cristo disse: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini (la luce divina che ho appena menzionato), affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli” e, subito dopo, aggiunge: “Non pensate che io sia venuto ad abrogare la legge o i profeti; io non sono venuto per abrogare (cioè non per revocarla quale regola di vita), ma per portare a compimento (ossia per obbedire ad essa in modo perfetto ed esplicarne pienamente il senso)” (Matteo 5:16-17). Dopo queste affermazioni, Cristo procede descrivendo la profondità della legge di Dio. Da tutto ciò è chiaro che nel sermone sul monte Gesù è lungi dal trascurare la dottrina della giustificazione per fede. Anzi, le sue parole la confermano, respingendo così l’obiezione che abbiamo considerato. Cristo dichiara che le buone opere altro non sono che l’evidenza dell’imputazione della sua giustizia alla nostra anima. Chi, dunque, ha orecchi da udire oda quello che dichiara il profeta: “L’Eterno è la nostra giustizia”.
Come Satana ha tentato ripetutamente il Signore usando le Scritture, così i suoi figli usano lo stesso metodo. Essi impugnano la dottrina della giustificazione per fede facendo riferimento alla storia del giovane ricco. Marco menziona nel capitolo 10 del suo vangelo un giovane che volle discutere con Gesù per sapere cosa doveva fare per ereditare la vita eterna. Siccome il racconto continua dicendo che Cristo lo fece riflettere sui comandamenti per comprendere la risposta ai suoi interrogativi, essi dicono che le opere di questo giovane avrebbero dovuto essere, almeno in parte, il fondamento della sua giustificazione. Quindi, secondo questa obiezione, la dottrina dell’imputazione della giustizia di Cristo non è scritturale. Ma questa critica è molto debole, perché, in realtà, l’esempio citato è uno dei migliori proprio per dimostrare la verità della giustificazione per fede! Osserviamo più da vicino questo giovane e qual sia l’atteggiamento di Cristo nei suoi confronti. Marco racconta al versetto 17 che mentre Gesù usciva per la via, un tale accorse (avendo questo giovane molti beni, è un episodio raro che uno come lui venga a Cristo correndo in questo modo) e, inginocchiatosi davanti a lui (il giovane fa quello che oggi i suoi pari hanno dimenticato), gli domandò: “Maestro buono, cosa devo fare per ereditare la vita eterna?” A questo punto Gesù, per vedere se il giovane credeva nella sua divinità, gli rispose: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Dio” e rispondendo direttamente al suo quesito disse: “Tu conosci i comandamenti: “Non commettere adulterio. Non uccidere. Non rubare. Non dire falsa testimonianza. Non frodare. Onora tuo padre e tua madre” (Marco 10:17-19).
In questo modo Cristo voleva far intendere al giovane ricco che la vita eterna non dipendeva dalle sue opere. Il Signore lo ha fatto riflettere sull’importanza della legge di Dio non perché la sua moralità gli avrebbe garantito il favore divino come insinuano costoro, bensì perché la legge, come un precettore, avrebbe dovuto condurlo a riconoscere in Lui, cioè in Cristo, l’unico che avrebbe potuto giustificarlo davanti a Dio. Quel giovane, avendo trasgredito ognuno di quei comandamenti, avrebbe dovuto essere convinto dell’insufficienza della propria giustizia e della necessità di possedere un fondamento migliore che gli garantisse la vita eterna. Questo è lo scopo che Cristo intendeva raggiungere. Quell’uomo, confidando nella propria giustizia, cercando di scusarsi disse: “Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia fanciullezza”. Se egli, tuttavia, avesse compreso la sua vera condizione di peccatore, avrebbe confessato di aver trasgredito la legge di Dio sin da fanciullo! Supponiamo, ad esempio, che egli non avesse mai commesso praticamente adulterio; il suo cuore, però, non aveva mai desiderato una donna facendolo cadere ugualmente in peccato? Certamente questo giovane non uccise mai nessuno e può darsi che non abbia mai sfogato violentemente la sua ira contro alcuno. Ma cosa cambia? È sufficiente che egli abbia trasgredito una sola volta il minimo dei comandamenti per essere colpevole davanti a Dio e meritare la sua condanna. Infatti è scritto: “Maledetto chiunque non persevera in tutte le cose scritte nel libro della legge per praticarle” (Galati 3:10). Quindi, come è stato detto, Cristo non nega per niente la dottrina della giustificazione per fede, bensì agisce nei confronti del giovane ricco in questo modo proprio perché vuole convincerlo della necessità che gli venga imputata la giustizia che viene da Dio.
Ma alcuni replicano che “Gesù, fissatolo nel volto, l’amò” (verso 21). E allora? L’amore di Cristo non implica necessariamente che il giovane avesse creduto in Lui per essere giustificato. I vangeli ci raccontano che Cristo fu turbato, che si indignò, che pianse, ma questi passi descrivono le varie emozioni proprie della sua natura umana. Non vi è forse una grande differenza tra l’amore verso questo giovane e l’amore che Cristo nutrì per Lazzaro, Marta e Maria? Potremmo illustrare questo punto facendo riferimento all’esperienza dei ministri dell’Evangelo. Essi amano tutti quanti e si dimostrano attenti ai bisogni di ciascuno, ma il loro attaccamento a coloro che sono nati di nuovo per opera di Dio è qualcosa di particolare, di profondo e divino. Questo esempio ci aiuta un po’ a comprendere ciò che racconta Marco. Se penserete seriamente a quello che abbiamo detto in generale circa la condizione del giovane ricco, anche voi forse sarete rattristati e, come lui, ve ne andrete. Ma, quanto a noi, la risposta di Cristo conferma la verità dell’affermazione del profeta che solo l’Eterno è la nostra giustizia.
Nonostante tutto, vi è una quarta obiezione che è basata su un passo del capitolo 25 del vangelo secondo Matteo. In questi versetti Cristo ricompensa con la vita eterna coloro che hanno sfamato chi era affamato, vestito chi era nudo e che hanno compiuto altre opere di carità. I nostri oppositori dicono che queste parole di Gesù provano che le opere sono il fondamento della giustificazione dell’uomo davanti a Dio e che, di conseguenza, la dottrina dell’imputazione della giustizia di Cristo è contraria alle Scritture. Devo confessare che questa critica è più plausibile di tutte le altre. Prima di rispondere a questa obiezione mediante la Scrittura, penso che ci sarà di aiuto tenere presenti le parole del XII articolo di fede della chiesa Anglicana, il quale afferma che “quantunque le buone opere non sono la causa della nostra giustificazione davanti a Dio, esse sono conseguenza e frutto della giustificazione. Inoltre, anche se non hanno alcun merito intrinseco, essendo frutto della fede in Cristo dell’anima rigenerata, esse riceveranno una ricompensa per grazia e non come debito. Quindi, più abbonderemo in buone opere, tanto maggiore sarà la nostra ricompensa quando Cristo verrà in giudizio”.
In Matteo 25:34 leggiamo: “Allora il Re dirà a coloro che saranno alla sua destra: ‘Venite, benedetti del Padre mio: ricevete in eredità il regno che vi è stato preparato sin dalla fondazione del mondo. Poiché ebbi fame e mi deste da mangiare, ebbi sete e mi deste da bere: fui forestiero e mi accoglieste, fui ignudo e mi rivestiste, fui infermo e mi visitaste, fui in prigione e veniste a trovarmi’”. Che queste persone non dipendessero dalle loro buone azioni per essere giustificate al cospetto di Dio, è evidente. Infatti, essi risposero: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? O assetato e ti abbiamo dato da bere? E quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato? O ignudo e ti abbiamo rivestito?” Questo modo d’esprimersi sarebbe improprio se a parlare fossero persone che confidano nella propria giustizia per ottenere il favore di Dio. Eppure, coloro che ci contraddicono replicano dicendo che nell’ultima parte del capitolo Cristo rigetta e condanna quelli che non hanno operato bene. Perciò, continuano costoro, se condanna questi per non avere fatto ciò che è giusto, salva gli altri perché hanno ubbidito alla giustizia. Quest’ulteriore cavillo non ha alcuna consistenza. Dio, infatti, potrebbe giustamente condannare l’uomo anche per la più piccola omissione dei suoi comandamenti. Egli non è assolutamente obbligato a ricompensare nessuno, anche se si fosse compiuto tutto il proprio dovere.
Tutti noi siamo dei servi inutili e non abbiamo affatto compiuto il nostro dovere! Questo è il linguaggio dell’anima che è stata santificata dalla grazia di Dio! Essa è cosciente che davanti al Signore la propria giustizia è insufficiente e che in lei non c’è nulla che le permetta di essere considerata giusta. Questo è l’atteggiamento di coloro di cui parla Matteo 25. Essendo consapevoli di queste verità, essi erano ben lontani dal confidare nelle proprie opere buone per essere giustificati e quando Cristo rivolse loro quelle parole di elogio non potevano credere a ciò che udivano. Sono persuaso che essi sarebbero indignati verso coloro che usano questo passo per controbattere l’affermazione del profeta che dichiarò che solo l’Eterno è la nostra giustizia. Penso che la dottrina dell’imputazione della giustizia di Cristo ai credenti sia stata difesa con successo. Se dovessi fermarmi a questo punto, potrei già esclamare: “In tutte queste cose noi siamo più che vincitori in virtù di colui che ci ha amati”.
4. Comunque, preferisco continuare seguendo un modo di discutere che ho sempre apprezzato per la sua efficacia, quello cioè di mostrare quali sono le conseguenze tragiche ed assurde causate dal rifiuto di questa verità. Prima di tutto, se si rigetta questa dottrina, ci si rende colpevoli di falsificare la Parola di Dio. Rifiutando tale verità si è costretti a torcere quei passi della Scrittura che proclamano che la salvezza è per grazia e non per opere. La vita eterna è dono gratuito di Dio e chi si gloria, si deve gloriare solo nel Signore. Facciamo attenzione: la giustizia di Cristo costituisce l’unico fondamento della nostra giustificazione. Se Dio fosse stato indotto a mostrarci il suo favore da una qualsiasi nostra opera da lui preconosciuta, allora avremmo motivo di gloriarci in noi stessi. Ma, nella grande opera di redenzione, ogni vanto umano è escluso! Se neghiamo la dottrina dell’imputazione della giustizia di Cristo, è come se negassimo tutta la rivelazione divina, perché essa è l’alfa e l’omega, il principio e la fine del libro di Dio. Non possiamo fare altrimenti: o rimarremo increduli, oppure crederemo alle parole del profeta: “L’Eterno è la nostra giustizia”. Inoltre, vorrei ribadire quello che ho affermato all’inizio di questo discorso e cioè che tutti siamo, per natura, arminiani e papisti! È vero che “l’arminianesimo è la via che riporta a Roma”! Anzi, oso affermare che chiunque nega la dottrina dell’imputazione della giustizia di Cristo, in realtà non è altro che un papista, qualunque sia il nome che attribuisce a se stesso!
Cosa direste se fossi venuto a voi incoraggiandovi a rivolgere le vostre preghiere ai santi affinché essi intercedessero per voi presso Dio? Non mi avreste considerato un papista blasfemo e mi avreste cacciato via? Penso proprio di si! L’intercessione di Gesù Cristo è sufficiente di per sé e non ce n’è bisogno di un’altra. Se vi dicessi che la morte di Cristo non basta, ma che per ottenere una giustizia sufficiente dovreste aggiungere ad essa anche la vostra, come reagireste? Non sareste indignati con me? E non mi accusereste di essere uno che diffonde false dottrine? Allora, se è blasfemo ritenere insufficiente l’intercessione di Cristo senza quella dei santi, e se è un’empietà credere che il sacrificio di noi stessi debba andare ad aggiungersi a quello di Cristo, giudicate voi se non è altrettanto blasfemo ed empio pensare che, oltre a quella del Signore, sia necessaria altresì la nostra obbedienza, totale o parziale che sia! Oh, quali tremende conseguenze derivano dal nostro rifiuto di credere che solo l’ubbidienza del Signore Gesù Cristo è la nostra giustizia!
L’ultima conseguenza che scaturisce dalla negazione di questa dottrina, è che coloro che la negano non avranno alcuna speranza nel giorno del giudizio di Dio. Avete voluto affidarvi alla vostra ubbidienza della legge? Allora sarete giudicati dalla legge! Ciò che avrete compiuto sarà pesato sulla bilancia di Dio e sarete trovati mancanti! Saranno proprio le vostre opere quelle che vi condanneranno, perché comparendo davanti al Padre senza Cristo, sarete consumati dal giudizio di Dio. Il noto Solomon Stoddard di Northampton (un ministro dell’Evangelo protagonista di diversi risvegli religiosi, predecessore di Jonathan Edwards, N.d.T.) ha intitolato un suo libro “La nostra sicurezza nel giorno del giudizio è la giustizia di Cristo”. Perché appoggiarsi ad una canna rotta, quando potete edificare la vostra fede sulla Rocca eterna che non può essere smossa? Dov’è il sapiente? Dov’è lo scriba? Dov’è il contestatore di questo secolo? C’è qualcosa di più ragionevole della dottrina della giustificazione per fede? Non avete percepito la potenza della Parola, mentre ascoltavate questi ragionamenti? Perché, allora, non vi affidate al Signore Gesù Cristo credendo in lui affinché diventi anche la vostra giustizia?
5. È giunto il tempo di pungolare un po’ più a fondo le vostre coscienze. Anche se alcuni di voi disprezzano questa dottrina, sono certo che per molti altri è preziosa e conforme a ciò che avete udito sin dalla vostra fanciullezza. Lasciate che vi chieda: potete dire che il Signore è la vostra giustizia? Dico: LA VOSTRA giustizia! Se conoscete questa dottrina solo intellettualmente, senza essere uniti al Signore Gesù Cristo mediante una fede vera e salvifica, la vostra condanna sarà maggiore. Come spesso vi ho detto nel passato, vi ripeto anche ora che se non sentite Cristo nel cuore non siete affatto uniti a Lui. Potete rivolgervi a Gesù Cristo esclamando come Tommaso: “Signor mio e Dio mio” ? Cristo è la vostra santificazione, oltre che la vostra giustizia? Infatti, il termine “giustizia” nel nostro testo non implica solo l’imputazione della giustizia di Cristo, ma altresì la santificazione dei nostri cuori. Dio ha unito insieme queste due grazie ed esse non sono mai state, né mai saranno, divise! Se il sangue dell’Agnello vi ha giustificati, il suo Spirito vi ha anche santificati interiormente. Potete dire, in questo senso, che il Signore è la vostra giustizia? Siete mai stati portati ad aborrire voi stessi a causa del peccato originale e dei peccati che avete effettivamente commesso? Vi siete mai vergognati di quella che pensavate fosse la vostra giustizia e che Isaia chiama “abito sporco” ? I vostri occhi sono stati mai aperti per contemplare la completa sufficienza della giustizia di Cristo? Lo Spirito Santo vi ha mai resi affamati ed assetati di questa giustizia? Oh, beato giorno quando comparirò alla presenza di Dio rivestito delle vesti della salvezza ed avvolto nel manto della giustizia di Cristo! Solo Cristo! Solo Cristo! Donami Gesù Cristo, o Dio! Allora sarò soddisfatto e l’anima mia ti loderà per l’eternità!
È questo il linguaggio del vostro cuore? Se siete passati attraverso questi conflitti interiori, siete stati poi resi capaci di stendere le braccia della fede per abbracciare Gesù Cristo esclamando: “Il mio diletto è mio e io sono sua” (Cantico dei Cantici 2:16) ? Se questo è ciò che è avvenuto, chiunque voi siate, non avete nulla da temere. Voi siete beati, perché il Signore, il Signore Gesù Cristo, il Dio eterno, è la vostra giustizia! Cristo vi ha giustificati, chi potrà condannarvi? Cristo è morto per voi ed è anche risorto e vive intercedendo continuamente per voi presso il Padre. Ora, essendo stati giustificati per la sua grazia, godete pace con Dio e siete eredi della vita eterna e dei tesori eccelsi che Dio ha preparato per coloro che lo amano. Questa è la vostra certezza, perché non c’è alcuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù. Cari fratelli, grande è l’amore che sento per voi! Pensate all’amore di Cristo che è morto per salvarvi! Se, dunque, il Signore è la vostra giustizia, sia questo l’argomento dei vostri discorsi. Proclamate la giustizia di Cristo e parlate continuamente di essa! Meditate sulla grandezza del dono e su quella del donatore! Confessate al mondo chi è colui nel quale avete creduto! La vostra condotta testimoni che Cristo vi ha giustificati! Siate santi, perché colui che vi ha chiamati e vi ha purificati mediante il suo prezioso sangue è santo! Che la giustizia di Cristo non sia biasimata per causa vostra ed Egli non sia ferito “nella casa dei suoi amici”. Ogni giorno crescete nella grazia e nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. Oh, meditate sull’amore che ha portato Cristo alla morte della croce! Che quell’amore vi costringa all’ubbidienza! Avendo ricevuto un perdono così grande, sia grande anche il vostro amore! Pensate sempre a come meglio potreste esprimere la vostra gratitudine a colui che vi ha resi partecipi della sua giustizia. Umiliando voi stessi ed esaltando Dio, domandatevi in continuazione: “Perché hai scelto me, Signore? Perché io e non altri? Perché io posso confessare che il Signore è la mia giustizia? Perché Cristo è la mia salvezza, mentre non merito altro che la sua condanna e il suo giudizio?”.
Cari fratelli, adesso devo rivolgere la mia attenzione ai peccatori che sono ancora senza Cristo. Ahimè! Il mio cuore è grandemente addolorato! Che moltitudine qui davanti a me! Quanto è breve il tempo che ci separa dall’eternità! Eppure, se Dio dovesse chiamare ognuno di voi a comparire davanti a Lui, come sarebbero pochi coloro che, alla sua presenza. potrebbero confessare che il Signore Gesù Cristo è la loro giustizia!
Peccatori, pensate voi di poter sussistere nel giorno del giudizio se Cristo non vi ha rivestito della sua giustizia? No! Assolutamente no! Quello è l’unico abito col quale potrete presentarvi davanti al giudice di tutta la terra. Oh peccatori senza Cristo, sono angosciato per voi! Il desiderio del mio cuore è che siate salvati. Che questo sia il giorno della grazia! Vi domando: “Come fuggireste se la morte vi cogliesse impreparati e spogli?” Sappiate che non potrete nascondervi dalla presenza di Dio. Quella pietosa cintura di foglie di fico che è la vostra giustizia, non potrà coprire la vostra nudità quando Dio vi chiamerà a comparire davanti a Lui! Pensate alla morte! Pensate al giudizio! Ancora un po’ ed il tempo non sarà più e cosa sarà di voi se il Signore non è la vostra giustizia? Pensate forse che sarete risparmiati? No! Colui che vi ha creati non avrà alcuna misericordia! Se Cristo non è la vostra giustizia, Egli stesso pronuncerà la vostra condanna! Potete sopportare un tale pensiero? Come potrete ascoltarlo quando vi dirà: “Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli” ? Come potrete vivere in quel luogo infernale? La vostra carne è forse di bronzo e le vostre ossa di ferro? E se anche fossero tali, voi non potreste resistere al fuoco preparato per Satana e per i suoi angeli. Che pensieri tremendi! Come potrete sopportare di essere separati eternamente da Cristo? Interrogate i santi che, quando Dio li priva della sua presenza, camminano nelle tenebre. Certo, questa è un’esperienza che dura per breve tempo. ma provate a domandare a queste persone di spiegarvi cosa significhi per loro perdere di vista Cristo ed essere privati della sua presenza! Guardate come costoro cercano il loro amato Signore con timore e pentimento in continuazione! Se, dunque, è così terribile essere privati di Cristo solo per poche ore o per pochi giorni, quanto più tremendo e doloroso sarà l’essere separati da lui per tutta l’eternità!
Se Cristo non è la vostra giustizia, questo è proprio ciò che avverrà a voi. Infatti, la giustizia di Dio deve essere soddisfatta e, perciò, a meno che la giustizia di Cristo non diventi vostra, sarete voi a dover soddisfare le richieste della giustizia divina, sopportando il peso di un’eterna condanna ai tormenti dell’inferno! Mi sembra di vederli quei poveri peccatori tutti tremanti e privi della giustizia di Cristo. Eccoli lì, sul banco degli imputati che invano supplicano Dio che sia un angelo o un arcangelo a pronunciare la sentenza. Invece sarà Cristo, il giudice dei vivi e dei morti, a dichiarare l’irrevocabile condanna. Consapevole dunque del timore che si deve avere del Signore, voglio convincervi a credere in Cristo ed a non darvi pace finché non potrete chiamare Cristo “Eterno nostra giustizia”. Chissà se il Signore non avrà misericordia di voi e perdonerà il vostro peccato! Chiedete a Dio di donarvi la fede, affinché possiate essere resi partecipi di Cristo e della Sua giustizia. Non lasciatevi fermare dalla grandezza e dal numero dei vostri peccati! Siete dei peccatori? Anch’io lo sono. Siete “il primo dei peccatori” ? Lo sono anch’io. Siete degli sviati? Anch’io mi sono sviato. Eppure, il Signore è la mia giustizia. Sia benedetta la ricchezza della sua grazia gratuita e sovrana!
Voi giovani uomini, venite a Cristo! Voi che seguendo i passi del figlio prodigo avete abbandonato la dimora del vostro Padre celeste, tornate a casa, tornate a casa e lasciate perdere i “maiali” che vi hanno tenuti occupati finora. Smettetela di cibarvi dei baccelli sensuali che il mondo vi offre e, nel nome del Signore Gesù Cristo, alzatevi e tornate alla casa del Padre! Non udite la voce di Dio che vi chiama? Coloro che ritorneranno al Padre saranno rivestiti dell’abito più bello, cioè della giustizia di Cristo. Considerate attentamente il valore di questo dono ineffabile. Pensate a quale prezzo è stato acquistato: il prezioso sangue del Figlio di Dio! Riflettete anche sul bisogno che avete della giustizia di Cristo; infatti, senza di essa siete miseri, perduti e sotto l’ira di Dio.
Tornate a casa, tornate a casa! Oh, che Dio abbassi i Suoi cieli e discenda con la Sua misericordia! Vieni Figlio di Dio! Scendi tra noi e fa che il tuo buono Spirito renda questi peccatori partecipi della tua giustizia, rivestendo le loro anime con l’abito della salvezza!
Venite a Cristo anche voi giovani donne. Voi curate i vostri corpi, ma vi preoccupate anche di adornare le vostre anime? Potete confessare con piena certezza di fede che il Signore è la vostra giustizia? Chi, tra voi, si è mai data pensiero di essere rivestita dell’abito della salvezza e del manto della giustizia di Cristo? Sapete che senza Cristo la vostra bellezza al cospetto di Dio è come quella di un sepolcro imbiancato? Non disprezzate l’unico ornamento vero ed importante! Cercate il Signore e la sua giustizia con tutto il cuore, prima che sia troppo tardi!
E cosa dirò a voi, uomini e donne di mezza età? Cosa dirò a voi, uomini d’affari e casalinghe indaffarate? Se il Signore non è la vostra giustizia, che profitto avete di tutta la fatica che sostenete sotto il sole? A cosa serve il travaglio del mercante, se non trova la perla di gran valore? A che scopo affannarsi tanto, cara Marta, se non possiedi l’unica cosa che è veramente necessaria? Perciò, non inquietatevi per il cibo che perisce, ma cercate il Signore e la sua giustizia che vi assicurerà la vita eterna.
Vedo anche che ci sono molti capi canuti tra quali, probabilmente, molti non possono dire che il Signore è la loro giustizia. I vostri capelli bianchi dovrebbero essere la vostra gloria, invece sono la vostra vergogna, perché non sapete ancora chiamare il Signore ‘nostra giustizia’. Affrettatevi, dunque, a cercare il Salvatore! Ahimè, vedo che molti tra voi hanno già un piede nella tomba, che il vostro sole sta per tramontare e che sarete presto nelle tenebre eterne. Fuggite, fuggite e salvatevi la vita! Non temete e ricordatevi che tutte le cose sono possibili a Dio. Sebbene l’ora sia tarda, se verrete a Cristo non sarete affatto respinti. Anche voi, dunque, cercate il Signore affinché Egli diventi la vostra giustizia ed invocatelo perché conosciate per esperienza come un uomo possa rinascere quando è già vecchio!
Ma non devo dimenticare i piccoli fanciulli. Uno degli ultimi comandamenti di Cristo è stato proprio quello di pascere i Suoi agnelli. Perciò voglio continuare a predicare dicendo che Gesù può essere anche la loro giustizia e che il Regno dei cieli appartiene a chi è come loro. Venite bambini, venite a Cristo ed Egli sarà la vostra giustizia! Non dite in voi stessi che siete troppo piccoli per convertirvi. Alcuni tra voi hanno nove o dieci anni e non possono dire di essere partecipi della giustizia di Cristo, ma vi assicuro che vi sono bambini più giovani di voi che, invece, possono confessarlo. Venite mentre siete così piccoli, perché potreste anche non vivere abbastanza per avere l’occasione di farlo in futuro. Se i vostri genitori non vengono a Cristo, venite senza di loro e poi siate voi a convincerli a credere in Lui per essere giustificati. Il nostro Signore Gesù Cristo ama i fanciulli e per questo Egli mi ha incaricato di farvi sapere queste cose e di nutrirvi come piccoli agnelli. La mia preghiera a Dio è che anche voi possiate affermare che il Signore è la vostra giustizia.
Prima di concludere devo rivolgere qualche parola di esortazione ai poveri negri. Gesù Cristo, infatti, è morto anche per loro. Non mi rivolgo a voi alla fine perché vi disprezzo, bensì perché desidero che quello che vi dirò rimanga impresso più profondamente nei vostri cuori. Cercate il Signore affinché Egli diventi la vostra giustizia! Anche voi potete trovare il Salvatore, perché in Cristo “non c’è né maschio né femmina, né schiavo né libero”! Anche voi, se credete in Cristo, potete diventare figli di Dio. Non avete mai letto nella Bibbia la storia dell’eunuco, ministro di Candace, regina d’Etiopia? Egli era un negro proprio come voi. Questo eunuco credette. La giustizia di Cristo divenne la sua giustizia. Egli fu battezzato. Credete e anche voi sarete salvati. Cristo è lo stesso oggi come ieri, e vi laverà col Suo sangue. Andate a casa allora, fate di questo testo una preghiera, ed implorate il Signore affinché Egli diventi la vostra giustizia.
Vieni Signore Gesù, vieni presto, riempi ogni cuore! Amen, Signore Gesù, Amen ed Amen!
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