Tempeste di Roberto Bracco

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“Ora noi sappiamo che tutte le cose cooperano al bene per coloro che amano Iddio…” (Romani 8:28)

E’ una parola che ci conforta, è una parola che ci incoraggia, ed è anche una parola che ci illumina intorno alla personalità di Dio, intorno ai metodi di Dio. E questa luce risplendente, illumina non soltanto la nostra mente, la nostra vita, ma anche il nostro sentiero spirituale, il nostro sentiero cristiano e ci aiuta a sostenere le vicende che noi incontriamo, le circostanze che si presentano davanti a noi.

Infatti quando noi affrontiamo la nostra vita, nella luce di Dio, con la conoscenza della sua volontà ma anche con la conoscenza dei suoi piani, noi realizziamo in noi stessi una vitalità spirituale, una forza che viene dal cielo e che ci consente di rimanere saldi, fermi, in tutte le situazioni e di affrontarle, e di affrontarle fino alla vittoria. E il Signore vuole che noi sosteniamo le cose che si presentano davanti a noi vittoriosamente. Vuole che tutte le circostanze della nostra vita si concludano con un trionfo. Un trionfo per la chiesa, un trionfo per ogni credente. Ed è proprio per questo motivo che continua a ricordarci lungo il nostro cammino, nella nostra vita spirituale che “tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio”. E continua a ricordarcelo affinché noi impariamo questa lezione, penetriamo profondamente in questo insegnamento.

L’apostolo Paolo l’aveva imparata, e con lui l’avevano anche appresa i suoi collaboratori e i fratelli che stavano vicino a Lui. Infatti egli può affermare “noi sappiamo “. Egli era a conoscenza di questa verità e il possesso di questa verità gli dava forza, gli dava coraggio, gli permetteva di scrivere “io stimo che le sofferenze del tempo presente non possono essere paragonati alla gloria che deve essere manifestata a nostro riguardo”. Come gli permettevano di accettare le persecuzioni, di sostenere le contraddizioni, di andare incontro ai pericoli e rimanere sempre fermo, sempre fedele, sempre disposto a fare la volontà di Dio e ad assolvere il ministerio dell’Evangelo. Paolo aveva imparato questa lezione, noi abbiamo bisogno ancora di studiarla per imparare e imparare sempre di più, affinché arriviamo ad una condizione che ci permetta di dire: “or noi sappiamo che tutte le cose cooperano al bene”. Ma dirlo non in senso teorico, in maniera astratta, ma fondati sulla nostra esperienza, basati sulla nostra fede, sulla luce ricevuta direttamente dal Signore, per camminare nelle sue vie e fare la sua volontà. E quando ci riferiamo al fatto che tutte le cose cooperano al bene, non dobbiamo riferirci soltanto alle circostanze, alle situazioni, ma dobbiamo riferirci anche alle cose nel senso concreto di questo termine, a tutte le realtà che stanno intorno a noi e davanti a noi. Perché dobbiamo credere, come scritto nel Salmo 24, “che al Signore appartiene la terra e tutto quello che è in essa”, e dobbiamo anche credere che il Signore è sempre pronto ad usare la terra e tutto quello che è in essa per la nostra benedizione, per la benedizione della sua chiesa, e per la benedizione di ogni credente.

Io credo che proprio per questo motivo l’apostolo Paolo scriveva indirizzandosi ai suoi fratelli: “Ogni cosa è vostra”.

Dio ha messo tutto a vostra disposizione: le cose presenti, le cose future, Paolo, Pietro, la vita, la morte, ogni cosa è vostra, perché ogni cosa appartiene al Signore. Il Padrone di tutte le cose è sempre pronto a regalare queste cose alla Sua chiesa, può usare queste cose per benedire la sua chiesa. E noi vogliamo crederlo, vogliamo quindi guardare alla realtà della vita, non con l’occhio della carne, non dal punto di vista razionale, umano, ma con l’occhio dello Spirito, dal punto di vista di Dio. Così possiamo penetrare nei misteri di Dio, e comprendere le opere di Dio, i metodi di Dio, e vivere serenamente nella Sua grazia e nella Sua gioia.

Considerando questo argomento spirituale, sono andato con la mia mente in uno dei libri della Bibbia, il libro di Giona. In questo libro, in sintesi è affermata proprio questa verità, ed è affermata per ricordarci che Dio ha tutto a sua disposizione, ed è pronto ad usare tutte le cose per edificare il Suo popolo, per benedire il Suo popolo. Leggiamo attentamente il libro del profeta Giona e possiamo constatare, attraverso le sue pagine, che Dio è pronto ad usare le forze inconsce della natura, gli elementi del mondo animale, le cose del mondo vegetale: tutte queste cose appartengono Lui, sono a Sua disposizione, ed Egli è pronto ad usarle per glorificare il Suo nome, ma anche per il bene dei suoi figliuoli, di coloro che credono in lui. Qualche volta per il bene del ministerio, o per il bene dei ministri. Nel caso di Giona possiamo riferirci proprio a una situazione di questo genere: Giona, che spesso ricordiamo come il “profeta disubbidiente”; aveva ricevuto un ordine preciso: quello di recarsi nella città di Ninive, e predicare un messaggio capace di suscitare ravvedimento e umiliazione.

Ma Giona voltò le spalle all’ordine del Signore, e lo fece spinto da un sentimento tutt’altro che encomiabile. Egli conosceva la misericordia del Signore, e conosceva anche l’efficacia del suo messaggio e della Sua Parola. Così in se stesso aveva concluso: predicando questo sermone posso suscitare l’umiliazione e il ravvedimento degli abitanti di Ninive, e una volta che si saranno convertiti Dio userà misericordia nei loro confronti. Invece di eseguire la sentenza li perdonerà, e non sono degni di essere perdonati. Devono essere castigati da Dio. E perché questo castigo venga su di loro, io non vado a predicare il messaggio che il Signore mi ha affidato. La sua decisione fu tra le più infauste, perché qualunque decisione in contrasto con l’ordine di Dio e la volontà di Dio è una decisione infausta, ed è perciò che noi riguardiamo a lui come al profeta disubbidiente: quel profeta che paga il suo biglietto, prende il suo posto sulla nave, e tenta di raggiungere la parte opposta del Mediterraneo. Ma il Signore mandò una tempesta, una fiera tempesta su quel mare dove navigava Giona e dove naturalmente si trovavano i marinai che lavoravano su quella nave. Una tempesta. Il Signore è Padrone degli elementi. Noi spesso quando parliamo di tempesta in riferimento a Dio, concludiamo che Signore è sempre pronto a calmare le tempeste, acquietare il mare, a far venire la bonaccia. Ma il Signore, dobbiamo ricordare, è sempre pronto anche a far venire le tempeste. Egli è il Padrone di ogni cosa, e quindi anche gli elementi della natura può usarli per un fine educativo, per un fine didattico. Infatti quella tempesta, che il Signore fece scatenare su quel mare, aveva uno scopo nel piano di Dio. Egli non voleva distruggere quei marinai, non voleva che quella nave facesse naufragio, non voleva colpire nessuno. Voleva semplicemente richiamare al dovere il Suo servitore. E sia Benedetta ogni tempesta che a questa finalità per la nostra vita, sia Benedetta ogni tempesta che ci richiama verso il Signore per fare la sua volontà e per umiliarsi nella sua presenza. Infatti noi sappiamo che questa tempesta ebbe un fine, che noi riconosciamo perfettamente aderente al piano che il Signore aveva prestabilito ma che noi riconosciamo anche perfettamente salutare per il profeta di Dio. I marinai erano agitati per quella tempesta. Qualcosa che stava molto al di là delle loro capacità nautiche. Si sentivano impotenti di fronte all’agitarsi delle onde. Ed infatti con tutti i mezzi a loro disposizione cercarono di risolvere il problema. Ma il problema era più grande di loro e correndo da un punto all’altro della nave arrivarono anche in quel cantuccio dove c’era Giona addormentato, lì nella stiva, nel fondo della nave. Svegliarono quell’uomo che dormiva e lo rimproverarono bruscamente: noi siamo tutti in pericolo di vita e tu stai dormendo? Ma prega il tuo Dio che possa usare misericordia verso di noi.

Cari nel Signore, una richiesta interessante, vero? Interessante perché riceve luce dal fatto che Giona aveva dichiarato apertamente perché aveva preso posto su quella nave. Quindi sapevano bene che stava fuggendo davanti a Dio. E potevano invitarlo a pregare Dio. Ma Giona esplicitamente dichiarò loro: la mia preghiera in questo momento non è valida, la mia intercessione non arriverebbe neanche fino al cielo, perché questa tempesta si è scatenata proprio per me è se volete che su questo specchio d’acqua, su questo mare ritorni bonaccia, dovete fare solo una cosa: gettarmi in mare. E in questa parola come ha detto qualcuno, c’è della fede e anche dell’umiltà. Fede perché egli in pratica facendosi gettare in mare, in fondo si fa gettare nelle braccia di Dio, di quell’Iddio che gli ha provocato ma nel quale ora si vuole rimettere in quel momento. E c’è anche del coraggio, perché se avete mai visto il mare in burrasca sicuramente avete potuto fare le vostre considerazioni. Ci vuole autentico coraggio per farsi gettare in un mare in tempesta. E quei marinai infatti non volevano compiere questa operazione. Erano timorosi, avevano i loro scrupoli, benché pagani avevano nella coscienza una sensibilità, e continuarono a fare dei tentativi per uscire fuori da quella situazione. Ma non c’era niente da fare! Alla fine alzarono loro stessi una preghiera: “o Dio non imputarci questo peccato. O Dio fa che non ricada su di noi del sangue innocente”.

Ma poi fecero proprio come Giona aveva loro detto: lo presero e gettarono in mare, e la tempesta si calmò. Gloria al nome del Signore! Tutte le cose cooperano al bene per coloro che amano Iddio. Anche le tempeste.

E se noi vogliamo stabilire un parallelo scritturale per avere maggior luce intorno a questo argomento, possiamo ricordare che anche quelle tempeste che ci vengono presentate nelle pagine del nuovo testamento, appaiono come delle circostanze salutari. Anche quell’ infuriare delle onde, anche quel soffiare del vento, avevano avuto uno scopo nel piano di Dio e nel ministerio del Signore Gesù. Gesù che calma le tempeste, in questo caso possiamo dire, noi fissiamo l’occhio nostro sulla potenza e sull’autorità del Signore. Ma dobbiamo ricordarci che il Signore prima di calmare la tempesta, prima di sgridare il vento e le onde ha permesso che la tempesta avvolgesse la barca dei discepoli, e non una volta sola. E i discepoli hanno imparato tante cose, e le hanno imparate proprio in mezzo alla tempesta. Io ricordo l’Apostolo Pietro, che dopo che aveva in fondo confessato il nome di Gesù, era stato spettatore della sua autorità e della Sua potenza. Proprio in quella barca arrivò a gettarsi ai piedi del Maestro per gridare: “Signore allontanati da me, io sono un uomo peccatore”. Ha una nuova visione del suo Signore, e una nuova visione di se stesso; e quei discepoli che dicono l’uno all’altro: “ma chi è costui a cui persino i venti e il mare ubbidiscono”, sono dei discepoli che ricevono una nuova conoscenza, una nuova luce; penetrano più profondamente nella personalità del loro Signore, del loro Salvatore.

Tutte le cose cooperano al bene per coloro che amano Dio. Benedetto sia il Signore per tutte le tempeste che si determinano nella nostra esperienza, e nella nostra vita. E’ vero che io adesso sto parlando di tempeste in senso metaforico, in senso figurativo, ma cari nel Signore, dobbiamo riconoscere che le tempeste che incontriamo anche a livello morale e spirituale nel nostro corso cristiano, non sono inferiori alle tempeste che si possono incontrare sul mare. Quelle hanno un certo aspetto, una certa fisionomia fisica, geografica, queste altre hanno soltanto dei contorni morali, spirituali, ma sono tempeste che provano l’anima, e cimentano il cuore; ma noi proprio nel mezzo delle tempeste e dobbiamo lasciar risuonare queste meravigliose parole: noi sappiamo che tutte le cose cooperano al bene per coloro che amano il Signore.

Torniamo per un attimo a Giona che si trova in mezzo alle acque, che si dibatte nella tempesta e, forse prova a nuotare. Andiamo avanti nella lettura di questo libro e troviamo queste parole: “ora Dio aveva preparato un grande pesce per inghiottire Giona”. E quanto si è discusso intorno a questo pesce, e quanto ancora si discuterà: una balena, ma le balene non possono inghiottire, perché la loro conformazione anatomica non consente di inghiottire un uomo. Ma io non voglio entrare affatto in queste discussioni, in questa polemica. Perché mi basta leggere: “Dio ha preparato un pesce”. E io so che quando Dio compie un’operazione la compie in maniera perfetta. E quindi se questo pesce era stato preparato da Dio io credo aveva una gola sufficientemente larga per inghiottire Giona; e lo ha inghiottito! E Giona è rimasto nel ventre della balena, del pesce, del balenottero, il nome non ha importanza, quanto ha importanza rilevare che Dio si è servito di un animale per preparare una stanzetta di preghiera per Giona. Certo, era una stanzetta di preghiera poco desiderabile da un punto di vista umano e anche devozionale; immaginate quel povero Giona nel ventre viscido del pesce…. avvolto dalle tenebre… sa che sta navigando nel mare, dentro il ventre di quel pesce, ma sa anche che se il Signore lo mantiene in vita in quella stanzetta veramente segreta e veramente oscura, lo fa perché egli possa cercare la sua presenza, invocare il Suo nome, spandere l’anima sua davanti al Signore. E se noi leggiamo il libro di Giona ci troviamo di fronte ad una preghiera meravigliosa, veramente istruttiva. C’è tanto da imparare nella preghiera di Giona. Tanto da imparare per ogni credente che può venirsi a trovare in situazioni analoghe a quelle di Giona. È bello entrare in una cameretta di preghiera che noi abbiamo messo da parte proprio per la nostra vita devozionale; è bella accedere ad un alto solaio dove possiamo incontrare i nostri fratelli e le nostre sorelle. C’è conforto in questa cameretta di preghiera e in questa alto solaio esistono tutti gli elementi per aiutare la nostra vita devozionale. Ma qualche volta il Signore ci porta proprio nel ventre di un pesce; ci ritroviamo nella stessa condizione di Giona. Sentiamo di trovarci in luogo buio, viscido, scuro. Quante cose passano sopra di noi come le onde del mare…! Quante cose vicino e intorno a noi sembrano veramente provare fino in fondo la nostra vita che viene come macerata: ci ritroviamo nel Gethesemane, nel luogo del frantoio, dove le olive vengono pressate, spremute; perché?!? Perché ne esca dell’olio. E proprio nel ventre del pesce che Giona sa umiliare completamente la sua vita nel cospetto di Dio. E lì che sa riconoscere la grandezza e la giustizia del suo Dio. E lì che sa chiedere misericordia, pietà, aiuto per tornare là dove deve stare, per assolvere il servizio del Signore.

Il Signore comanda anche agli elementi del mondo animale, vero? E possiamo tornare di nuovo alle pagine del vangelo per ricordare quante volte il Signore ha dimostrato di avere autorità anche sul mondo degli animali. Ricordate quando Pietro va con la sua lenza e il suo amo a pescare quel pesce che gli deve fornire il danaro indispensabile per coprire la tassa del tempio per sé e per il suo maestro? A me piace in particolare la pesca miracolosa, quella pesca comandata dal Signore. Dopo una notte di delusione e di sforzi infruttuosi, dei pescatori si erano prodigati con le loro energie e la loro capacità per pescare, e non avevano preso nulla. Quando il Signore ordinò getta la rete al lato destro della barca, Pietro fu costretto a dire: “noi abbiamo pescato tutta la notte e non abbiamo preso nulla, ma pure alla tua parola calerò le reti”. E cari nel Signore, quella rete fu riempita di pesci così in gran numero che si rompeva. Furono necessarie due barche per portare all’asciutto quella rete. E tutte e due le barche furono riempiti di pesce; una pesca miracolosa che ci dimostra ancora una volta l’autorità del nostro Signore al quale appartiene la terra e tutto quello e in essa. Anche i pesci del mare che egli può dirigere secondo la Sua volontà per insegnaci che i nostri sforzi non valgono nulla, la nostra capacità, la nostra abilità… Tu sai predicare, fratello…? Tu sai parlare sorella…? Tu hai del talento tecnico per il ministerio? Ricordati: da te stesso tu pescherai tutta la notte e non prenderai nulla. Soltanto con l’autorità del Signore, con la potenza del Signore, soltanto guidati da lui noi possiamo realizzare quello che a livello umano non ci sarà mai consentito di realizzare. E quante altre lezioni noi possiamo apprendere anche da queste cose: perché tutte le cose cooperano al bene per coloro che amano il Signore.

Ed ecco finalmente questo servo chiamato da Dio pregare che prega, ma ancora deve imparare…, ancora ci sono delle lezioni spirituali per lui…, ancora deve maturare… E chi, fra noi non deve maturare e sviluppare…. il Signore voglia avere pietà di noi, darci veramente la consapevolezza della nostra dimensione e dei nostri limiti, affinché possiamo cercare sempre di più tutte le cose che procedono da Lui. Giona è costretto a predicare quel messaggio, ad annunciare quella parola. È il messaggio provoca proprio quello che Giona aveva temuto: una umiliazione generale. Un ravvedimento di tutta la popolazione di quella grande città; tutti si coprono di sacchi e di cenere. Cari nel Signore, uno spettacolo di umiliazione davanti a Dio, un ravvedimento autentico. E Dio, che è l’Iddio della misericordia, della benignità, della pietà, ritira la sua sentenza, la cancella e perdona quella popolazione. E Giona è turbato! È afflitto. Si sente distrutto interiormente. Perché quella grande popolazione ribelle, malvagia, che ha accumulato tanti peccati davanti a Dio, non è stata castigata da Dio. E Dio vuole insegnargli un’altra lezione. Mentre Giona da lontano, dall’alto, guarda la grande città di Ninive, è ferito dal sole cocente di quei giorni. Ma il Signore che è padrone di tutta la natura, a questo punto interviene nel mondo vegetale. Perché al Signore appartiene la terra e tutto quello che in essa: non solo gli elementi della natura, non solo le bestie, ma anche le piante. Ed ecco che fa crescere un ricino, una pianta di ricino, che si trasforma per Giona in un riparo salutare. Egli viene riparato dal sole cocente e si può mettere a sedere, vicino a quel ricino, e godere il refrigerio che gli viene fornito dall’ombra di quel ricino. In qualche misura la sua afflizione, il suo turbamento vengono acquietati da quel refrigerio che sta realizzando in quel momento. E gli non sa che il Signore lo sta ammaestrando; quella è la prima parte di una lezione, la seconda parte deve ancora venire. Così lo stesso Signore che aveva fatto crescere la pianta di ricino prepara un verme che sa toccare la parte vulnerabile di quel ricino e lo fa seccare. Così la mattina quando sorge il sole Giona scopre che non c’è più il suo riparo, il suo refrigerio, perché quel cespuglio che gli faceva ombra si è seccato. Giona si addolora di questo fatto e si turba fino a desiderare addirittura di morire. Allora il Signore espone la seconda parte della lezione a Giona:

“Tu hai ragione di affliggerti per questo ricino?”

“Sì, ho ragione di affliggermi, e di affliggermi fino alla morte!”

Tu ti stai affliggendo per una creatura, per una creatura che è morta, ma ricordati non l’hai fatta mica crescere tu, quella creatura era una mia creatura. Quindi se c’è qualcuno che si deve affliggere per una creatura morta , sono io, dovrei essere io ad affliggermi per il ricino che ho fatto crescere ed è morto. Ma non sono afflitto…, perché o fatto tutto questo per insegnanti una lezione: tu ti stai affliggendo per una creatura che è morta soltanto perché era nel tuo interesse che questa creatura vivesse; tu ne traevi un beneficio personale, ecco perché sei afflitto. Ma anche io, traggo un beneficio dalle mie creature che vivono. Perché io non mi compiaccio e non mi rallegro nella morte delle mie creature. Neanche nella morte dell’empio. Io voglio che l’empio si converta e viva. Non dovevo io avere pietà di una così grande città, dove ci sono migliaia e migliaia di persone che non sanno discernere neanche la destra dalla sinistra? Ignoranti, nella semplicità o nell’innocenza della loro età, non dovevo avere pietà di queste mie creature? Impara Giona!

E Giona, cari nel Signore, se nello spirito sentiva le parole che Paolo ha scritto doveva concludere anche lui: “tutte le cose cooperano al bene per coloro che amano Dio”. E anche qui possiamo di nuovo fare un parallelo con le pagine del nuovo testamento, per ricordare che anche il Signore Gesù, ha manifestato la sua autorità sul mondo vegetale, quando ha seccato il fico. Ma anche quando ha parlato di quel fico sterile, attraverso la parabola, non ha voluto ricordarci che “al Signore appartiene la terra e tutto quello che è in essa”? Ma il Signore mette a disposizione della sua chiesa, e del suo popolo, tutte le cose affinché tutte le cose siano una benedizione. Guardiamo pure da un punto di vista tipologico il libro del profeta Giona per quanto riguarda il nostro soggetto e le sue applicazioni. Ma attraverso la tipologia vogliamo imparare la lezione, che ci ricorda che tutte le cose permesse da Dio, o addirittura provocate da Dio, possedute da Dio e proprietà di Dio, rappresentano il nostro bene, la nostra edificazione, la nostra crescita spirituale, il nostro progresso cristiano. Dobbiamo saper vivere le nostre esperienze, e affrontare le diverse situazioni che si presentano davanti a noi cercando di cogliere il senso delle cose, il significato delle circostanze. No, non ci vogliamo fermare all’apparenza o alla manifestazione esteriore che ci può turbare o spaventare perché incomprensibile per noi. Vogliamo penetrare nell’essenza delle cose e coglierne tutto il bene che Dio ha preparato per noi. Perché tutte le cose cooperano al bene, al bene di coloro che amano Dio. E se noi sentiamo nel nostro quale l’amore per Lui e ci sentiamo chiamati a questa alta vocazione, vogliamo credere che questa parola è una verità e fondati in essa vogliamo rimanere fermi per fare sempre la sua volontà e camminare nelle sue vie e nel suo servizio fino alla fine! A Dio sia la gloria, ora è in eterno, Amen!

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