“Perché si rammarica la creatura vivente?” (Lamentazioni 3:39)
È privo di senso rammaricarsi quando il Signore punisce il peccato. Il peccato è disobbedienza, è mettersi contro Dio, è mancanza di rispetto nei confronti di Dio, è negare la giustizia di Dio, è negare la serietà di Dio, è abusare della bontà e della misericordia di Dio, è rifiutare la Sua parola, è schiavitù, ed è morte. Il peccato è sempre accompagnato dalla conseguenza, e il Signore imputa sempre l’iniquità. Chiunque dice, e continuerà a dire, di essere salvato si ritragga dal peccato, e cammini nella santificazione. Chi persiste nel peccare deve aspettarsi di ricevere la disciplina di Dio, la quale è severa, dura e dolorosa. La disciplina del Signore produce la tristezza, e promuove la confessione e l’abbandono del peccato. Il confessare e il abbandonare il peccato produce pace con Dio e un cammino di giustizia. È da sottolineare il fatto che un cristiano che deliberatamente vive nel peccato, non può assolutamente godere della comunione con Dio, e Dio NON ACCETTA adorazione da chi non cammina nella santificazione, e neanche sacrifici di lode e di ringraziamento. La priorità del figlio di Dio è l’ubbidienza: “Il SIGNORE gradisce forse gli olocausti e i sacrifici quanto l’ubbidire alla sua voce? No, l’ubbidire è meglio del sacrificio, dare ascolto vale più che il grasso dei montoni” (1Samuele 15:22). Infine, un cristiano NON PUÒ SCEGLIERE di continuare a vivere nel peccato, altrimenti non c’è nessun frutto della conversione e nessun frutto che sia veramente salvato. Guai a pensare che siccome il cristiano è coperto con la giustizia di Cristo, pur se cammina nel peccato non si crea nessun problema fra lui e Dio. Non è possibile questo. La santità di Dio dov’è? Dio è un Dio Santo e non può assolutamente tollerare nessun peccato. Tu, cristiano, che dici: “Non ce la faccio, è più forte di me”, stai resistendo fino al sangue nella lotta contro il peccato? Invochi il nome del Signore mentre Egli è vicino a te? Il cristiano vuole imparare da Gesù Cristo, e deve lasciarsi disciplinare da Dio. Se rifiuti la disciplina del tuo Dio, non osare più dichiarare di essere un cristiano.
“Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio” (1 Pietro 5:6)
Umiltà: chi è che si vuole veramente umiliare? “Secondo te, dovrei ledere la mia dignità?” Qualcuno (o tutti..) potrà dire.
Chi, oggi, apprezza questa virtù?
Oggi prevale in tutti, compresi i cristiani, la grandezza, la nobiltà, l’affermazione di sé stessi, il avere un concetto alto di sé stessi, il non piegarsi dinanzi a niente e a nessuno. Il problema è che non si conosce affatto il significato della parola umiltà. Essa significa:
1) Sentimento e conseguente comportamento improntato alla consapevolezza dei proprî limiti e al distacco da ogni forma di orgoglio e sicurezza eccessivi di sé;
2) Sentimento e atteggiamento umilmente riverente e sottomesso: “se vuoi che Dio ti ascolti, devi pregarlo con umiltà”.
3) Virtù per la quale l’uomo riconosce i propri limiti, disdegnando ogni forma di orgoglio, di superbia, di supremazia sugli altri.
L’aggettivo umile deriva dal latino humilis, che a sua volta proviene da humus cioè “terra”, propriamente di chi è “terra terra”. E noi cosa siamo? Da dove siamo venuti? Noi dobbiamo essere sottomessi alla sovranità di Dio in quanto siamo solo creature da Lui in tutto e per tutto dipendenti. L’umiltà consiste in un debito senso di dipendenza, l’orgoglio può solo esistere nel fantasticare una nostra presunta indipendenza. Umiltà è disponibilità ad ascoltare e ad imparare, “Esaminate ogni cosa e ritenete il bene” (1 Ts. 5:21).
Le preoccupazioni e le ansietà fanno parte di chi è orgoglioso. Non è necessario portare questi pesi; le preoccupazioni sono inutili, giacché non risolvono nessun tipo di problema. L’ansia è peccato perché nega la sovranità e la sapienza di Dio, accusandoLo di non sapere cosa fa. Nega l’amore di Dio, accusandoLo di non saper prendersi cura di noi. Nega persino la potenza di Dio, accusandoLo di non essere in grado di liberarci da qualsiasi cosa. Dio usa e permette la sofferenza e la prova solo per educarci e formare il nostro carattere. Il processo si compone in perfezionamento, in fermezza, in forza, in stabilità. Sottomettendoci alla mano potente di Dio, scopriremo quanto sia vero che Egli ha cura di noi.
L’umiltà è vincente.
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