Una fede …come si deve!

(Luca 7:1-10)

La fede del centurione romano e la nostra

Ho scelto il testo biblico dell’incontro del Centurione di Capernaum con il Signore Gesù, perché in questo racconto l’evangelista mette in rilievo che cosa sia la vera fede, quella fede che Gesù approva, e della quale afferma: “Io vi dico, che neppure in Israele ho trovato una fede così grande” (v. 9).

1. La vera fede è opera dello Spirito Santo

Il centurione romano aveva sentito parlare di Gesù (3a).

Certamente molti altri ne avevano sentito parlare, ma questo non li aveva toccati più di quel tanto… A quest’uomo, invece, “gli si illumina la mente” e giunge ad un senso di reale apprezzamento della superlativa eccellenza e gloria della Persona di Cristo e della stupefacente natura della Sua opera in nostro favore.

Anche oggi, giungere alla fede significa distinguersi da tutti gli altri che di Gesù ne hanno solo “sentito parlare” perché lo Spirito Santo ha operato nelle nostre facoltà naturali per darci quella preziosa fede che ci unisce esistenzialmente al Figlio di Dio, unico, degno, e decisivo oggetto di fede per la creatura umana.

Una “fede qualsiasi” non ci può salvare: unire esistenzialmente la nostra vita al Salvatore Gesù Cristo è ciò che conta, e questo è opera dello Spirito Santo.

L’Apostolo Pietro scrive: “a coloro che hanno ricevuto in sorte una fede preziosa quanto la nostra nella giustizia del nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo” (2 Pietro 1:1).

Molti sono indifferenti alla Persona di Gesù Cristo, non si rendono conto di come Gesù sia l’unico nome che sia stato dato per il quale si possa avere salvezza, ritengono che “un nome valga l’altro”.

“Illuminami, Signore, con il Tuo Spirito Santo, persuadimi della verità di quanto è scritto, spingimi a Cristo, come hai fatto con il centurione romano”.

Ci vuole una potenza eccezionalmente grande, un potere incomparabile per portare un peccatore alla fede in Cristo, una forza che la Scrittura paragona a quella che ci vuole per risuscitare un morto! Solo lo Spirito Santo può impartirla.

È questa potenza che dobbiamo invocare per noi stessi e per le persone che ci stanno a cuore. Null’altro varrebbe.

2. La vera fede si unisce esistenzialmente a Cristo

La seconda osservazione da fare è implicita nella prima, ma è importante sottolinearla ancora: la fede che davanti a Dio conta e salva, non è una generica fede in un Dio non meglio precisato e nella Sua bontà.

La fede che conta e salva deve essere fondata nella Persona storica e concreta di Gesù Cristo com’è rivelato dalle Scritture.

Dio si è fatto conoscere chiaramente in Cristo Gesù e nel contesto di tutta la Bibbia. Dio non è “un dio qualsiasi” e chiunque crede in Dio non può ignorare ciò che Egli dice di Sé stesso e fa conoscere di Sé stesso in Cristo, nella Sua Parola.

È come se uno dicesse a una persona: “Io credo in te, ma non mi interessa né cosa dici, né cosa fai, né quello che ti piace o desideri”.

“Ma va all’inferno…” potrebbe quello rispondergli!

Il nostro centurione romano “amava la nazione di Israele” (v. 5a), aveva inteso l’importanza della sapienza biblica come Parola di Dio, ed aveva persino sborsato di tasca sua affinché a Capernaum potesse essere eretta una sinagoga, un luogo dove la Parola di Dio potesse essere letta e spiegata (v. 5b), e possiamo immaginare che la frequentasse regolarmente come “simpatizzante” sia pure d’origine pagana, e magari che per questo si fosse fatto persino circoncidere e battezzare!

Aver fede salvifica in Cristo significa essere uniti esistenzialmente a Lui come Persona chiaramente definita e conosciuta, ed il segno della nostra unione a Lui è il battesimo inteso come impegno di vita, nel nome di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo.

La Scrittura dice: ” Ora grazie a Lui voi siete in Cristo Gesù, il quale da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione” (1 Corinzi 1:30).

Quando per fede siamo uniti esistenzialmente a Lui Dio ci dichiara “a posto” davanti a Lui (giustificati), ci incamminiamo in un cammino di santità che risulterà alla fine nella glorificazione (la redenzione, la vita eterna).

3. La vera fede porta alla rinuncia di noi stessi

Un terzo elemento della fede che conta e che salva è pure evidente nel nostro racconto: è quello che potremmo chiamare la rinuncia a noi stessi.

Fintanto che non sorge in noi il senso profondo di essere perduti davanti a Dio e in condizione di bisogno, non potremo mai esercitare quella fede in Cristo che possa sovvenire a quel bisogno.

La rinuncia a noi stessi è alleata al ravvedimento.

Fede e ravvedimento vanno di pari passo.

Ravvedimento significa cambiare opinione sulla nostra presunta bontà e dignità, cambiamento di opinioni su me stesso e sulla verità di Dio.

Che cosa fa il nostro centurione romano?

Era un ufficiale dell’esercito di occupazione, della nazione forte e gloriosa che governava quel paese.

Molti romani pensavano di “essere chissà chi”, di “poter fare in Palestina il bello e il cattivo tempo”, di essere “la razza superiore”. Essi non volevano “sporcarsi” con i loro “sporchi” sudditi.

Il centurione romano però rinuncia a questi sentimenti e riconosce la superiorità della fede di Israele!

Vi rendete conto di quanto questo gli possa costare, anche solo in “immagine” davanti ai Romani?

Non solo questo, ma egli si ritiene persino indegno di avvicinarsi al Signore Gesù!

Che dice il testo?

“Egli non era molto lontano dalla casa, quando il centurione gli mandò degli amici per dirgli: “Signore, non disturbarti, perché io non sono degno che Tu entri sotto il mio tetto” (v. 6).

Una cosa così è inaudita: fa meraviglia che Gesù stesso si sorprenda di una tale fede?

Come andiamo noi quanto …ad arroganza personale davanti a Dio?

Talvolta ci atteggiamo a finta umiltà, ma non ci abbasseremmo mai ad inginocchiarci a pregare e ad implorare che Dio ci salvi consapevoli di quanto miserabili noi siamo!

L’abbiamo mai fatto?

4. La vera fede è vivente e operante

Un altro aspetto della fede che davanti a Dio conta e vale è la sua vitalità ed operosità.

La vera fede è attiva.

Non sta con le mani in mano.

Non può esistere una fede “passiva” come non ha alcun senso parlare di “membri di Chiesa passivi”.

Per il centurione romano la sua fede significava amare e prendersi cura anche del suo stesso servo (v. 3b), facendo tutto il possibile per salvarlo.

La fede “produce”.

Un altro si sarebbe disinteressato del servo, l’avrebbe lasciato morire od ucciso, comprandosene magari uno nuovo… Non il centurione romano credente!

La vera fede si esprime nel culto e nella preghiera, la vera fede “costruisce un’arca”, la vera fede ubbidisce ai comandi di Dio.

La vera fede ama dell’amore di Cristo.

La fede mette in grado Giuseppe di subire l’esilio e la prigione.

La fede viene dal cuore e confessa: “Cristo è il mio Signore”.

La fede crede nella risurrezione di Gesù dai morti.

La vera fede lotta con i dubbi e confida in Dio anche quando da Lui non ode risposta.

Anche quando tutto è crollato e la morte ci minaccia, la fede dice: “Quand’anche mi uccidesse, io continuerei a confidare in Lui” (Giobbe 13:15 King James).

La fede vera ha appetito.

La vera fede divora il libro di Dio e desidera studiare ed approfondire la Bibbia, in ogni modo, perché è consapevole di essere davanti alla sapienza divina che vuole far sua.

La vera fede vive secondo la verità rivelata!

L’apostolo Giacomo ripudia l’idea che uno possa dire di aver fede senza mostrarne le evidenze. Egli scrive: “A che giova, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo? Or, se un fratello o una sorella sono nudi e mancano del cibo quotidiano, e qualcuno di voi dice loro: “Andatevene in pace, scaldatevi e saziatevi”, ma non date loro le cose di cui hanno bisogno per il corpo, a che giova? Così è pure della fede; se non ha le opere, per se stessa è morta. Ma qualcuno dirà: “Tu hai la fede, e io ho le opere”; mostrami la tua fede senza le tue opere e io ti mostrerò la mia fede con le mie opere. Tu credi che c’è un solo Dio. Fai bene; anche i demoni credono e tremano. Ma vuoi renderti conto, o insensato, che la fede senza le opere è morta? … Infatti, come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta” (Giacomo 2:14-26).

5. La vera fede è ubbidiente

Quando l’Apostolo Paolo parla del suo ministero di apostolo, dice: “noi abbiamo ricevuto grazia e apostolato, per l’ubbidienza di fede fra tutte le genti per amore del suo nome” (Romani 1:5).

Dire fede significa dire con lo stesso fiato “ubbidienza”.

Fede è “fiduciosa ubbidienza”.

L’ubbidienza è il risultato inevitabile della vera fede.

Fede ed ubbidienza sono inseparabili.

La fede salvifica è ubbidiente.

Il centurione romano sa che cosa voglia dire ubbidienza. Dice: “Poiché anch’io sono un uomo sottoposto all’autorità altrui e ho sotto di me dei soldati, e dico ad uno: “Va’” ed egli va, e a un altro: “Vieni” ed egli viene, e al mio servo: “Fa’ questo” ed egli lo fa”” (v. 8).

Il centurione riconosce l’autorità di Cristo, e vi si sottomette come farebbe all’imperatore stesso di Roma!

Notevole, non è vero?

Questa è fede!

La frase “ubbidienza della fede” contiene un mondo di pensiero, perché usandola l’apostolo descrive una nuova umanità, un nuovo Israele. In contrapposizione ad Israele, incredulo e disubbidiente, i pagani hanno risposto con fede all’Evangelo di Cristo e sono diventati il popolo ubbidiente di Dio. Per l’apostolo non c’è maggiore raccomandazione di questa: “La vostra ubbidienza infatti si è divulgata fra tutti; io mi rallegro quindi per voi” (Romani 16:19).

6. La vera fede progredisce e raggiunge la maturità

Un’ultima caratteristica della vera fede, quella che davanti a Dio conta e salva, è che essa progredisce e raggiunge la maturità.

Il credente, nella Bibbia, è paragonato ad una nuova creatura che nasce, cresce, si sviluppa e raggiunge la piena maturità.

Non sappiamo che cosa accade al centurione romano del nostro racconto. Qualcuno lo ha identificato con quello che, sotto la croce di Cristo, professa pienamente la fede in Lui dicendo: “Ora il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, veduto il terremoto e le cose accadute, temettero grandemente e dissero: “Veramente Costui era il Figlio di Dio!”” (Matteo 27:54). Se è così, la sua fede giunge a compimento davvero nel momento più solenne dell’opera di Cristo!

Il credente autentico nutre costantemente la sua fede affinché cresca per poter godere sempre meglio delle benedizioni che in Cristo sono promesse.

Si nutre prima di “latte” e poi di “cibo solido” a seconda delle sue “capacità digestive”, ma è come un adolescente che ha sempre fame, perché il suo corpo ha bisogno di quegli elementi che servono per renderlo un uomo fatto.

Avete fame spirituale?

Se si, è perché la vostra fede autentica deve crescere e per crescere ha bisogno del cibo spirituale che solo la Parola di Dio può fornire!

Crescere vuol dire forgiare non solo il corpo, ma anche il proprio carattere, per renderlo sempre più all’altezza del modello di Cristo.

La Scrittura dice: “…finché giungiamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio a un uomo perfetto, alla misura della statura della pienezza di Cristo” (Efesini 4:13).

Dobbiamo però perseverare senza mollare, con l’aiuto di Dio, fino alla fine, sicuri che Egli ci dà le risorse necessarie per giungere a quell’obiettivo.

Questo non significa che la nostra salvezza dipenda dalla nostra costanza, altrimenti chi mai ce la farebbe? Essa dipende dalla fedeltà di Dio, “il quale vi confermerà fino alla fine, affinché siate irreprensibili nel giorno del nostro Signore Gesù Cristo. Fedele è Dio dal quale siete stati chiamati alla comunione del suo Figlio Gesù Cristo, nostro Signore” (1 Corinzi 1:8,9).

La fedeltà di Dio alla Sua promessa di completare l’opera iniziata in noi, viene realizzata dalla Sua protezione, ma i mezzi usati nel processo di preservazione da parte di Dio Padre sono le risorse della nostra fede.

Pietro dice: “dalla potenza di Dio mediante la fede siete custoditi, per la salvezza che sarà prontamente rivelata negli ultimi tempi” (1 Pietro 1:5).

Conclusione

La fede che davanti a Dio conta e salva, dunque, lungi dall’essere “quella che ci pare e piace” è un dono di Dio nato da quella rigenerazione interiore che lo Spirito Santo opera e che ci spinge a cogliere Cristo tanto da essere unito a Lui.

Essa è una forte unione esistenziale con Cristo, porta alla rinuncia di noi stessi, è una fede vivente ed operante, è ubbidienza a Cristo, e, infine, progredisce e raggiunge la maturità.

La fede salvifica è un dono meraviglioso.

È la grazia primaria che fa nascere ogni altra virtù.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *