“…Gesù cominciò prima di tutto a dire ai suoi discepoli: Guardatevi dal lievito de’ Farisei…” (Luca 12:1)
Un giorno un re volle riguardare i conti con i propri servitori. Gli fu presentato un servo che era debitore di diecimila talenti – una somma che nessuno avrebbe mai potuto pagare – e il re comandò che fosse venduto lui, la moglie, i figli e tutto ciò che possedeva. Il servo, gettatosi a terra, gli si prostrò davanti e implorò la sua pietà. Il re fu mosso a compassione, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito dalla presenza del sovrano, quel servo trovò uno dei suoi conservi che gli doveva cento denari: afferratolo, voleva strangolarlo, esigendo da lui il pagamento del suo debito. Invano quel conservo lo pregò di avere pazienza con lui, perché presto lo avrebbe pagato. L’altro non volle ascoltare: anzi, andò e lo fece imprigionare, finché avesse pagato il debito. Gli abitanti della città, veduto il fatto, ne furono molto rattristati, e andarono a riferire l’accaduto al re. Questi, indignato, lo fece chiamare e gli disse: “Malvagio servitore, io t’ho rimesso tutto quel debito, perché tu me ne supplicasti: non dovevi anche tu aver pietà del tuo conservo, com’ebbi anch’io pietà di te?”. Il re, adirato, lo diede in mano agli aguzzini. A questo punto della vicenda, il Vangelo dice: “Così vi farà anche il Padre mio celeste, se ognun di voi non perdona di cuore al proprio fratello”. Non intendo fare del perdono che ho ricevuto l’unica base della mia liberazione personale. È assai più di questo, altrimenti, è meno di niente. Esso è la potenza di Dio, la quale mi spinge e mi sollecita ad essere simile a Dio. Sono stato perdonato perché io possa perdonare: ho ricevuto pietà affinché possa essere misericordioso con gli altri. La salvezza non è solo una via di scampo dall’inferno, ma anche, e soprattutto, dall’egoismo, dalla durezza del cuore e dalla mancanza di amore fraterno. Fate attenzione, e guardatevi dal lievito dei farisei! Qual è il rimedio? Non consiste nel dichiararsi colpevoli di ogni cosa e lamentarsi. Esiste un fariseismo che esalta il peggio di sé: quello della “creatura povera e mal ridotta”, che spende il proprio tempo a brontolare, a battere i pugni sul tavolo e a soffrire la fame. In questo modo intensifica la consapevolezza del proprio io, che si rafforza sempre più, nonostante ogni sforzo per vincerlo. Il solo rimedio è sfuggire al nostro io rifugiandoci in Gesù Cristo. Allora il Signore diventerà sempre più il centro del nostro essere, la parte migliore, nuova, che vive in noi.
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