Quello che non sai…

Mosè non sapeva che la pelle del suo viso era diventata tutta raggiante mentre egli parlava con il Signore (Esodo 34:29)

Sansone… non sapeva che il Signore si era ritirato da lui
(Giudici 16:20)

Sia Mosè sia Sansone “non sapevano” qualcosa. Entrambi ignoravano la conseguenza “naturale” della loro relazione con Dio: Mosè aveva stimato gli oltraggi di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d’Egitto. Sansone, invece, aveva preferito le gioie di una vita festaiola, trascurando la sua condizione di uomo consacrato.

Sono storie così diverse che sembra avventato accostare. Eppure, quel “non sapere” e quell’ “ignoranza”, sebbene opposte e contrarie rivelano molto dell’influenza che un buon rapporto con Dio (o la sua mancanza) può avere sulla nostra vita.

Mosè in maniera inconsapevole, eppure evidente, è quasi trasfigurato dal semplice “stare con Dio”, come gli Apostoli, che manifestavano di essere stati con Gesù, fortemente segnati dalla Sua impronta.

Sansone, anch’egli inconsapevolmente, pur portando nel suo corpo il segno della consacrazione, a causa del peccato si trovò, infine da solo, indifeso, abbandonato.

Carissimi amici e fratelli, queste semplici storie insegnano qualcosa di molto vero: la qualità e la profondità della nostra relazione con Dio influenzano la nostra vita più di quanto immaginiamo, molto più di quanto ci è dato di capire.

Il risultato di questa rivelazione ci deve spingere a cercare una sola cosa: stare il più vicini possibile a Gesù, sapendo che la nostra vita dipende da Lui e il nostro frutto non può essere “indipendente” da questa relazione.

Gesù, infatti, dice: Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla (Giovanni 15:5)

Noi, allora, vogliamo dire: Quanto a me, il mio bene è stare unito a Dio (Salmo 73:28).

Amen?

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