“Insegnaci dunque a contare bene i nostri giorni, per acquistare un cuore saggio.” (Salmo 90:12)

Uno dei nostri problemi più grandi nella vita è che spesso, abbiamo una prospettiva sbagliata. Ci vediamo più importanti di quello che siamo, vediamo il peccato meno grave di quello che è, e non vediamo la grandezza di Dio. Chi ha il timore dovuto di Dio? Il principio della conoscenza, ovvero, la sapienza, è il timore di Dio. È giusto temere Dio, alla luce dell’ira di Dio contro il nostro peccato. La morte, sia fisica che eterna, arriva perché il peccato dell’uomo provoca la santa ira di Dio. Egli vede tutti i nostri peccati, anche i nostri peccati più segreti sono chiaramente visibile davanti a Lui. Non c’è alcun nascondiglio davanti a Dio.
Avere una prospettiva giusta trasforma la vita.
Dio è eterno! Dio è sempre Dio. Prima che i monti fossero nati e che Dio avesse formato la terra, e per sempre, Egli è Dio. Quando pensiamo a Dio, è importante iniziare ricordando che Dio è il Creatore di tutto, ed Egli è eterno. Così, comprendiamo meglio che Egli è al di sopra di tutto. Questo ci permette una prospettiva più giusta.
Dio è in grado di fare ciò che vuole, l’uomo è invece debole, fragile, mortale, più effimero persino di un arbusto; noi siamo polvere, siamo niente per conto nostro, non abbiamo nemmeno vita se non da Dio. Giobbe premette sia la brevità della vita presente, dicendo che i giorni dell’uomo sono brevi, sia il fatto che la durata stessa della vita umana è stabilita da Dio, come noi diciamo che è presso di noi il numero delle cose il cui numero viene stabilito da noi.
L’uomo “vive pochi giorni”, e nei pochi giorni che sono la sua vita, “è sazio d’affanni”. Viene al mondo, e sa che quel suo esserci sarà di pochi giorni… una presenza fugace e transitoria. La vita gli scivolerà via dalle mani… un mucchietto di sabbia… gli sembrerà sempre troppo corta. Nella vecchiaia, solo perché confronterà le rughe che gli devastano il volto con la pelle liscia e fresca dei più giovani, penserà alla sua giovinezza volata via per sempre e agli acciacchi del corpo si assommeranno gli acciacchi del cuore, e vorrà sparire, non esserci più. Non sarà mai sazio se non di inquietudine, di collera, di pena, e sarà sempre agitato. E ogni uomo è anche “come un fiore”, che sboccia e mostra al sole il suo splendore, e subito “è reciso”, vittima della sua stessa bellezza, o subito avvizzisce, subito si appassisce. E ancora l’uomo è – un’altra grande immagine che viene a far contrasto col suo colore scuro al colore squillante del fiore “come un’ombra che non dura”, che fugge via senza arrestarsi mai. Avete mai provato a calpestarla e a salutarci sopra? L’ombra è simbolo della fugacità, di ciò che è inafferrabile. Non è possibile calpestare la propria ombra: giocando si cerca di saltare sull’ombra che proietta, di inchiodarla alla terra, ma l’ombra non si fa prendere mai. E se tu corri, corre davanti a te, dietro di te e al tuo fianco, e se salti fa un salto assieme a te, e resta sempre lì, attaccata ai tuoi piedi e insieme beffardamente irraggiungibile. Poi, sul più bello, quando ti sembra stanca e pensi proprio che adesso ce la fai a farne la tua preda, basta una nuvoletta che va a coprire il sole, e l’ombra non c’è più, e tu rimani solo, con un palmo di naso.
Com’è l’ombra, così è la nostra vita: si muove, corre, balza davanti a noi senza che la possiamo mai arrestare; poi basta un nulla, una piccola nuvola, e… la vita non c’è più. E il percorso tracciato, il tempo che è passato, nessuno più lo può recuperare.
Siamo “finiti”, ma nello stesso tempo profumiamo d’infinito. In qualche modo, siamo degni, pur nella nostra indegnità, di essere al centro dello sguardo di Dio.
Giobbe disse al suo Dio: “E sopra un essere così, tu tieni gli occhi aperti”, ma espresse anche il desiderio di essere liberato dallo sguardo di Dio: “Distogli da lui lo sguardo, perché abbia un pò di tranquillità”. L’essere umano è l’oggetto dello sguardo e del giudizio dell’Altissimo; è nei Suoi pensieri, anche se i Suoi pensieri sono per l’uomo un mistero, e anche se il Suo sguardo lo trafigge e lo fa stare male.
Dobbiamo essere realisti: nessun uomo può sfuggire alla morte. Se nel 1914 fossero riusciti ad evitare la guerra, tutti quelli che la guerra non avrebbe uccisi, sarebbero stati definitivamente sistemati nei loro cimiteri personali col passare degli anni. L’esistenza della morte deve scuoterci di dosso tutte le nostre false certezze e tutte le scorie presenti nella nostra vita. L’uomo è limitato davanti a Dio, e perciò si deve fidare di Lui.
Che uno sia debole o forte, non cambia nulla. Tutto quello che possiamo fare, tutto il nostro travaglio, è vanità, alla luce del giudizio finale. Nessuno potrà resistere per conto suo nel giorno del giudizio di Dio. Tutto ciò che costituisce il nostro orgoglio non è che travaglio e vanità, tutto quello di cui l’uomo si vanta, tutto quello di cui tu ti vanti, è travaglio e vanità, perché passa in fretta, e noi ce ne voliamo via.Pensate a questo: tutti i vostri progetti, i vostri sogni, i vostri piaceri, qualunque cosa di questa terra in cui sperate, tutto passerà in un attimo.
Ammiriamo la diligente provvidenza di Dio verso ciascuno di noi. Essa dovrebbe suscitare meraviglia il fatto che Dio si prende sempre cura di noi, esseri fragili. Ha voluto provvedere anche la Sua parola, con leggi e precetti di vita, e, come Dio tiene gli occhi aperti per tenerli su di noi, così anche noi dobbiamo tenere gli occhi aperti su di Lui che ci fa da guida e stare attenti dove Egli và. La provvidenza di Dio consiste anche nel castigare e nel disciplinare l’uomo per il suo bene.
Tutto questo affinché tu non abbia a trovare in te la tua protezione, perché tu non creda di poterti proteggere da solo. Solo Dio è il tuo rifugio e Colui che ti proteggerà. Confessando la nostra debolezza rifugiamoci sotto le ali di Dio, che sarà per noi come la gallina che protegge i suoi pulcini. La gallina si trasforma per adeguarsi ai suoi pulcini. Essendo deboli, anch’essa si fa debole. Ebbene siccome noi eravamo deboli, la Sapienza di Dio si fece debole. Il Verbo si fece carne e abitò tra noi perché noi potessimo sperare sotto le sue ali.
“Insegnaci a contare i nostri giorni.” Questo vuol dire insegnaci a renderci conto di quanto breve è la nostra vita su questa terra. Insegnaci a riconoscere che dobbiamo rispondere a Dio nel giudizio finale per ogni giorno e ogni ora della nostra vita. Insegnaci ad avere una prospettiva eterna della nostra vita terrena. Tutto questo serve per ottenere un cuore saggio. L’unica cosa che può soddisfare il nostro cuore, è la bontà di Dio. Solo la Sua grazia e misericordia in Cristo Gesù soddisferanno a fondo i nostri cuori. È inutile cercare altrove, perché non c’è vera soddisfazione per il cuore se non in Gesù Cristo. Se noi ci affatichiamo per ciò che sarà perso, allora tutta la nostra fatica e tutti i nostri dolori saranno stati perfettamente inutili. A che serve agitarti quando i tuoi piani terreni non vanno in porto? Perché avere paura degli uomini, che sono polvere come te, e non possono fare nulla che durerà in eterno, e quindi, non possono cambiare la tua eternità minimamente? Perché essere attirato da qualcosa di questa terra quando tutto sarà distrutto? Quando i cieli si disintegreranno e passeranno, quando anche le antiche colline si sgretoleranno e l’uomo giacerà nella stretta della morte, dovrà pur spuntare il giorno in cui Dio desidererà rivedere il Suo amico, l’opera delle Sue mani. Occorre apprezzare appieno ogni singolo giorno della vita e trascorrerlo in ubbidienza a Dio.

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