No, grazie!
Il testo della Parola di Dio sul quale ci soffermeremo oggi è tratto dal vangelo secondo Luca, al capitolo 9. Esso dice così:
“Poi [Gesù] disse a tutti: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi perderà la sua vita per causa mia, la salverà. Che giova infatti all’uomo guadagnare tutto il mondo, se poi rovina se stesso e va in perdizione? Perché, se uno ha vergogna di me e delle mie parole, anche il Figlio dell’uomo avrà vergogna di lui, quando verrà nella gloria sua e del Padre e dei santi angeli. Or io vi dico in verità che vi sono alcuni qui presenti che non gusteranno la morte, prima di aver visto il regno di Dio»” (Lu. 9:23-27).
Imparare a dire di no
In una società come la nostra dalle mille “allettanti” offerte, senza dubbio bisogna imparare a dire: “No, grazie”.
Questo mi fa ricordare quegli adesivi che erano diffusi qualche tempo fa e che dicevano: “Nucleare? No, grazie!”, perché in effetti l’opzione dell’energia nucleare per produrre elettricità comporta alla lunga più conseguenze negative che vantaggi. Poi mi ricordo di quell’altro adesivo simile che dice: “Sigaretta? No, grazie”, perché il fumo davvero pregiudica la nostra salute. O ancora quell’altro adesivo che invita i giovani a dire: “Droga? No, grazie”. Di fatto è essenziale che i giovani nelle discoteche o altrove, rifiutino le offerte di pastiglie eccitanti o di assumere altre sostanze stupefacenti, anche solo “per provare”, perché si tratta di una trappola nella quale, più tardi, si rimpiangerà amaramente di esserci caduti. Ciascuno di voi potrebbe rammentarsi anche di altri adesivi con su scritto “No, grazie!”. Ne voglio ricordare io un ultimo che ogni tanto si vede attaccato sulla porta di ingresso di qualche casa: “Testimoni di Geova? No, grazie!”, ed è giusto, perché per quanto abili siano le argomentazioni di questi propagandisti di religione, in effetti, se si casca con quella gente (a loro volta povere vittime) ci si ritroverà ben presto intrappolati nelle pastoie di un’organizzazione bugiarda che causa schiavitù spirituale e psicologica, e dalla quale sarà molto difficile e doloroso tirarsene fuori, in barba alle loro fallaci promesse di “paradisi in terra”.
Insomma, bisogna imparare a dire di No, ne siamo – almeno a parole – oggi tutti convinti, tant’è vero che il nostro mondo è oggi così pieno di trappole che spesso ci troviamo di fronte ad una vera e propria psicosi del No. Si sospetta di tutto e di tutti e così si dice di No a tutto e a tutti, senza spirito di discernimento, salvo poi a cedere e cadere fra le braccia di qualche “piazzista” particolarmente abile che saprà “toccare il tasto giusto” e farci accettare la sua proposta… Ognuno di noi, infatti, ha il proprio punto debole: l’abilità dei venditori sta nel trovarlo!
Una società che nega?
E’ molto interessante esaminare nel contesto della Parola di Dio come viene usato il concetto del “dire di No”. Ricorre nell’uso che il Nuovo Testamento fa del verbo greco “arnéomai” che significa “negare, contestare, rinnegare, rinunciare a, staccarsi da”. Di fronte ad una richiesta, il No si concretizza in un diniego, in un rifiuto, in un rigetto. L’opposto è concedere, dare, acconsentire.
Di fronte ad una cosa che ha bisogno di chiarimenti o ad una domanda, il verbo significa mettere in discussione, contestare, negare. La cosa è oggi molto viva nella nostra cultura, educata dai cosiddetti “maestri del sospetto” che tanto hanno significato nell’ultimo secolo: Karl Marx, Sigmund Freud, Charles Darwin ed altri, movimento questo sfociato poi nella cosiddetta contestazione dei sistemi politici, sociali e religiosi che fino ad allora avevano dominato, finalizzata non solo a metterli in discussione, ma anche a “farli saltare” come quando i terroristi (eredi coerenti di questa cultura) mettono delle bombe per intimidire o distruggere i centri del potere: uffici del governo, banche, caserme, ambasciate, chiese…
Si diceva una volta che sono gli adolescenti ad avere “nel sangue” lo spirito di chi dice sempre di No, di chi contesta, chi mette in discussione quello che dicono genitori e insegnanti. Oggi l’età si abbassa sempre di più e io trovo, per esempio, fin dai bambini delle prime classi, chi dice sistematicamente di No, “non è vero” quando presento loro ciò che riguarda la Persona e l’opera del Salvatore Gesù Cristo, salvo poi loro stessi a credere ciecamente tutto quanto la pubblicità o le mode propongono loro. La cosa rispecchia, per altro, quello che oggi accade in generale nella società degli adulti: pur affermando di vivere in una “cultura critica” si è disposti a dire di Si a molte cose (anche quelle più inverosimili) …a tutto, meno che a Cristo e a tutto ciò che, nella fantasia popolare, Egli rappresenta. Allora si scopre che la negazione avviene, alla fin fine, “a senso unico”: la negazione di Cristo, e questo …la dice lunga sullo spirito che domina il nostro mondo.
Il rinnegamento è visto in funzione di Cristo
E’ proprio nei confronti di Gesù, infatti, che viene più spesso usato, nel Nuovo Testamento, il verbo che esprime il “dire di No”.
1. La gente.
Nel libro degli Atti, l’apostolo Pietro, dopo aver guarito, mediante la fede nella potenza di Cristo, un invalido che chiedeva la carità davanti al Tempio di Gerusalemme, spiega al popolo in che modo questo aveva potuto avvenire. Dice: “E Pietro, vedendo ciò, parlò al popolo dicendo: «Uomini d’Israele, perché vi meravigliate di questo? O perché fissate su di noi gli occhi come se per la nostra propria potenza o pietà avessimo fatto camminare costui? Il Dio di Abrahamo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo Figlio Gesù che voi consegnaste nelle mani di Pilato e rinnegaste davanti a lui, nonostante egli avesse deciso di liberarlo. Ma voi rinnegaste il Santo, il Giusto, e chiedeste che vi fosse dato un assassino e uccideste l’autore della vita, che Dio ha risuscitato dai morti e del quale noi siamo testimoni! E per la fede nel nome di Gesù, quest’uomo che voi vedete e conoscete è stato fortificato dal suo nome; e la fede, che si ha per mezzo suo, gli ha dato la completa guarigione delle membra, in presenza di tutti voi” (At. 3:12-16). Oggi avviene spesso che per pregiudizio o vantaggio immediato si rinneghi “il Santo e il Giusto”, “l’autore della vita” e si dica che “un qualsiasi” Barabba, un assassino valga più di Lui…
Più spesso, però, si nega Gesù per ignoranza, il che Pietro, nello stesso discorso citato, è disposto a concedere: “Ma ora, fratelli, io so che lo avete fatto per ignoranza, come hanno fatto pure i vostri capi. Ma Dio ha così adempiuto le cose che egli aveva predetto per bocca di tutti i suoi profeti, e cioè, che il suo Cristo avrebbe sofferto. Ravvedetevi dunque e convertitevi, affinché i vostri peccati siano cancellati, e perché vengano dei tempi di refrigerio dalla presenza del Signore” (At. 3:17-19). Già, ravvedersi e rinunciare a pregiudizi ed ignoranza al riguardo di Cristo è ciò di cui spesso noi abbiamo bisogno.
2. Il cristiano.
Lo stesso Pietro ben sapeva che cosa voleva dire “dire di No”, rinnegare Cristo, perché tempo prima ne aveva avuto esperienza diretta. Egli infatti aveva abbandonato il rapporto che lo legava a Cristo: nel momento del pericolo si era tirato indietro, era stato infedele. Gesù gli aveva detto: «In verità ti dico che oggi, in questa stessa notte, prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte. Ma egli con più fermezza diceva: «Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò affatto». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri» (Mr. 14:30,31). Però, non molto tempo dopo: “…egli negò dicendo: «Non lo conosco e non capisco ciò che dici». Uscì quindi fuori nel vestibolo, e il gallo cantò … Ma egli negò ancora. E, poco dopo, i presenti dissero di nuovo a Pietro: «Veramente tu sei uno di loro; infatti sei Galileo e il tuo parlare lo rivela»” (Mr. 14:68,70). Anche noi, come cristiani professanti, potremmo trovarci in questa situazione.
L’opposto di “rinnegare” è “tenere saldo”, come la chiesa di Pergamo nell’Apocalisse: “Io conosco le tue opere e dove tu abiti, là dove Satana ha il suo trono; tuttavia tu rimani fedele al mio nome e non hai rinnegato la fede in me neppure nei giorni in cui il mio fedele testimone Antipa fu ucciso tra di voi, là dove abita Satana” (Ap. 2:13). Anche la chiesa di Smirne veniva nell’Apocalisse dicendo: “Non temere ciò che dovrai soffrire ecco, il diavolo sta per gettare alcuni di voi in prigione per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita” (Ap. 2:10).
Quello della perseveranza a confessare con coerenza il Signore Gesù è infatti un concetto molto importante. Dice l’apostolo: “se perseveriamo, regneremo pure con lui; se lo rinneghiamo, egli pure ci rinnegherà. Se siamo infedeli, egli rimane fedele, perché egli non può rinnegare se stesso” (2 Ti. 2:12,13).
3. I falsi dottori.
Non si tratta però solo di pregiudizio, ignoranza ed infedeltà, a tenere l’anima lontana dal Salvatore Gesù Cristo, ma anche l’attiva propaganda avversaria di falsi dottori. Sempre Pietro scrive: “Or vi furono anche dei falsi profeti fra il popolo, come pure vi saranno fra voi dei falsi dottori che introdurranno di nascosto eresie di perdizione e, rinnegando il Padrone che li ha comprati, si attireranno addosso una fulminea distruzione. E molti seguiranno le loro deleterie dottrine e per causa loro la via della verità sarà diffamata” (2 Pi. 2:1,2). Infatti, dice l’apostolo Giovanni: “Chi è il mendace, se non colui che nega che Gesù è il Cristo? Costui è l’anticristo, che nega il Padre e il Figlio” (1 Gv. 2:22). L’apostolo Giuda ribadisce: “Si sono infatti infiltrati tra di voi certi uomini, che sono stati da tempo designati per questa condanna, empi che mutano la grazia del nostro Dio in immoralità e negano l’unico Padrone Dio e il Signor nostro Gesù Cristo.” (Gd. 4). Ci lasciamo forse attirare dalle “convincenti argomentazioni” di chi vorrebbe che noi nemmeno più ci interessassimo del Signore e Salvatore Gesù Cristo, che lo minimizza, lo relativizza, oppure apertamente lo avversa, in favore di altri maestri e di altri presunti salvatori?
Alla chiesa fedele di Filadelfia il Signore dice: “Io conosco le tue opere; ecco, ti ho posto davanti una porta aperta, che nessuno può chiudere, perché, nonostante tu abbia poca forza, hai custodito la mia parola e non hai rinnegato il mio nome” (Ap. 3:8). Lo direbbe di noi?
Cause del rinnegamento
1. Un Gesù “eccessivo”?
Il rinnegamento di Gesù non è solo una questione di parole, è rinunciare a seguirlo. Potremmo voltare le spalle a Gesù quando ci sembra che Egli “ci chieda troppo” e ci voglia far rinunciare a ciò che ci è caro, come nel caso del giovane ricco (Luca 18:18) dell’episodio evangelico, oppure a causa di parole di Gesù che ci sembrano “eccessive” e “assurde” come coloro che avevano rinunciato a seguirlo (“si tirarono indietro” Gv. 6:66) perché scandalizzati dall’aver udito come fosse necessario “mangiare la sua carne e bere il suo sangue”. Avevano però veramente capito che cosa intendesse dire? Avevano soppesato veramente il valore di ciò a cui volevano tenersi stretti, rinunciando a Gesù?
2. Paura di soffrire.
I passi dell’Apocalisse che abbiamo citato mostrano soprattutto come siano le situazioni di sofferenza che nascondono il pericolo del rinnegamento. La causa del rinnegamento è, di solito, la paura umana e la preoccupazione di dover soffrire derisione e persecuzione da parte degli uomini per la confessione di Cristo. Noi, magari, non dobbiamo subire persecuzioni per il nome di Cristo che portiamo, ma potrebbero essere malattie, disgrazie o contrarietà quelle che, invece di avvicinarci maggiormente a Cristo, ci portano a rinnegarlo delusi, sicuri – a nostro dire – di essere stati abbandonati da Colui che non ci avrebbe garantito la sperata salvaguardia e protezione. E’ però veramente così? La Scrittura però dice: “Questa parola è fedele, perché se siamo morti con lui, con lui pure vivremo” (2 Ti. 2:11).
3. L’identità di Gesù.
Un’altra causa di rinnegamento potrebbe essere non avere veramente ancora inteso chi Gesù sia veramente e che davvero da Lui dipende il nostro destino. L’apostolo Giovanni dice: “Chi è il mendace, se non colui che nega che Gesù è il Cristo? Costui è l’anticristo, che nega il Padre e il Figlio. Chiunque nega il Figlio, non ha neanche il Padre; chi riconosce il Figlio, ha anche il Padre” (1 Gv. 2:22,23). Il rinnegamento è qui dovuto al rifiuto di considerare il Gesù terreno come Messia, il Salvatore divino. Questo significa separare Gesù da Dio e mettersi in contrapposizione a Lui e, di conseguenza, da Dio. Gesù, infatti, non è un “qualsiasi” profeta o leader religioso “fra i tanti”.
4. Nei fatti.
Altrettanto interessante è un altro modo di rinnegare, “dire di No” a Gesù, cioè nei fatti, il rinnegamento, cioè, di chi, pur professando di portare in Suo nome e di seguirlo, in realtà vive in modo incoerente a quanto Egli ci ha insegnato.
Negare Cristo vuole dire misconoscere il prossimo e non curarsi di lui. Dice l’Apostolo: “Ma se uno non provvede ai suoi e principalmente a quelli di casa sua, egli ha rinnegato la fede ed è peggiore di un non credente” (1 Ti. 5:8). L’apostolo identifica queste persone come gente che solo fa professione esteriore di religiosità, ma che di fatto… “aventi l’apparenza della pietà, ma avendone rinnegato la potenza; da costoro allontanati” (2 Ti. 3:5), gente che, secondo l’apostolo Giuda è “empia” e “muta la grazia di Dio in immoralità” (Gd. 4), cioè usa la grazia di Dio che perdona il peccatore come un pretesto per giustificare il proprio libertinismo, magari dicendo che “tanto Dio perdona”, oppure che la cosa sia “irrilevante” (questo è un fenomeno di sempre).
5. Non senza conseguenze.
In ogni caso, la negazione (fattiva) di Dio da parte dell’uomo comporta, a sua volta, il rinnegamento dell’uomo da parte di Dio. Dice Gesù: “…chi mi rinnegherà davanti agli uomini, sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio” (Lu. 12:9), e ribadito, come abbiamo visto, dallo stesso Apostolo: “…se lo rinneghiamo, Egli pure ci rinnegherà” (2 Ti. 2:12). La negazione rifiuta la proposta salvifica di Dio e la grazia. La logica è stringente: “Se siamo infedeli, egli rimane fedele, perché egli non può rinnegare se stesso” (2 Ti. 2:13), cioè, Dio resta fedele a Sé stesso, è fedele al Suo impegno ed alla Sua natura e giudica l’uomo in base al suo comportamento, alla sua risposta nei confronti dell’annuncio dell’Evangelo.
Rinnegare noi stessi
Al centro di ogni negazione che conti, come avete visto, c’è dunque la grave e fondamentale negazione di Cristo, della Sua Persona ed opera. La cosa, nessuno si inganni, ha valore decisivo ed esistenziale per ciascuno di noi. Infatti, per riprendere il titolo di un famoso libro: “Cristo è il nostro destino”. Chi dice di No a Cristo, dice di Si agli inganni di Satana, della carne, e del mondo, dice di si a sé stesso, al proprio apparente comodo ed interessi.
1. La necessità del No a sé stessi.
All’opposto, chi dice di Si a Cristo, dice di No, anzi, deve necessariamente dire a di No a sé stesso. Questa è l’essenza non solo della conversione cristiana, ma dell’intera vita cristiana. Si tratta davvero di un No indispensabile, questo, ed un No che io stesso trovo davvero temibile e problematico, perché io mi chiedo se io davvero mi trovo in questa linea, io che affermo di essere cristiano. Gesù infatti dice: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi perderà la sua vita per causa mia, la salverà. Che giova infatti all’uomo guadagnare tutto il mondo, se poi rovina se stesso e va in perdizione?” (Lu. 9:23,24).
Se voglio essere seguace di Cristo, io debbo rinnegare me stesso e prendere ogni giorno la mia croce! Io devo essere pronto a soffrire per Lui e la Sua causa. Allo stesso modo in cui il cristiano, in situazioni di persecuzione, deve essere pronto ad accettare qualunque privazione e sofferenza, persino a rinunciare alla propria vita, pur di non venir meno alla fede in Lui ed all’ubbidienza alla Sua Parola, così deve essere pronto a rinunciare a tutti i vantaggi terreni per Lui e per la Sua causa.
2. Il concetto di abnegazione.
La parola che in italiano viene usata per indicare la “rinuncia a sé stessi” è ABNEGAZIONE, che il vocabolario definisce come “rinunzia volontaria ai propri desideri ed utili per il bene degli altri, spirito di sacrificio, dedizione incondizionata”. Non c’è nulla più di questo che vada contro alle tendenze naturali della nostra carne e del nostro spirito, come non c’è nulla più di questo che vada contro allo spirito liberale, permissivo e gaudente della nostra “società dei consumi” che ci incoraggia a “concederci” sempre ogni sorta di piaceri e a considerare “stupido” chi se li nega, tanto che si dice: “…ma chi te lo fa fare? …fregatene …goditi la vita!”. Eppure il Signore Gesù dice: “Se qualcuno vuol venire dietro a me…”. Non c’è alternativa all’abnegazione.
3. No all’egoismo.
Devo abituarmi in ogni situazione a dire di No ai miei desideri egoistici ed esercitare la pazienza, a non indulgere nei miei comodi ed appetiti. Come infatti potrei resistere nelle prove più gravi? Adempiere al nostro dovere (verso Dio e verso il prossimo) significa spesso “portare una pesante croce”, come quella di Cristo, della quale avrebbe benissimo potuto fare a meno, se avesse pensato solo a sé stesso. Invece l’accettò, per amor nostro, sapendo che essa sarebbe significata la nostra salvezza eterna. Pensate a tutti quei personaggi, ipocritamente spesso osannati, che, in nome di Cristo, dedicano tutta la loro vita al bene altrui. Senza però andare tanto lontano, ci sono persone che silenziosamente lo fanno ogni giorno.
4. Una scala di valori.
Non solo, devo preferire la salvezza e la felicità della mia anima prima di qualsiasi interesse secolare e mondano. Colui che evita l’impegno che il seguire Cristo comporta, per preservare la sua libertà o condizione vantaggiosa, anzi, per “salvare” la sua vita terrena, di fatto nega Cristo e le Sue verità, per quanto “cristiano” si professi. In realtà, però, si rivelerà solo “un perdente”, perché si sarà dimostrato solo miope: perderà, infatti, ciò che ha di più prezioso, di sommamente prezioso, la sua anima. Dobbiamo credere fermamente che se noi così “perdiamo” la nostra vita per aderire a Cristo, noi in realtà la salveremo a nostro reale indicibile vantaggio.
5. Il mondo intero non ne vale la pena.
“Guadagnare”, se fosse possibile, “il mondo intero”, preferendo questo a Cristo, significherebbe l’eterna perdita e rovina della nostra anima, perché essa, dice Gesù, vale molto, molto di più di tutto ciò che il mondo potrebbe offrirci. Alcuni pensano che questo mondo e questa vita sia tutto ciò che abbiamo, e quindi, se la vogliono “godere” il più possibile. Non è però così, il Signore Gesù non ha mai mentito. Se noi guadagnassimo tutte le ricchezze, onore e piaceri del mondo rinnegando Cristo, che cosa, in realtà avremmo guadagnato se per tutta l’eternità la nostra anima fosse gettata – così come lo sarà – in un fumante ed orrendo deposito della spazzatura? Forse che la nostra anima è “un vuoto a perdere”? Il corpo non può essere felice se l’anima sarà miserabile nell’aldilà; l’anima, però, può essere felice per quanto il corpo in questo mondo possa essere grandemente afflitto ed oppresso.
Conclusione
Dobbiamo dunque imparare a dire di No… No, grazie, a tutto ciò che, pur essendoci proposto come molto allettante e vantaggioso, in realtà è ingannevole. Viviamo nel contesto di “una società che nega”, ma che è completamente priva di discernimento se giunge a negare anche il Signore e Salvatore Gesù Cristo: il nostro eterno destino dipende da come noi ci saremo rapportati a Lui. Lo possiamo negare in molti modi, come abbiamo visto, studiando l’uso che il Nuovo Testamento fa del concetto di “dire di No”, a parole ma anche a fatti. Infine, dobbiamo poter dire di no a quelli che riteniamo i nostri vantaggi terreni, per poter dire di Si al Signore e Salvatore Gesù Cristo ed alla Sua causa che vale molto più che tutto l’oro del mondo. Molti non lo credono e ridono di questo, ma la loro prospettiva da miopi è limitata ed ingannevole. Iddio ci vuole portare a vedere le cose in autentica prospettiva.
Ancora una volta Gesù ci chiama alla chiara decisione: “il vostro parlare sia: Sì, sì, no, no; tutto ciò che va oltre questo, viene dal maligno” (Mt. 5:37).
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