Un’importante verifica sul nostro servizio AMARE DIO O FARE BELLA FIGURA

Anche nella vita cristiana e, in modo particolare, nel servizio per il Signo­re può manifestarsi la pericolosa tentazione costituita dal desiderio di mettersi in mostra per affermare noi stessi: occorre stare ben in guardia contro questa tentazione perché il nostro solo obiettivo deve rimanere sem­pre quello di onorare e glorificare il Signore.

· Amore per Dio o amore per noi stessi?

Chi non conosce i passi biblici che par­lano dell’abnegazione, del sacrificio di sé?

“Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me! La vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio il quale mi ha amato e ha dato sé stesso per me” (Galati 2:20).

Ma che cosa vuol dire questo nella mia vita personale? In che senso devo applica-re questo versetto alla mia vita?

“E chi non porta la sua croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo” (Luca 14:27).

“Così dunque ognuno di voi, che non rinunzia a tutto quello che ha, non può essere mio discepolo” (Luca 14:33).

Che cosa significa per me portare la cro­ce e rinunziare a tutto quello che ho?

È difficile comprendere il nostro cuore, ma una cosa è certa: ogni uomo e ogni don­na ama sé stesso. Quest’amore per sé si manifesta nella misura in cui cerchiamo di metterci in luce, di farci valere, di imporci sugli altri, di ben figurare. Il termine “autoaffermazione” è molto appropriato a questo gran problema, che è la smania di godere la considerazione altrui, di fare bel­la figura, di non essere da meno.

Il dizionario della lingua italiana dice così:

“In psicologia, la tendenza a raggiungere i propri obbiettivi, a valorizzare sé stessi, ad imporsi sugli altri anche a costo di danneggiarli. Spesso espressione di sentimenti di inferiorità”.

Ci dobbiamo interrogare profonda­mente se il nostro cuore ama il Signore o se amiamo noi stessi; se diamo il valore e la gloria a Dio o se cerchiamo la nostra pro­pria gloria. Sotto quest’aspetto il Vangelo è unico rispetto alle altre religioni, perché tutte le religioni mettono l’uomo in buona luce, facendolo ben figurare e innalzando-lo fino al punto di offrire il culto alla crea­tura anziché al Creatore (Romani 1:25).

Ma il Vangelo mette l’uomo nella polve­re per renderlo idoneo alla suprema voca­zione di adorare Dio in cielo.

“I ventiquattro anziani si prostrano davan­ti a colui che siede sul trono e adorano colui che vive nei secoli dei secoli e gettano le loro corone davanti al trono” (Apocalisse 4:10).

“E tutte le creature che sono nel cielo, sulla terra, sotto la terra e nel mare, e tutte le cose che sono in essi, udii che dicevano: «A colui che siede sul trono, e all’Agnello, siano la lode, l’o­nore, la gloria e la potenza, nei secoli dei seco­li». Le quattro creature viventi dicevano:

«Amen!» E gli anziani si prostrarono e adora­rono” (Apocalisse 5:13-14).

Nel tempo attuale il Signore ci modella per essere “addestrati”, idonei, atti a pro­strarci davanti al trono di Dio. O pensiamo di non averne bisogno? Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili. L’umiltà invece mortifica il mio “io”. Umiliamoci dunque sotto la potente mano di Dio! Impariamo la lezione della rinunzia al pro­prio “io” magari nelle piccole cose della vita, magari nella famiglia o nella comu­nione fraterna.

Il seguente articolo è stato tradotto da una rivista cristiana e mi sembra piuttosto pertinente all’argomento:

· Meccanismi (in)consci per far bella figura

Nessuno riconosce apertamente di volersi mettere in luce! E un tema attuale questo, anche per i credenti. Mi sono spa­ventato quando per la prima volta nella mia vita di fede mi sono confrontato con il pensiero che anche il credente è capace di affermare sé stesso, forse addirittura nel servizio per il Signore. Non ci rendiamo conto di quello che accade nel nostro cuore e nella mente?

“Il cuore e ingannevole più di ogni a/tra cosa, e insanabilmente maligno; chi potrà cono­scerlo? Io, il SIGNORE, che investigo il cuore, che metto alla prova le reni, per retribuire cia­scuno secondo le sue vie, secondo il frutto delle sue azioni” (Geremia 17:9-10).

Si tratta di un argomento che ha delle ripercussioni

Quest’argomento è molto importante perché il capriccio bizzarro di ben figura­re non danneggia soltanto noi stessi ma anche gli altri.

“Infatti se uno pensa di essere qualcosa pur non essendo nulla, inganna sé stesso.” (Galati 6:3).

Spesso questa smania passa inosservata e qualche volta viene addirittura “spiritual­mente” mascherata. Tuttavia la ricerca di autoaffermazione ruba la gloria a Dio e non rispetta l’esempio del nostro Signore Gesù. Egli infatti non cercò mai la propria gloria, ma solo quella di Suo Padre celeste (cfr Giovanni 8:49,50).

“Chi dice di rimanere in lui, deve cammina­re com’egli camminò” (1 Giovanni 2:6).

· Istruzione all’uso

Vorrei precisare che le seguenti rifles­sioni non devono condurci ad osservare gli altri con diffidenza, stigmatizzando qual­siasi comportamento simile a quelli descritti in seguito come smania di metter­si in luce. Gli esempi servono solo per far­ci comprendere a che punto ci troviamo. È importante che sia il Signore ad esaminare e conoscere il mio cuore (Salmo 139:23,24).

Paolo sottolinea:

“Ciascuno esamini invece l’opera propria; così avrà modo di vantarsi in rapporto a sé stes­so e non perché si paragona agli altri. Ciascuno infatti porterà il proprio fardello ” (Galati 6:4-5).

· Le conversazioni

Stando insieme possiamo guidare le conversazioni – anche su argomenti spiri­tuali come il servizio o la chiesa – in modo tale che esse cadano automaticamente su noi stessi, sulla nostra attività, sulle nostre capacità. Qualcuno si serve addirittura dei suoi acciacchi e malanni per trovare il favore altrui. Questo avviene quando fac­ciamo delle domande banali allo scopo di provocare delle controdomande le quali, a loro volta, ci mettono in buona luce. Ecco un esempio simulato:

A: “Che cosa fai quest’estate?”

B: “Vado una settima al mare. E tu?”

A: “Io invece partecipo (per il Signore) ad una campagna di evangelizzazione.”

Naturalmente, queste domande non sono sbagliate, ma ci dobbiamo esaminare se le faccio con vero interesse per il prossi­mo, se m’interessa la sua risposta o se cer­co soltanto un pretesto per parlare di me stesso. Spesso completiamo una frase dicendo: “Questo o quello l’ho fatto io”, oppure: “Ho partecipato anch’io a quell’ope­ra

In Proverbi 27:2 è scritto:

“Altri ti lodi, non la tua bocca; un estraneo, non le tue labbra” (Proverbi 27:2).

“Hai già sentito?”

Chi non conosce questa frase?

“Hai già sentito chi è di nuovo incinta?…

Hai già sentito che cosa è capitato al fratel­lo x?”

Che cosa rende tanto interessante le novità sugli altri, chiamate anche pettego­lezzo o indiscrezione?

Perché è tanto bello essere il primo a sapere certe novità delicate e a raccontarle ad altri (pur avendo forse promesso di non dirlo a nessuno)?

Non è forse la voglia di farsi valere e la ricerca di autoaffermazione?

Ci dilettiamo a vedere dei visi dall’e­spressione stravolta che mi applaudono perché ero a conoscenza del ‘fatto”. Tali comportamenti, quasi mai riconosciuti come peccaminosi, hanno causato immen­si danni fra i credenti o hanno addirittura spaccato intere chiese.

Il Signore mi dia la forza di tacere,soprattutto quando “le novità” non posso­no essere verificate sulla loro validità.

· La critica mi fa valere

Un’altra forma indiretta per mettersi in luce è la disapprovazione degli altri o l’in­stancabile criticare ciò che fanno, progetta­no o dicono gli altri. Questi giudizi nega­tivi ci mettono in buona luce rispetto a quelli che sono da noi “screditati”. Ma spesso rimane nascosto che noi non abbia­mo mosso un dito, o che anche noi siamo insicuri sulla questione.

Il continuo criticare non serve forse come autodifesa per colui che sta critican­do? Non serve forse per farsi rispettare o valere?

“Guardate quante cose sto facendo

Particolarmente gravosi sono quei com­portamenti istintivi che non si manifestano solo nella vita personale ma anche in quel­la pubblica, cioè nella chiesa. Se qualcuno cerca di farsi valere allo scopo di influen­zare i suoi fratelli e sorelle, allora la situa­zione si fa pericolosa.

In tal caso un dato impegno spirituale può nascondere la frenesia di mettersi in luce, evidenziando le opere visibili e quan­tificabili, mentre le motivazioni vengono ignorate.

Conta molto l’azione, molto meno con­tano le motivazioni: perché è stata compiu­ta quell’azione. Probabilmente nella mia vita personale tutto va a catafascio. è pos­sibile che spesso il movente della mia azione non sia più l’amore per il Signore o per la Sua chiesa, ma l’amore per me stesso.

“Ma vogliono che siate circoncisi per poter­si vantare della vostra carne” (Galati 6:13).

Il cammino nella fede non deve mai avere questo fine.

· La mia dottrina sono io!

Un altro appiglio della smania (in)con­scia di autoaffermazione consiste nel modo con cui parlo agli altri delle mie proprie opinioni dottrinali.

Le presento forse come verità assolute o come opinioni da esaminare alla luce della Parola di Dio?

Ammetto che, oltre alle mie opinioni, ci sono anche altre ugualmente valide?

Siamo in dovere di presentare alla gio­vane generazione una dottrina che onora, rispettandola, la Parola di Dio.

La nostra onorabilità non subirà alcun danno se ammettiamo di non avere tutte le risposte e di non poter spiegare in modo perentorio tutti i passi della Bibbia, che a volte sono anche difficili.

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