DIO INCARNATO

Tutta l’umanità è costretta a riconoscere, almeno formalmente, che la nascita di Gesù costituisce un importante spartiacque nella storia umana. Infatti il tempo viene calcolato indietro (a.C.) e avanti (d.C.) da questo evento.

Introduzione
Luca scrisse il suo Vangelo per togliere ogni dubbio riguardo alla realtà dei «fatti compiuti» che stanno alla base della fede cristiana (Luca 1:1,4).

Il carattere unico di alcuni di questi eventi attrasse l’attenzione di molti contemporanei convincendoli che il Vangelo che gli apostoli annunciarono corrispondeva a verità (Atti 2:1-41).

Non passò molto tempo prima che delle persone non rigenerate dallo Spirito Santo facessero i primi tentativi di razionalizzare il Vangelo. Al posto di affermare che il Figlio di Dio si era incarnato per compiere una salvezza eterna, si cominciò a dire che era sembrato cosi, fermo restando l’impossibilità che Dio si fosse davvero incarnato.

La risposta apostolica a questi primi attacchi lanciati alla «dottrina di Cristo» fu immediata e chiara: «Non siamo andati dietro a favole artificiosamente composte» scrive Pietro, quando «abbiamo tatto conoscere la potenza e la venuta del nostro Signore Gesù Cristo ma perché siamo stati testimoni oculari della Sua maestà» (2 Pietro 1:16).

L’apostolo Giovanni, nelle sue lettere, mette in guardia contro gli «anticristi» e sottolinea la realtà dell’incarnazione del Figlio di Dio, con le sue implicazioni, per la comprensione della morte di Cristo come opera necessaria per la salvezza di ognuno che crede, come verità basilare della fede cristiana (1 Giovanni 1:14; 4:9-10; 2:18-20; 2 Giovanni versetti 9-10).

Nonostante la chiarezza della testimonianza e dell’ammonimento apostolico, il problema dell’incredulità, sotto le spoglie di religiosità o di obbiettività scientifica, rimane un problema ricorrente all’interno della cristianità. È noto il secolare disconoscimento, da parte della chiesa cattolica romana, della centralità del Cristo vivente come unico mezzo di salvezza e come Sacerdote effettivo e accessibile per tutti coloro che «si accostano a Dio per mezzo di Lui» (Ebrei 4:14-1 6; 7:22-25).

Ma l’incredulità che serpeggia in molti ambienti protestanti nega in modo altrettanto reciso la verità dell’Incarnazione e di tutto ciò che ne scaturisce.

Per esempio R. Bultmann, che si definiva «luterano» e i cui scritti (e quelli dei suoi discepoli) esercitano una grande influenza, ha potuto scrivere quanto segue:

«La scienza moderna non crede che il corso della natura possa essere interrotto, o, per così dire, perforato, da potenze sovrannaturali. Lo stesso si può dire della storiografia moderna…» (1).

In quanto al ritratto di Cristo che traviamo nel Nuovo Testamento, Bultmann scrive:

«La Sua Persona è vista alla luce della mitologia quando viene detto di Lui che è stato concepito ad opera dello Spirito Santo e nato da una vergine, e questo diventa ancora più evidente… dove Egli viene considerato il Figlio di Dio in senso metafisico, un grande, pre-esistente, essere celeste che divenne uomo per redimerci e prendere su di Sé la nostra sofferenza, perfino la sofferenza della croce» (2).

Tale incredulità è un esempio estremo del processo di secolarizzazione in atto sia del Vangelo che dei ministri della Parola.

In tale clima anche la nostra fede rischia di essere circoscritta sempre di più a momenti particolari e a modi di pregare e di parlare di certe cose, mentre il vivere quotidiano va affrontato con gli stessi criteri che guidano la gente incredula.

E’ bene quindi ricordarci che la nostra fede non si basa su certe idee più o meno valide o su un certo modo di interpretare la Bibbia, bensì su una Persona e su certi eventi unici con cui tutta l’umanità dovrà, prima o poi, fare i conti (Filippesi 2:8-11; Atti 17:30-31),

La maniera dell’incarnazione del Figlio di Dio

Immagina di andare dietro nel tempo al giorno e nel posto in cui Gesù è nato.

E’ notte e stai camminando attraverso il campo dove i pastori di Betlemme stanno facendo la guardia alloro gregge.

Ti accorgi che qualcosa li ha spaventati.

Poi, all’improvviso senti una voce che parla.

…intatti Luca ci informa che:

«L’angelo disse loro: Non temete, perché ecco, vi reco il buon annunzio di una grande allegrezza che tutto il popolo avrà: Oggi, nella città di Davide, v’è nato un Salvatore, che è Cristo, il Signore. E questo vi servirà di segno: troverete un bambino fasciato e coricato in una mangiatoia» (Luca 2:10-12).

Immagina di aver seguito i pastori alla cittadina di Betlemme dove hanno trovato la stalla.

All’entrata avresti visto una giovane donna e un neonato nella mangiatoia, fasciato, secondo l’usanza.

Se sei un credente, sapresti che quel bambino, piccolo e delicato, non è altro che il Salvatore del mondo, non meno vero Dio di quanto sia evidentemente vero uomo.

Per molti dei nostri contemporanei l’idea stessa che l’eterno Figlio di Dio si sia incarnato è assurda. Secondo loro l’origine delle notizie contenute in Matteo 1 e 2 e Luca 1 e 2 riguardanti la nascita miracolosa di Gesù dopo un concepimento ad opera dello Spirito Santo, è da ricercare nel desiderio della chiesa di far tacere le voci che circolavano sull’irregolarità dalla Sua nascita oppure in un tentativo di sostenere così l’insegnamento della chiesa a proposito della Deità di Cristo.

Inutile dire che tali tentativi di razionalizzazione non intaccano il fatto e l’importanza della maniera sovrannaturale ed unica dell’incarnazione del Figlio di Dio.

Un evento che divide e unisce la storia

Tutta l’umanità è costretta a riconoscere, almeno formalmente, che la nascita di Gesù costituisce un importante spartiacque nella storia umana. Infatti il tempo viene calcolato indietro (a.C.) ed avanti (d.C.) da questo evento (3). Ciò si spiega dal fatto che il filo rosso della storia universale è quella particolare della salvezza di cui Cristo è il punto focale.

Più importante del calendario, per rendersene conto, sono le profezie bibliche scritte molti secoli a.C. e adempiute puntualmente durante la Sua vita.

In quanto alla Sua nascita, primo grande elemento dei fatti evangelici, Matteo ricorda che essa figurò come un preciso adempimento di un’antica profezia di lsaia:
«Ora tutto ciò avvenne, affinché si adempiesse quello che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine sarà incinta e partorirà un figliuolo, al quale sarà posto nome Emmanuele, che interpretato, vuole dire: “Iddio con noi”…» (Matteo 1:22-23, citando Isaia 7:14).

Sia la profezia che il racconto della nascita chiariscono la natura eccezionale dell’evento.

Tale eccezionalità trova conferma anche nei frutti della vita del bambino nato.

Altri eventi più o meno contemporanei che lì per lì sarebbero stati considerati di gran lunga più importanti, appaiono come relativamente insignificanti quando i loro frutti vengono paragonati ai frutti prodotti dalla vita e l’opera dell’Emmanuele. Prendiamo ad esempio la nascita di Cesare Augusto, l’imperatore romano nominato nel resoconto di Luca della nascita di Gesù (Luca 2,1).

Nel 9 a.C. l’assemblea provinciale dell’Asia antica emanò un editto che descrisse la sua nascita nei seguenti termini: «la nascita del dio (Cesare Augusto) è stato per tutto il mondo l’inizio del vangelo che lo concerne». Lo stesso editto invitò tutti gli uomini a «calcolare una nuova era a partire dalla data della sua nascita» (4).

Ora non c’è dubbio che Ottaviano fece molto per meritare il titolo «Augusto» conferitogli nel 27 a.C. però, alla prova dei fatti l’umanità non ha visto opportuno calcolare il passaggio del tempo dalla data della sua nascita.

Potrebbe sembrare ironico che uno dei contributi più significativi di Cesare Augusto alla storia, grazie alla creazione della pax romana e una buona rete stradale, è stato quello di facilitare la diffusione di un «Vangelo» molto più grande di quello annoverato dall’assemblea provinciale dell’Asia antica.

La potenza e la portata universale ed eterna del Vangelo riguardante Gesù fanno capire che l’evento verificatosi a Betlemme, nell’oscura provincia della Giudea al confine dell’impero, aveva origine in Dio.

Concludiamo che l’usanza comune di datare la storia avanti e indietro dalla nascita di Gesù avvenuta a Betlemme verso la fine del regno di Erode il Grande (Matteo 1:1-6; Michea 5:2) non è affatto casuale. Infatti con la Sua nascita si concluse il processo con cui l’eterno Figlio di Dio partecipò del sangue e della carne «affinché mediante la Sua morte distruggesse colui che aveva l’imperio della morte, cioè il diavolo e liberasse tutti quelli che per timore della morte erano per tutta la vita soggetti a schiavitù» (Ebrei 2:14-15).

«Il mistero della pietà»

Vale la pena spendere ancora qualche parola sull’unicità di Colui che è nato a Betlemme «ai dì del re Erode».

Tale unicità è evidente nella giustapposizione di elementi naturali e sovrannaturali nei racconti della Sua nascita. Per esempio, alla menzione dell’imbarazzo naturale di Giuseppe, quando questi scoprì che la fidanzata era incinta, segue un messaggio angelico che lo fa partecipe della causa sovrannaturale dell’accaduto (Matteo 1:18-20). Anche la prima reazione di Maria all’annuncio che lei stava per concepire e partorire un figlio era del tutto naturale: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?» (Luca 1:34). Segue la spiegazione sovrannaturale: «Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà dell’ombra Sua; perciò ancora il Santo che nascerà, sarà chiamato Figliuolo di Dio» (Luca 1:35). Così pure nelle circostanze della nascita stessa l’aspetto naturale legato alla storia comune e quello sovrannaturale appaiono inestricabili (Luca 2:1-17; Matteo 2:1-12).

La Parola di Dio descrive la verità dell’incarnazione come un grande mistero, ossia come qualcosa che mai potremmo comprendere pienamente (1 Timoteo 3:16).

Alcuni credenti hanno tentato di spiegarne qualche aspetto, per esempio il fatto che Cristo è nato senza peccato.

Qualcuno si è appellato a ciò che la scienza medica insegna riguardo all‘apporto specifico di ciascun genitore al bambino che nasce.

Secondo la chiesa romana, che accredita il racconto del cosiddetto «vangelo di Giacomo» (5), anche Maria sarebbe nata immacolata, in seguito ad un’altra gravidanza miracolosa.

A parte il fatto che, seguendo una simile logica, il problema non si risolverebbe finché non si potesse dimostrare che tutti i diretti antenati di Gesù fossero senza peccati, la Bibbia scredita ogni simile spiegazione (Romani 3:9-23; Luca 1:46-47).

C’è da aggiungere che nella Bibbia, Maria, non viene mai chiamata «madre di Dio» (6), titolo che apre la porta all’idea assurda che lei abbia contribuito in qualche modo a dare a Cristo la Sua Deità.

Certo, a Maria è stato affidato un ruolo di eccezionale privilegio e la sua ubbidienza è stata esemplare. Però il suo ruolo nel processo dell’incarnazione si limitò all’essere madre dell’umanità di Cristo (Luca 2:45-49).

E’ inopportuno tentare di spiegare ciò che per definizione è inspiegabile in quanto evento unico.

La manifestazione di Dio in carne resterà sempre il grande mistero della pietà che costituisce pure la manifestazione della grazia di Dio (Tito 2:11).

Infatti l’incarnazione stabilisce la misura imprevedibile della cura paterna del Creatore per noi, Sue creature. Quindi al posto di cercare di spiegare l’incarnazione, faremmo meglio a rispondere in fede a Dio, con parole simili alle seguenti parole di Paolo:

«Quando giunse la pienezza dei tempi, Iddio mandò il Suo Figliuolo, nato di donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli che sono sotto la legge, affinché noi ricevessimo l’adozione di figliuoli» (Galati 4:4-5).

La vera umanità del Figlio di Dio gli permise di vivere un’autentica vita umana ma in perfetta ubbidienza al Padre.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *