Luca 13:1-9 Tu che hai il coraggio di condannare e di giudicare gli altri, sei davvero in grado di affermare che sarai esente dalla condanna e dal giudizio?
Tu che condanni e giudichi le varie religioni e le varie denominazioni,
sei in grado di affermare che la tua religione, o la tua denominazione, sia esente dalla condanna e dal giudizio? L’altro potrà fare ciò che tu non fai, ma tu fai ciò che l’altro non fa. Si è tutti e due nella stessa identica situazione. L’altro potrà commettere peccati che sono evidenti a tutti, mentre tu commetti peccati nascosti agli occhi degli altri, ma sempre peccato è agli occhi di Dio. Si è, quindi, tutti e due nella stessa identica situazione. Lo stesso vale anche per la comunità.
Una cosa sola ti farà tremare di paura, cioè il fatto stesso che tu giudichi e condanni tutti e tutto, ma tranne te stesso. Ciò che si dovrebbe fare è: PREGARE PER GLI ALTRI AFFINCHÉ POSSANO COMPRENDERE E CONVERTIRSI. Non ad un’altra religione, non in un’altra denominazione, ma a Dio per mezzo di Gesù Cristo.
Perché non vuoi renderti conto del fatto che nessuno ti dà il diritto di puntare il dito contro il tuo prossimo?
Cosa sono tutte le discussioni che si fanno intorno alla parola di Dio? Fino a quando si continuerà a fare discutere?
Quanto “spargimento di sangue”!
“Se non ti converti, morirai”, tu dici, ma stai attento a non far sì che ciò che hai detto ricada su di te, visto che c’è il rischio di sviarsi dalla rettitudine nel corso del tempo.
È molto difficile guardare la pagliuzza che è presente nel proprio occhio, la trave degli altri è facile individuarla. E nessuno spende del tempo a esaminare sé stesso, a riflettere sul proprio comportamento, a valutare le scelte che fa e che sono da fare, a mettersi in discussione con la parola di Dio; nessuno! Oggi si è tutti bravi a tenere la Bibbia e strumentalizzarla per dire agli altri: “No, così non è!”; “No, è scritto che non ti devi comportare in questo modo”; “Qui invece è scritto che…” ecc ecc… Ma prima di rivolgere la parola di Dio ad altri, la rivolgi prima a te stesso? Stai davvero capendo ciò che dice la parola? Ricordati che tu rappresenti un albero piantato nel giardino di Dio che dovrai portare del frutto al tuo Padrone, e cosa succederà se mentre tu parli, giudichi e condanni, rimarrai senza frutto? Non dirà il Signore: “Taglialo”?
Anche la comunità potrebbe essere rappresentata come un albero piantato nel giardino di Dio, e se mentre guarda altre comunità per trovare i difetti e tanto altro, cosa succederà se non porterà nessun frutto? Non dirà il Signore: “Taglialo”?
Esaminiamoci, fratelli e sorelle, esaminiamoci.
Il nostro modo di giudicare chi è buono e chi è cattivo, se giusto o sbagliato, chi dovrebbe essere castigato e chi no, è del tutto sbagliato. La Parola di Dio afferma chiaramente che in questo mondo non vi sono innocenti da salvare e colpevoli da punire, per il semplice fatto che noi tutti, compreso te, abbiamo infranto la giusta e santa legge di Dio, e tutti noi, compreso te, giustamente meritiamo di essere da Dio condannati. Non spetta a noi ergerci a giudici della fecondità o sterilità degli altri!
Quando non si porta frutto? Quando noi ci riteniamo più saggi ed intelligenti di Dio stesso e riteniamo di saperla più lunga di quanto la Bibbia afferma! Quando riteniamo che rimanga vincente la legge del più furbo e del più forte. Quando non diamo a Dio la gloria e l’onore che Gli è dovuta, voltandogli le spalle, vivendo come se non esistesse, disprezzando e trasgredendo la Sua santa parola. Quando il nostro cuore è inaridito dall’egoismo, dal male e dalla cattiveria. Un cuore chiuso in sé stesso è capace infatti solo di prendere avidamente dagli altri senza mai dare. L’egoismo e il male isolano l’uomo da Dio, costringendolo ad amare solo sé stesso, a privarsi della grande gioia di darsi a Dio, di vivere come Egli vuole. In tale condizione il nostro cuore non produce il frutto.
Cosa fare? Dobbiamo convertirci.
Tutte le cure che Gesù ci prodiga con la Sua Parola, con i Suoi interventi provvidenziali, e tali sono anche gli avvenimenti dolorosi della vita, sono offerte per la nostra conversione.
Lasciamoci coltivare da Gesù, dalla Sua Parola. La Parola di Dio è come l’aratro, che viene a dissodare il terreno del nostro cuore, ma è anche come il seme che vi viene immesso, perché possa produrre frutto.
La conversione, il cambiare atteggiamento, il ri-orientare la nostra vita è il frutto che ci è chiesto. E’ la grande responsabilità che viene data a noi.
Così l’amore che Egli ci porta, se rifiutato, diventa ragione della nostra condanna: “Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo”.
Vogliamo farci una domanda: “Che cosa posso fare per convertirmi, perché la mia vita sia conforme alla volontà di Dio?”.
Convertirsi consiste nell’avere sempre più vivo il senso di Dio, cioè il senso della Sua presenza e il tentativo di vedere le cose come Lui le vede, consiste nel gustare come è buono il Signore e rifugiarsi in Lu
Dio è paziente, ma la Sua pazienza non si può programmare: la minaccia sempre incombente, tuttavia le possibilità di salvezza sono ancora aperte: “Signore, lascialo ancora quest’anno, che io abbia tempo di dissodare e concimare il terreno”. Gesù non si arrende di fronte all’aridità del cuore umano e continua a riversare su di esso tutte quelle cure amorevoli che sono necessarie perché esso si ridesti dallo stato di torpore improduttivo.
Ma non ci si deve prendere gioco della ricchezza della bontà di Dio, della Sua tolleranza e della Sua pazienza, ma riconoscere che la bontà di Dio ci spinge alla conversione.
Dio è paziente, è vero, ma la Sua pazienza non è perché io possa giustificare il rimando o l’indifferenza.
Il tempo che si prolunga è segno di misericordia, non assenza di giudizio. Il tempo si prolunga per permetterci di approfittare, non per giustificare il rimando o l’indifferenza. E comunque la pazienza di Dio ha un limite. Ma quante volte diciamo al Signore: “Aspetta”, “adesso non posso, abbi pazienza”, “appena possibile…”, oppure: “No Signore, è lui che non sta ubbidendo alla Tua parola, io sì”, “Questa parola è proprio adatta per quel fratello, per quella sorella. Per me, no”, senza più lasciarLo operare nella nostra vita.
Stai tu portando frutto? Arrendiamoci al Signore, ed Egli si prenderà cura di noi. Dio vuole del frutto da te e da me, quindi non sottovalutiamo l’avvertimento. Dimoriamo in Lui, ascoltiamoLo e ubbidiamo alla Sua parola che è il concime che Egli mette nel nostro terreno. Solo allora, finalmente, questo albero che siamo ognuno di noi, riesce a sbocciare, a fiorire, ed a fruttificare per glorificare e onorare il Creatore.
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