TOCCATO DALLA MANO DI DIO by David Wilkerson
Nehemia fu un uomo di grande intensità per Dio. “Arrivò da Giuda Hanani, uno dei miei fratelli, assieme ad alcuni altri uomini. Io li interrogai riguardo ai Giudei scampati, superstiti della cattività, e riguardo a Gerusalemme. Essi mi dissero: «I superstiti che sono scampati dalla cattività sono laggiù nella provincia, in grande miseria e obbrobrio; inoltre le mura di Gerusalemme sono piene di brecce e le sue porte consumate dal fuoco». Come udii queste parole, mi posi a sedere e piansi; quindi feci cordoglio per vari giorni, e digiunai e pregai davanti al Dio del cielo” (Nehemia 1:2-4).
I superstiti erano tornati al luogo santo, ma la letargia e il vituperio si erano insinuati in loro. La condizione era ancora decadente – non era stato fatto alcun progresso spirituale.
La Scrittura dice che Nehemia iniziò a piangere, a fare cordoglio e a “pregare notte e giorno” (verso 6). Non fu una questione di essere svegliato da Dio nel bel mezzo della notte e sentire un peso cadere sulla sua anima. No! Quest’uomo di Dio diede inizio al peso! Egli lo chiese! “Chiesi ai miei fratelli dei superstiti” (cfr. verso 2).
Allo stesso modo, Daniele trascorreva ore, giorni e settimane a studiare la Parola di Dio. Dio non depose un peso soprannaturale nel suo cuore; piuttosto, Daniele umiliò il suo cuore. Egli sviluppò e nutrì un vero peso per il popolo di Dio, studiando diligentemente e acquisendo la comprensione di ciò che Dio stava dicendo. “Volsi quindi la mia faccia verso il Signore Dio, per cercarlo con preghiera e suppliche, col digiuno, col sacco e con la cenere” (Daniele 9:3).
Parla di intensità, cordoglio e pianto! Daniele disse, “Io Daniele feci cordoglio per tre settimane intere. Non mangiai cibo prelibato, non entrarono nella mia bocca né carne né vino e non mi unsi affatto, finché non furono passate tre intere settimane…In me non rimase più forza” (Daniele 10:2-3, 8).
Quando la mano di Dio toccò Daniele, queste furono le parole che scaturirono dal trono: “Non temere, Daniele, perché dal primo giorno che ti mettesti in cuore di intendere e di umiliarti davanti al tuo Dio, le tue parole sono state ascoltate e io sono venuto in risposta alle tue parole” (verso 12). In ebraico, il termine “umiliarti” significa vessare la carne per portarla alla sottomissione. Paolo dice anche “Io riduco il mio corpo in schiavitù”.
Il Signore avrà un popolo oggi completamente donato alla Sua opera – intenso, appassionato e contrito – che dona ogni ora ed euro in più a ciò che rappresentano i Suoi interessi sulla terra.
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