Mi sembra una contraddizione che Dio, da un lato, dia il comandamento “non uccidere” (Esodo 20:13) e dall’altro, ordini al popolo di Israele di uccidere, donne e bambini (Genesi 6:21; 8:2-4, ecc.).

Iniziamo dal comandamento in esodo 20. Le intenzioni di Dio nel darlo vengono spiegate in questo modo nel discordo della montagna: “Voi avete udito che fu detto agli antichi: “Non uccidere: chiunque avrà ucciso sarà sottoposto al tribunale”; ma io vi dico: chiunque si adira contro suo fratello sarà sottoposto al tribunale…” (Matteo 5:21-22). Giovanni lo conferma in Giovanni 3:15, con le parole: “Chiunque odia suo fratello è omicida”.
Anche se nell’Antico Testamento non veniva detto espressamente, il significato del comandamento era questo sin da allora. Da sempre, non soltanto la concretizzazione dell’odio in azione, cioè l’omicidio, a costituire il peccato, bensì l’odio in un’azione, cioè l’omicidio, a costituire peccato, bensì l’odio in sé. Infatti, il comandamento “ama il tuo prossimo come te stesso” si trovava già nell’Antico Testamento (Levitico 19:18). Gesù, quindi non ha introdotto un nuovo comandamento, ma ha semplicemente spiegato il significato dell’antico comandamento portato alle estreme conseguenze. Se un Israelita uccideva un uomo per odio, doveva essere punito. Gli Israeliti non dovevano fare la guerra ai popoli cananei per odio, ma giudicarli per conto di Dio. La spada nella mano di un Giosuè era dunque come la spada del giustiziere che esegue una condanna capitale. Ma perché i Cananei dovevano essere giudicati così tanto duramente? La risposta ci viene data in Genesi 1: Dio promette ad Abramo il paese di Canaan, ma dice che il popolo entrerà in possesso della terra soltanto dopo quattro generazioni, “Alla quarta generazione essi torneranno qua; perché l’iniquità degli Amorei non è giunta finora al colmo”. Ma quando ciò fosse accaduto, il paese avrebbe “Vomitato i suoi abitanti” (Levitico 18:24). La testimonianza della Scrittura, che descrive come questi popoli vivessero in una dissolutezza che umiliava l’uomo e disonorava Dio, offrissero sacrifici umani, indulgessero senza inibizioni alla prostituzione culturale, è stata confermata dalla ricerca archeologica sull’Antico Oriente. In Levitico 18, Mosè parla di incesto, omosessualità, sodomia, sacrifici di bambini e dice: “… con tutte queste cose si sono contaminate le nazioni che io sto per cacciare davanti a voi. Il paese ne è stato contaminato; per questo io punirò la sua iniquità” (vv. 24-25).
Israele ricette l’incarico di eseguire il giudizio decretato da Dio nei riguardi di quei popoli, come dice il Salmista nei suoi versi: “Abbiano in bocca le lodi di Dio, e una spada a due tagli in mano per punire le nazioni e infliggere castighi ai popoli; per legare i loro re con catene i loro nobili con ceppi di ferro, per eseguir su di loro il giudizio scritto. Questo è l’onore riservato a tutti i suoi fedeli” (salmo 149:6-9).
La chiesa di Cristo, naturalmente, non ha mai ricevuto un incarico simile a quello dato al popolo di Dio, nell’Antico Testamento di punire con la spada in mano, al contrario: “tutti quelli che prendono la spada periranno di spada”, fu il rimprovero di Gesù a Pietro, che pensava di dover difendere il suo Maestro con la spada (Matteo 26:52). Non ci sono scuse al fatto che, nel corso della storia, la chiesa cristiana sia continuamente ricorsa alla spada per difendere i propri interessi o estendere la propria influenza. Eppure, anche nel Nuovo Testamento si parla di una forma di uccisone che non costituisce omicidio, che quindi non viola il comandamento di Esodo 20: in Romani 13, Paolo afferma che Dio ha messo la spada in mano all’autorità; perché essa “è” un ministro di Dio per infliggere una giusta punizione a chi fa il male”. Ma stiamo attenti: Dio ha affidato la “spada” all’autorità statale, cioè ai corpi militari e di polizia e alla giustizia, non alla Chiesa.
B.Peters

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *