La conversione di Charles Finney
Una domenica sera dell’autunno del 1821, turbato e commosso dai rimproveri della propria coscienza, Charles prese la risoluzione di fare, se ciò gli fosse stato possibile, la pace con Dio.
La conversione merita di essere raccontata per intero, perch’essa è così originale e nuova, per il modo in cui avvenne, e per l’influenza così profonda che esercitò, non solo sulla carriera del futuro evangelista. Appena Finney ebbe deciso di risolvere il problema della propria salvezza, un sentimento di vergogna si impadronì di lui. Da parecchi mesi, la sua Bibbia giaceva sul suo scrittoio, confusa fra i suoi libri di diritto: egli ve l’aveva nascosta, onde nessuno si accorgesse che egli si occupava seriamente di religione. Temendo che il suo capo gli rivolgesse delle domande personali, egli cercava di evitarle. Tre giorni trascorsero così, durante i quali il turbamento dell’anima sua non fece che accrescersi. La sera del martedì successivo, era più che mai agitato. Egli tremava al pensiero che, se non fosse morte, l’inferno sarebbe stato il suo destino. Trascorse una notte tormentosa.
L’indomani mattina, mentre si recava in ufficio, la coscienza gli disse: Non hai promesso di dare il tuo cuore a Dio? Che cosa aspetti ancora per mantenere la tua promessa? Credi forse di poterti salvare da te stesso? A queste parole, una luce subitanea si fece nell’anima sua. La salvezza per grazia, insegnata nella Scrittura, gli apparve improvvisamente con nitida precisione, come la verità stessa di Dio: una salvezza completa e totale che era necessario accettare rinunciando definitivamente a vivere nel peccato. Senza neppur rendersene conto, il giovane avvocato s’era fermato per la strada, con lo sguardo dell’anima profondamente intento al meraviglioso quadro di vita e di redenzione che lo Spirito di Dio gli andava dispiegando interamente. Di nuovo la voce tuonò in lui, con una domanda categorica: “Vuoi tu accettare questa salvezza, oggi? “Sì”, rispose Charles immediatamente; “sì, l’accetterò oggi, o ne morrò di dolore”. A qualche distanza dal villaggio di Adams sorge una collina, a quel tempo coperta da una fitta boscaglia. Nelle sue ore di ozio, Finney soleva andarvi a passeggiare e a riposare. Stavolta, invece di recarsi in ufficio, egli si diresse verso la collina; e salendo verso la vetta, ripeteva fra sé a sé. “Io darò il mio cuore a Dio, o non ridiscenderò mai più di qui”. Giunto sulla sommità, fece qualche passo sull’opposto versante, per essere ben sicuro che nessuno lo vedesse. Due o tre alberi, sradicati da una bufera, giacevano abbandonati alla rinfusa giù per in dirupo.
Finney si lasciò scivolare fra i tronchi, e pervenuto in quella specie di nascondiglio naturale, dove solo Dio poteva vederlo, si mise in ginocchio, e chiuse gli occhi per pregare. Ma la preghiera non veniva. Ogni volta che un soffio d’aria smuoveva il fogliame, egli interrompeva il suo raccoglimento e si voltava, temendo d’essere sorpreso da qualcuno. Infine, si impossessò di lui una specie di disperazione: “Io non posso pregare”, gridava, “il mio cuore è dunque morto per Dio; io non pregherò!” Mentre pronunciava queste parole, il vento tornò ad agitare intorno a lui il fogliame. Egli credette che qualcuno si avvicinasse, ed aprì gli occhi. Egli capì che il suo cuore era ancora preda dell’orgoglio e dalle considerazioni umane, e gettandosi con la faccia a terra gridò con forza: “Non lascerà questo luogo quand’anche tutti gli uomini del mondo e tutti i demoni dell’inferno si radunassero qui per guardarmi! E che? Un peccatore degradato come sono io dovrebbe vergognarsi di essere sorpreso da un altro peccatore, mentre implorava in ginocchio la misericordia del Suo Dio? No, no: si tratta di un peccato troppo grave!” Il suo cuore si era spezzato; le sue resistenze erano venute meno; il suo riguardo umano era sconfitto. Un versetto della Scrittura gli balenò alla mente: “Voi mi cercherete e mi troverete, perché mi cercherete con tutto il vostro cuore” (Geremia 29:13). “Signore, gridai allora, ti prendo in parola! Tu sai che io ti cerco con tutto il cuore, che io sono venuto qui per pregarti, e tu hai promesso di ascoltarmi. Parecchie altre promesse della Parola di Dio mi furono in quel momento chiare nel cuore, tra cui alcune intorno al Redentore dei peccatori. Non potrei spiegare, in linguaggio umano, quanto quelle promesse mi apparissero vere e preziose. Io le prendevo l’una dopo l’altra, come infallibili verità, come altrettante affermazioni che Dio non può mentire. Sembrava che quelle parole mi cadessero nel cuore, anziché salire alla mente. Sentivo Dio stesso, padrone ormai del mio spirito, le metteva alla portata della mia facoltà di intendere. Con tutta l’energia che riesce a trovare un uomo in punto di affogare, mi afferrai e mi sospesi letteralmente ad esse”. Giunto a casa, si mise a tavola per prender cibo: ma non aveva fame.
Prese allora il suo violoncello, per eseguire qualche pezzo di musica sacra, secondo la sua ricreazione preferita. Ma, com’egli stesso ebbe a dire, pittorescamente, gli sembrava che il suo cuore fosse liquido; la voce del suo cuore nuotava nelle lacrime. “Lo slancio dell’anima mia era così impulsivo, che mi precipitai per pregare, nella stanza vicina allo studio. Non vi era in essa né luce né fuoco: pura, essa mi parve tutta illuminata. Appena vi fui entrato ed ebbi chiuso la porta dietro di me, mi sembrò di incontrarmi faccia a faccia con il Signore Gesù Cristo. “L’idea non mi venne allora, né mi venne per lungo tempo appresso, che si trattasse di una visione morale. Al contrario, mi sembrava di scorgere il Signore, come se vedessi davanti a me un altro uomo. Egli non parlava, ma mi guardava in tal modo che io finii per cadere ai suoi piedi. Più tardi, ho desiderato questo fenomeno come uno stato particolarissimo del mio spirito; ed era infatti la forte emozione che io provavo che mi dava il sentimento della realtà della sua presenza. Fino a cadere ai suoi piedi singhiozzando come un bambino, e confessandogli i miei peccati. Mi pareva di bagnare i suoi piedi con le lacrime; tuttavia non ricordo di aver avuto distintamente la sensazione di toccarlo. Dovetti restare a lungo in quello stato, perché quando fui tornato abbastanza calmo per porre fine a quell’incontro, trovai che il fuoco, accesovi prima, si era interamente consumato.
Ma come fui sul punto di sedermi presso il caminetto, io ricevetti il Battesimo dello Spirito Santo. Senza che io me lo aspettassi, non avendo mai nessuno diretto la mia attenzione su quel punto particolare dell’esperienza cristiana, lo Spirito Santo discese su di me con tale potenza, che io mi sentii come penetrato da parte a parte, corpo e anima. Avevo la sensazione come di un’onda elettrica che percorreva tutto l’essere mio: onde su onde di amore liquido: non potrei esprimere questa realtà con parole diverse. Mi sembrava che fosse il soffio del Signore medesimo, l’alitare di Dio! Mi ricordo di aver distintamente provato come se delle ali immense mi sventolassero. Nessuna parola potrebbe esprimere il meraviglioso amore che si era sparso nel mio cuore. Io piangevo ad alta voce di amore e di gioia. Quelle onde passavano e ripassavano su di me, l’una dopo l’altra, a tal punto che mi ricordo d’aver gridato: Io morrò se queste onde continuano! E aggiunsi: Signore, non ne posso più!” Tuttavia non provavo nessun terrore della morte. Era tardi, ormai, nel cuore della notte, quando uno dei membri del coro di chiesa, di cui io ero il direttore, venne a vedermi. Mi trovò che piangevo ad alta voce, e mi domandò: “Signor Finney, che cosa avete?” Non potei rispondergli. “Vi sentite male?”, riprese egli. Io feci uno sforzo su me stesso, e risposi: “No, ma sono così felice che non posso più continuare a vivere!” “Poi andai a letto.
Quando mi svegliai, la mattina seguente, il sole s’era già levato e i suoi raggi penetravano nella mia camera. Mi inginocchiai sul letto e piansi di gioia, spandendo l’anima mia ai piedi del Signore. Mi pareva di udire una voce dirmi in tono dolce rimprovero: Vuoi tu ancora dubitare? Vuoi tu ancora dubitare? No!, gridai io, non voglio, né posso punto dubitare! Una tale evidenza di luce si fece in quel momento in me, che da allora in poi mi fu impossibile porre in dubbio il fatto che lo Spirito Santo aveva preso possesso del mio essere. In quella circostanza, la giustificazione per fede diventò per me una verità d’esperienza. Oramai ero in grado di afferrare il significato delle parole: “giustificati dunque per fede, abbiamo pace con Dio” (Romani 5:1). Ora vedevo chiaramente che, dal momento in cui, nel valloncello, avevo creduto, il sentimento, la persuasione della mia condanna mi era stato tolto, e perciò tutti i miei sforzi, per ricondurre nell’anima mia il sentimento del peccato, erano stati vani. Scomparsa la coscienza dei miei peccati, dileguata la coscienza della condanna! Veramente in quel momento io avevo una così buona coscienza, come se non avessi mai peccato; invece d’aver la sensazione che io non facevo altro se non peccare, il mio cuore era pieno d’amore da strariparne”.
Il deciso mutamento che si era operato nel suo cuore non impedì al giovane Finney di recarsi la mattina seguente, all’ufficio legale presso il quale faceva il suo apprendistato di avvocato. Poco dopo, un anziano della chiesa, che aveva un processo in corso, si presentò in ufficio. “Signor Finney, gli disse. “Voi non avete dimenticato, io spero, che la mia causa dovrà essere trattata questa mattina alle dieci. Siete pronto?” “Signore”, rispose Finney, “il Signore Gesù Cristo mi ha assunto per trattare la sua causa; non posso dunque occuparmi della vostra”. L’anziano, attonito, balbettò: “Che cosa volete dire?” “Voglio dire che mi sono arruolato al servizio di Cristo e che ho accettato di difendere la Sua causa. Voi avrete quindi la bontà di cercarvi un avvocato migliore di me”. Da quel momento Charles Finney divenne il più grande evangelista del Nord America, diede inizio a migliaia e migliaia di risvegli in tutta l’America e la Gran Bretagna. Charles Finney è ancor oggi considerato uno degli uomini più influenti del mondo evangelico.
Charles Finney nacque a Warren, nel Connecticut (Stati Uniti d’America) il 26 agosto 1792. Il Signore lo chiamò a casa il 16 agosto 1875
Trascritta da: La Manna Francesco – Notizievangeliche.com
Autore: Augusto Glardon
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