Come può Dio condannare coloro che non hanno mai udito l’Evangelo?-Herry M.Morris

Questa domanda suscita la perplessità dei Cristiani da generazioni, ogni volta che riflettono sulla sorte dei “pagani non illuminati” che non hanno mai udito l’Evangelo. Ma l’interrogativo ha importanza ancora maggiore in una società moderna, “civilizzata”, che si affretta verso un’era non cristiana. Le generazioni delle nazioni “illuminate”, stanno diventando sempre più biblicamente analfabete. Ciononostante, Dio rimase giusto nel giudicarle. Le generazioni che precedettero i lettori dell’epistola di Paolo ai Romani non si erano curate di ritenere la conoscenza di Dio (Romani 1:28), più o meno come le generazioni precedenti la nostra hanno escluso dalla religione l’autorità biblica. Di conseguenza, in Romani da 1:18 a 2:16 Paolo si rivolge a uomini privi di qualsiasi slancio culturale verso la giustizia e vi illustra il criterio usato per il loro giudizio. “Perché davanti a Dio non c’è favoritismo.
Infatti, tutti coloro che hanno peccato senza legge periranno pure senza legge; e tutti coloro che hanno peccato avendo la legge saranno giudicati in base a quella legge; perché non quelli che ascoltano la legge sono giusti davanti a Dio, ma quelli che l’osservano saranno giustificati. Infatti quando degli stranieri, che non hanno legge, adempiono per natura le cose richieste dalla legge, essi, che non hanno legge, sono legge a se stessi; essi dimostrano che quanto la legge comanda è scritto nei loro cuori, perché la loro coscienza ne rende testimonianza e i loro pensieri si accusano o anche si scusano a vicenda” (Romani 2:11-15). Qualunque sia il contenuto etico o religioso nella formazione personale di un individuo, Dio emette giudizi morali (giudizi che implicano i principi morali di giusto o sbagliato). Chi crede che l’essenza dell’uomo è materia deve negare filosoficamente che qualunque cosa faccia abbia risvolti morali, ma perfino quell’individuo penserà che alcune cose sono giuste e altre sbagliate. Neppure un ateo può astenersi dall’esprimere giudizi morali. In Romani 1:23-31 si descrive una generazione che aveva rigettato la conoscenza del vero Dio e che, quindi, aveva una vaga percezione del castigo divino, ma non sufficiente da farle evitare l’immoralità più volgare. Le persone che si trovano in queste condizioni prendono decisioni morali (decisioni relative a cosa è giusto e cosa è sbagliato) e le applicano ad altri entro un sistema di valori o verità assolute, scusando oppure condannando azioni e modi di pensare. Un tal sistema di valori non può assolutamente reggere il confronto con i giusti parametri di valutazione applicati da Dio per l’umanità. Ma Dio si serve della nostra inferiore moralità per mostrare la suprema giustizia del Suo giudizio. “Perciò, o uomo, chiunque tu sia che giudichi, sei inescusabile; perché nel giudicare gli altri condanni te stesso; infatti tu che giudichi, fai le stesse cose. Ora noi sappiamo che il giudizio di Dio su quelli che fanno tali cose è conforme a verità” (Romani 2-12). La Parola di Dio qui afferma che uomini e donne non si considereranno condannati ingiustamente dai retti parametri divini, perché si renderanno conto di non essere stati neppure all’altezza della loro stessa inferiore moralità. Nessuno potrà dire, senza mentire, di essere giustificato dai propri sistemi etici, perché tutti riconosceranno con il verdetto di colpevolezza pronunciato da Dio nei loro confronti. Un tal ragionamento potrebbe sembrare improbabile, perché noi ora cerchiamo continuamente di giustificare la nostra peccaminosità o negare la realtà del peccato. Possiamo farci forti per respingere il pensiero della condanna, ma le nostre difese crolleranno sotto lo sguardo santo della penetrante giustizia di Dio. “In quel giorno, si piegherà ogni ginocchio… e ogni lingua confesserà che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre” (Filippesi 2:10-11) e la sua gloria convincerà gli uomini che la loro colpevolezza misurata secondo i parametri della loro moralità è nulla in confronto alla loro colpa dinanzi a Dio. Nondimeno, poiché non saranno stati capaci di vivere neppure secondo i parametri della propria bassa moralità, non avranno scusanti. La loro incapacità di dimostrarsi all’altezza del loro basso sistema etico non lascerà adito ad alcuna protesta. La loro vera condanna, tuttavia, deriverà dall’aver rifiutato la giustizia di Dio, in Suo Figlio, Gesù Cristo. IL fatto che per una generazione gli uomini siano voluti restare ciechi alla verità non obbliga Dio a modificare i propri standard di verità per conformarsi alla loro cecità. Il Cristiano può rendere grazie di fatto che, benché anche lui sia venuto meno nelle sue aspirazioni di santità assoluta, Dio ha fatto di Cristo la sua giustizia (I Corinzi 1:30) e quelli che per la salvezza confidano in Gesù Cristo, è stata messa in conto di giustizia di Cristo (Romani 4:6). “Questa generazione giunge con la salvezza, infatti col cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa confessione per essere salvati” (Romani 10:10).
Herry M.Morris

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