“Che cos’è l’Onnipotente perché lo serviamo? Che guadagneremo a pregarlo?-F.TOPPI
La risposta di Giobbe a Zofar dopo un’introduzione abbastanza risentita afferma che i malvagi non sono immediatamente colpiti dal giudizio di Dio, vivono fino alla vecchiaia, prosperano, si rallegrano, anche se non manifestano alcuna attenzione verso il Signore. Il nostro testo, però, è significativo perché, una volta estratto dal contesto, esprime l’idea terrena che gli increduli hanno di Dio e dell’eternità.
Le due stoltezze
La prima domanda dell’incredulo è sarcastica: “Che cos’è Dio perché lo serviamo?”. Coloro che la formulano sono di solito agnostici riguardo all’eternità e rispetto a quanto è trascendente, credono soltanto a ciò che vedono con gli occhi materiali. Faraone rispetto a loro era virtuoso, un uomo addirittura religioso quando domandava a Mosè: “Chi è il Signore che io debba ubbidire alla Sua voce e lasciare andare Israele? (Esodo 5:2). I malvagi di cui parla Giobbe si rivelano non soltanto increduli, ma soprattutto materialisti nel senso più retrivo del termine. Per loro quel che conta sono le cose che si vedono, le cose materiali e terrene. Poiché non Lo vediamo concretamente, che cos’è dunque Dio? Ci dicono che dobbiamo servirLo, ma poi aggiungono che è invisibile. Siamo invece molto più interessati a servire e a spendere tutte le nostre energie per quello che vediamo. Crediamo a tutto ciò che vediamo, alla ricchezza, all’argento e all’oro, al bestiame e alla proprietà terriera. Queste sono le cose concrete che siamo abituati a servire, ma ci dicono di servire Dio, che cos’è? Perché la religione ci obbliga a servirLo dal momento che non Lo vediamo? Forse è soltanto un inganno di chi vuole incuterci la paura dell’avvenire, ma piuttosto “mangiamo e beviamo, perché domani morremo” (I Corinzi 15:32). La seconda domanda è stolta quanto la prima: “Che guadagneremo a pregarlo?”. Che convivenza abbiamo nel pregare Dio? Per costoro la convivenza è tutto. Servire Dio e pregarLo produrrà per loro un qualche benefico? Ne ricaveranno un utile terreno? Se si riuscisse a convincerli che esiste un guadagno concreto nel mondo degli affari e della ricchezza sarebbero pronti ad offrire al Signore anche un culto esteriore e formale. Avendo, però, già ottenuto prosperità senza alcuna professione religiosa non v’è ragione di credere che riceverebbero altra agiatezza di abbondanza. Quanto a cecità, per loro l’utile è soltanto quello legato alla prosperità terrena! Tuttavia sono da ammirare per la loro sincerità perché esistono individui che professano una fede soltanto apparente in quanto produce loro il rispetto dei religiosi ed anche il loro favore. Questi ultimi sono degli ipocriti e subiscono la stessa sorte di chi apertamente dichiara la propria totale estraneità a Dio. Tanti pensano che esiste l’eternità possono essere salvati per la loro sincerità. L’ipocrisia e l’assenza di fede in Dio non possono essere accettate da Colui che non è soltanto il Creatore ma vuole essere anche il Salvatore.
L’ERRORE
L’errore fondamentale degli increduli è quello di credere “che la divinità sia simile a oro, ad argento, o a pietra scolpita dall’arte e dall’immaginazione umana” (Atti 17:29). Questa forma di religiosità materialistica non induce ad alienarsi dalle cose che si vedono, anzi le conferma: “Dio è Spirito; e quelli che l’adorano, bisogna che l’adorino in spirito e verità” (Giovanni 4:24). Chiedersi “che cos’è Dio” è un tremendo atto di ribellione e di superbia. “Guai a colui che contesta il suo creatore, egli, rottame fra i rottami di vasi di terra! L’argilla dirà forse a colui che la forma: ‘Che fai?’. L’opera potrà forse dire: ‘Egli non ha mani?”‘ (Isaia 45:9). Gli increduli non considerano che l’uomo è simile ad un soffio, i suoi giorni son come l’ombra che passa” (Salmo 144:4).
LA SOLUZIONE
Piuttosto che chiedersi “che cos’è Dio”, è più saggio domandarsi: “Chi è Dio? Dove Lo possiamo trovare?”. La risposta non ci viene data dalle opinioni degli uomini per quanto ricchi ed importanti possano essere nel mondo, ma da Dio stesso che ha voluto rivelarsi per mezzo di Cristo Gesù, il Suo Figlio unigenito, il divino Salvatore. Un discepolo un po’ confuso aveva chiesto a Gesù: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”. Il Maestro rispose: “Chi ha visto me, ha visto il Padre; come mai tu dici: ‘Mostraci il Padre?’. Non credi tu che io sono nel Padre e che il Padre è in me?” (Giovanni 14:8-10). Dove Lo possiamo trovare? Gli uomini tentano di “trovarlo, come a tastoni, benché Egli non sia lontano da ciascun di noi”(Atti17:27). Non occorre essere come dei poveri ricchi che barcollando a tastoni e, cercando di capire dove si trovano, toccano le persone per riconoscerle. Abbiamo finito di cercare invano! Il Signore è vicino e si può trovare facilmente. L’incredulo afferma che la preghiera è inutile perché non vi ricava alcun vantaggio. Certo, tale è la preghiera che è ripetizione di parole apprese da altri, ma se vogliamo trovare Dio, la preghiera sincera è l’unico mezzo che ci conduce a Lui. Egli stesso afferma: “Invocami nel giorno della sventura; io ti salverò, e tu mi glorificherai”(Salmo 50:15). Altro che inutile, la preghiera è il mezzo per la soluzione dei problemi dell’esistenza umana. Dio afferma nella Sua Parola, la Bibbia: “Mettetemi alla prova… vedrete se io non vi aprirò le cataratte del cielo e non riverserò su di voi tanta benedizione che non vi sia più dove riporla” (Malachia 3:10). Dio ci chiede di metterLo alla prova e allora vedremo “la differenza che c’è fra il giusto e l’empio, fra colui che serve Dio e colui che non lo serve” (Malachia 3:18).
Francesco Toppi
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