COME RISUSCITARE UN MORTO di C. H. Spurgeon
Un discorso di C.H. Spurgeon rivolto ai monitori della Scuola Domenicale
Lavoratori nella vigna del Signore, vorrei richiamare la vostra attenzione sul più istruttivo miracolo operato dal profeta Eliseo, nel modo in cui ci viene descritto nel quarto capitolo del Secondo Libro dei Re.
L’ospitalità della Shunamita fu ricompensata dal dono di un figliolo; ma, ahimè, tutti i doni materiali sono di breve durata ed avvenne che, dopo qualche tempo, il bambino si ammalò e morì.
La madre, angosciata ma fiduciosa, si rivolse immediatamente a Eliseo poiché era stato lui l’uomo di Dio attraverso il quale il Signore le aveva fatto la promessa di un figlio, secondo il desiderio del suo cuore. Ancora una volta, risolutamente, volle rivolgersi al profeta in modo che questi ponesse la sua causa dinanzi al Divino Maestro. L’azione di Eliseo è descritta nei seguenti versi:
“Allora Eliseo disse a Ghehazi: “Cingiti i fianchi, prendi in mano il mio bastone, e parti. Se t’imbatti in qualcuno, non lo salutare; e se alcuno ti saluta, non gli rispondere; e poserai il mio bastone sulla faccia del fanciullo”. La madre del fanciullo disse ad Eliseo:”Com’è vero che l’Eterno vive, e che vive l’anima tua, io non ti lascerò”. Ed Eliseo si levò e le andò appresso. Or Ghehazi, che li aveva preceduti, pose il bastone sulla faccia del fanciullo, ma non vi fu né voce né segno alcuno di vita. Tornò quindi incontro ad Eliseo, e gli riferì la cosa, dicendo: “Il fanciullo non si è svegliato”. E quando Eliseo arrivò in casa, ecco che il fanciullo era morto e adagiato sul letto di lui. Egli entrò, si chiuse dentro col fanciullo, e pregò l’Eterno. Poi salì sul letto e si coricò sul fanciullo; pose la sua bocca sulla bocca di lui, i suoi occhi sugli occhi di lui, le sue mani sulle mani di lui; si distese sopra di lui, e le carni del fanciullo si riscaldarono. Poi Eliseo s’allontanò, andò qua e là per la casa; poi risalì, e si ridistese sopra il fanciullo; e il fanciullo starnutì sette volte, ed aperse gli occhi. Allora Eliseo chiamò Ghehazi, e gli disse:”Chiama questa Shunamita”. Egli la chiamò; e com’ella fu giunta da Eliseo questi le disse:”Prendi il tuo figliuolo”. Ed ella entrò, gli si gettò ai piedi e si prostrò in terra; poi prese il suo figliuolo, ed uscì.” (2 Re 4:29-37)
Cari fratelli, la vostra posizione e il compito che dovete svolgere per Cristo, come monitori della Scuola Domenicale, possono essere esattamente paragonati alla posizione di Eliseo e alla situazione che gli si presentò in questa circostanza.
Eliseo doveva occuparsi di un fanciullo morto. È vero che nel suo caso dovette affrontare la morte naturale, ma il nemico che voi dovete combattere, la morte spirituale, non è certo meno potente! I ragazzi e le ragazze delle vostre classi sono, come certamente anche gli adulti, “morti nei falli e nei peccati”1. Che nessuno di voi si inganni nel valutare la condizione nella quale tutti gli esseri umani si trovano per natura! Se non avrete una chiara percezione della totale rovina e morte spirituale dei vostri ragazzi, sarete incapaci di essere di benedizione per loro. Presentatevi loro, vi prego, non come a dormienti credendo di avere in voi stessi la capacità o il potere di risvegliarli dal loro sonno spirituale, ma nella consapevolezza che vi trovate davanti a dei cadaveri spirituali che possono essere vivificati esclusivamente dal potere divino. Il grande obbiettivo che Eliseo doveva raggiungere non era quello di ricomporre il corpo morto, di imbalsamarlo con spezie, di avvolgerlo in un panno di lino fine, o di dargli un’appropriata sepoltura e quindi lasciarlo lì cadavere: egli non aspirava a niente di meno che a riportarlo in vita. Cari fratelli monitori, che ciascuno di voi non si senta mai appagato se mira semplicemente a benefici che sono di secondaria importanza, e nemmeno se li vede realizzarsi. Che ciascuno di voi si impegni nel perseguire il più grande di tutti i fini: la salvezza delle anime immortali! Il vostro compito non è solamente quello di insegnare ai fanciulli delle vostre classi a leggere la Bibbia, non solo quello di inculcare loro quali siano i doveri morali e neanche quello di istruirli semplicemente riguardo alla ‘lettera’ del Vangelo, ma la vostra più alta chiamata è di essere degli strumenti nelle mani di Dio, per portare vita eterna alle anime morte. Il vostro insegnamento nella Scuola Domenicale sarà un fallimento se i vostri ragazzi rimarranno morti nel peccato. Per un insegnante secolare, il buon grado di cultura del ragazzo proverà che la sua fatica non è stata vana; ma nel vostro caso, anche se i vostri alunni dovessero crescere e diventare rispettabili membri della società, anche se dovessero divenire regolari frequentatori delle riunioni di culto, voi sapete bene che le vostre suppliche non sono state esaudite, che i vostri desideri non sono stati accordati, né che i vostri più alti obbiettivi sono stati conseguiti, fino a quando non vedrete qualcosa di più; fino a quando non si potrà dire dei vostri ragazzi che “Il Signore li ha vivificati con Cristo.”2
La risurrezione, dunque, è il nostro obbiettivo! Risuscitare i morti è la nostra missione! Noi siamo come Pietro a Joppe, o Paolo a Troas, abbiamo dei giovani Dorcas o Eutico da riportare in vita. È così insolito questo lavoro da essere compiuto? Se siamo increduli, allora saremo scossi dall’evidenza che il lavoro al quale il Signore ci ha chiamati è del tutto al di sopra delle nostre possibilità. Noi non possiamo risuscitare il morto. Se ci viene chiesto di farlo, ognuno di noi può, come il Re d’Israele, stracciare le sue vesti e dire, “Son io forse Dio, col potere di far morire e vivere?”3 In ogni caso, però, non siamo nemmeno più deboli di Eliseo, infatti nemmeno lui avrebbe potuto risuscitare il figlio della Shunamita con le proprie forze. È vero che, da soli, non potremo mai far palpitare di vita spirituale i cuori morti dei nostri alunni, ma anche Paolo ed Apollo erano ugualmente deboli. Ciò dovrebbe scoraggiarci? O, piuttosto, non dovrebbe portarci a considerare le nostre effettive possibilità piuttosto che quelle presunte? Sono sicuro che tutti siamo consapevoli che l’uomo che vive nel campo della fede abita nel regno dei miracoli. La fede vede sempre realizzarsi dei miracoli.
La fede, la fede potente, vede la promessa,
e solo ad essa guarda;
Si beffa delle difficoltà,
ed esclama: Tutto è possibile!
Eliseo non fu più un uomo ordinario da quando lo Spirito di Dio venne sopra di lui. Dio, che lo chiamò al Suo servizio, lo accompagnò e lo assistette nella sua opera. E tu, che sei un insegnate consacrato, scrupoloso e fervente, non rimanere più ancorato alla comune esistenza; sei divenuto, in un modo speciale, il tempio dello Spirito Santo. Dio dimora in te, e tu sii fedele essendo divenuto un potenziale operatore di miracoli. Sei inviato nel mondo non per fare le cose che sono possibili agli uomini, ma quelle impossibili, le quali Dio opera col Suo Spirito, per mezzo dei Suoi figliuoli. Compi dei miracoli, fai prodigi. Non sei, dunque, un semplice spettatore in attesa del risveglio di questi fanciulli morti, perché sei chiamato da Dio a mutare la loro condizione, e se ti sembra incredibile o impossibile, ricorda che chi opera per mezzo della tua fievole intercessione è lo Spirito di Dio. “Perché mai si giudica da voi cosa incredibile che Dio risusciti i morti?”4 Non appena noterai la frivolezza e l’ostinatezza iniziale dei tuoi alunni, l’insicurezza ti sussurrerà, “Potranno queste ossa secche rivivere?” Ma la tua risposta deve essere, “Oh Signore, Tu conosci ogni cosa.”5 Affidando i tuoi alunni nelle mani dell’Onnipotente, sta a te predicare alle ossa secche, e fra breve potrai chiaramente vedere il segno del trionfo della vita sulla morte. Assumiamo quindi la giusta posizione, e poi realizziamola. Abbiamo dei fanciulli morti dinanzi a noi, e le nostre anime anelano di riportarli alla vita. Ammettiamo che la vivificazione deve essere operata solo dal Signore, e la nostra umile preghiera è che, se il Signore ci userà in relazione ai Suoi miracoli di grazia, Egli dovrà altresì mostrarci ciò che vuole che facciamo.
Eliseo avrebbe dovuto ricordarsi del tempo in cui era stato servo di Elia e avrebbe dovuto seguire l’esempio del suo maestro. In tal caso, Egli non avrebbe mandato Ghehazi con un bastone, ma avrebbe fatto subito ciò che, alla fine, dovette ugualmente fare. Nel primo Libro dei Re, al diciassettesimo capitolo, troverete la storia della risurrezione, da parte di Elia, di un ragazzo morto. Leggendo potrete vedere che Elia, il maestro, aveva lasciato un completo esempio al suo servo; un esempio che non fu seguito da Eliseo in tutti gli aspetti in cui il miracoloso potere era stato manifestato. Sarebbe stato prudente, credo, se Eliseo avesse, da subito, imitato l’esempio del maestro del quale indossava il mantello. Con molta più forza vi dico, cari conservi, che sarebbe bene per noi se, in qualità di insegnanti, imitassimo il nostro Maestro; se, cioè, studiamo i modi ed i metodi del nostro glorioso Maestro, ed impariamo ai Suoi piedi l’arte del conquistare anime. Come Egli venne in contatto con la nostra misera umanità, ed accondiscese ad umiliarsi alla nostra infelice condizione, così noi dobbiamo avvicinarci alle anime con le quali abbiamo a che fare, soffrendo per loro con il medesimo Suo desiderio di vederle salvate, e piangendo per esse come Egli fece, se vorremo vederli liberati dalla loro condizione di peccato. Solo imitando lo spirito ed i metodi del Signore Gesù diverremo dei saggi conquistatori d’anime.
Dimenticando di seguire l’esempio del suo maestro, Eliseo non utilizzò il metodo che avrebbe chiaramente dimostrato la sua stessa dignità profetica. Diede il suo bastone nelle mani di Ghehazi, il suo servo, e gli ordinò di porlo sulla faccia del fanciullo, come se sentisse che il potere divino fosse così abbondante su di lui che avrebbe potuto operare in qualunque maniera, e che il bastone potesse sostituire la sua presenza personale. Ma i pensieri del Signore non erano quelli di Eliseo! Temo che, molte volte, la verità che predichiamo dal pulpito – ed indubbiamente si può affermare lo stesso nelle vostre classi – è estranea al nostro cuore ed è al di fuori di noi stessi; come un bastone che possiamo anche stringere nelle nostre mani, ma che non è parte di noi. Noi afferriamo verità dottrinali e concrete, proprio come fece Ghehazi col bastone, e poi, proprio come egli pose quel pezzo di legno sul viso del fanciullo, senza soffrire per la sua anima, così facciamo con i nostri insegnamenti. Spieghiamo una dottrina, parliamo di una verità, forniamo un aneddoto ed una illustrazione, usiamo un certo metodo per insegnare una lezione ed enunciare un discorso… ma, spesso, la verità che insegniamo è una cosa tanto distinta da noi stessi e separata dal nostro intimo modo di vivere, che l’effetto che potrà avere sulle anime morte dei nostri uditori sarà uguale a quello ottenuto dal bastone di Eliseo. Ahimè! Temo di aver frequentemente predicato l’Evangelo sicuro che fosse il Vangelo del mio Maestro, il vero bastone profetico, eppure esso non ha dato risultati, perché non l’ho fatto con la veemenza, la serietà ed il vigore che un tale messaggio richiede. E voi? Non dovrete confessare, che talvolta avete insegnato la verità, – era la verità, e sapevate benissimo che lo era, – la pura verità che troviamo nella Bibbia, la stessa che, altre volte, è stata preziosa per la vostra stessa anima… eppure nessun buon risultato è derivato da essa, perché mentre la insegnavate, in realtà non la sentivate personalmente nella sua potenza, e non la sentivano neanche i fanciulli ai quali era indirizzata. La vostra ‘lezione’ era come quel bastone e voi, indifferenti proprio come Ghehazi. Non c’è da meravigliarsi se poi, come Ghehazi, dovrai dire: “Il fanciullo non si è svegliato”, perché la potenza vivificante di Dio non ha trovato un appropriato strumento nel tuo insegnamento privo di vita. Non sembra anche a voi di intravedere che Ghehazi non fosse nemmeno molto convinto che il fanciullo era morto sul serio? Infatti sembra che parli come se ritenesse che si fosse solamente addormentato e necessitasse solamente di qualche scossone. Dio non benedirà quegli insegnanti che non sono profondamente convinti e non scorgono la condizione decaduta nella quale giacciono i loro ragazzi. Se credete che il fanciullo non sia realmente corrotto, se vi mostrate indulgenti verso le insensate idee riguardo all’innocenza dell’infanzia e alla dignità della natura umana, non dovete sorprendervi se rimarrete aridi e infruttuosi. Come potrà Dio benedirvi facendovi operare una risurrezione quando, se vorrà operarla per mezzo di voi, sarete incapaci di scorgere la gloriosa natura e la straordinarietà di ciò che è accaduto?
Se il ragazzo fosse stato risuscitato dopo l’intervento di Ghehazi, questi non si sarebbe meravigliato più di tanto; forse avrebbe pensato che era stato risvegliato improvvisamente da un insolito sonno profondo. Se Dio benedicesse la testimonianza di persone che non credono nella totale corruzione dell’uomo convertendo le anime, costoro affermerebbero semplicemente: “L’Evangelo è molto morale, ed esercita un’influenza molto benefica,” ma non magnificheranno né benediranno mai la grazia rigeneratrice per la quale Colui che siede sul trono fa “ogni cosa nuova”.
Osserviamo attentamente ciò che fece Eliseo quando il suo primo tentativo fallì. Quando falliamo in un tentativo, non dobbiamo dunque darci per vinti. Se, fino ad ora hai conosciuto solo cosa sia l’insuccesso, mio caro fratello o sorella, non devi da ciò dedurre di non essere stato chiamato a quel lavoro. Non devi farlo proprio perché Eliseo non smise di credere che il fanciullo poteva essere risuscitato. La lezione che devi imparare dal tuo insuccesso non è: “Smetti di lavorare”, ma: “Cambia metodo”! Ciò che non funziona non è la persona, ma il piano poco saggio. Se non sei capace di portare a termine ciò che desideri, ricorda questo verso di un cantico della Scuola Domenicale:
Se al primo tentativo non hai successo,
Prova, prova, prova di nuovo.
Non provare, però, nello stesso modo tranne che tu non sia sicuro che è il migliore. Se il tuo primo metodo è risultato un fallimento, devi correggerlo. Esamina in che cosa hai sbagliato, e poi, cambiando il tuo metodo, o il tuo spirito, il Signore potrà metterti in una condizione di utilità che è al di sopra delle tue aspettative. Eliseo, quando seppe che il fanciullo non era tornato in vita, invece di scoraggiarsi si rimboccò le maniche, e si affrettò con gran vigore a compiere il suo lavoro.
Notate dov’era posto il fanciullo: “Quando Eliseo arrivò in casa, il bambino, morto, era adagiato sul suo letto.” Quello era il letto che la Shunamita aveva preparato per ospitare Eliseo, quel letto che insieme al tavolo, alla sedia, ed al candeliere, non devono essere mai tralasciati nella Chiesa di Dio. Lo scopo della Shunamita era quello di albergare il profeta in casa sua, non solo per l’affetto per il profeta di Dio, ma affinché egli potesse lì riposarsi. Mi piace pensare che l’aver posto il fanciullo morto su quel letto simboleggia il posto in cui i nostri alunni non convertiti devono essere adagiati se vogliamo che siano salvati. Se vogliamo essere una benedizione per loro, dobbiamo averli a cuore: devono essere il nostro peso di ogni giorno e di ogni notte. Dobbiamo portare i casi dei nostri alunni nel silenzio della nostra cameretta; dobbiamo pensare a loro durante le veglie notturne e quando non possiamo dormire a causa di pensieri che ci angosciano, essi debbono far parte di quelle ore insonni. I nostri letti devono testimoniare delle nostre implorazioni: “Oh, che Ismaele possa vivere davanti a Te!” disse Abrahamo, ma noi preghiamo: “Oh, che i miei cari ragazzi e le mie care ragazze possano divenire dei figliuoli dell’Iddio vivente!” Sia Elia che Eliseo ci insegnano che non dobbiamo tenere il fanciullo lontano da noi, fuori, o al di sotto di noi in una fredda noncuranza, ma, se vogliamo riportarlo alla vita, dobbiamo porlo nella più calda comunione dei nostri cuori.
Continuando a leggere troviamo che: “Egli entrò, si chiuse dentro con il fanciullo, e pregò il Signore”. È adesso che, osservando l’opera del profeta, possiamo imparare come si risuscita un fanciullo morto. Se vi volgete al racconto di Elia, scoprirete che Eliseo adottò una procedura ortodossa: il metodo del suo maestro Elia. Potrete leggervi, “Egli le rispose: “Dammi tuo figlio”. Lo prese dalle braccia di lei; lo portò su nella camera di sopra, dove egli alloggiava, e lo coricò sul suo letto. Poi invocò il Signore, e disse: “Signore mio Dio, colpisci di sventura anche questa vedova, della quale io sono ospite, facendole morire il figlio?” Si distese quindi tre volte sul bambino e invocò il Signore, e disse: “Signore mio Dio, ti prego, torni la vita di questo bambino in lui!” Il Signore esaudì la voce di Elia: la vita del bambino tornò in lui, ed egli visse.” Il grande segreto sta soprattutto, nel potere della preghiera. “Egli entrò, si chiuse dentro con il fanciullo e pregò il Signore.” Un antico proverbio dice che, “Ogni vero pulpito si costruisce in cielo”. Il suo significato è che i veri predicatori vivono sempre in comunione con Dio. Se non chiediamo a Dio la sua benedizione, se il fondamento della predicazione non è costituito dalla preghiera privata, il nostro ministerio non avrà successo. Lo stesso vale per te; ogni reale potere dell’insegnante deve venire dall’alto. Se tu non entri mai nella tua cameretta, se non ti chiudi dentro, se non presenti le tue suppliche al trono di grazia per i tuoi alunni, come puoi pretendere che Dio ti onori operando in loro una conversione? Credo sia un ottimo metodo, quello di prendere i tuoi alunni uno per uno, da soli nella tua stanza, e pregare con loro. Potrai vedere i tuoi ragazzi convertiti quando Dio ti farà considerare individualmente i loro casi, ti farà soffrire per loro, e farà sì che tu li prenda uno per uno, e con la porta chiusa preghi per loro e con loro. C’è molta più influenza nella preghiera privata offerta con una singola persona, che in una preghiera pubblica espressa nella classe, – non più influenza con Dio, naturalmente, ma più influenza con il tuo alunno. Tale preghiera sarà spesso prodotta dalle loro stesse risposte; Dio può far sì che mentre stai effondendo la tua anima, la tua preghiera sia un martello per spezzare i cuori che i tuoi semplici insegnamenti non hanno nemmeno scalfito. Prega con i tuoi ragazzi, individualmente, con ciascuno di loro, e ciò diverrà sicuramente il mezzo per una grande benedizione. Se ciò non accadrà, si dovrà pregare, pregare molto, pregare costantemente, una preghiera impetuosa, il tipo di preghiera che non potrà ricevere un rifiuto, come la preghiera di Lutero, che egli chiamò “il bombardamento del cielo”; cioè, una preghiera che può essere metaforicamente paragonata ad un cannone posto alle porte del cielo con lo scopo di aprirle, di modo che gli uomini ferventi abbiano successo nella preghiera; essi non smetteranno di pregare fino a quando non potranno affermare piangendo, con Lutero: “Vici”, “Ho vinto, ho raggiunto la benedizione per la quale ho lottato.” “Il regno dei cieli è preso a forza e i violenti se ne impadroniscono.”6 Se noi chiediamo a Dio con questa insistenza, Egli non permetterà che cerchiamo il Suo volto invano!
Dopo aver pregato, Eliseo adottò i giusti mezzi. La preghiera e i mezzi giusti devono camminare insieme. I mezzi senza la preghiera sono solo espressione di presunzione! La preghiera senza l’uso dei mezzi è ipocrisia! È questo l’equilibrio che deve mantenere tanto il giovane, quanto il venerando uomo di Dio! Notiamo il suo singolare modo di procedere: egli si chinò sul corpo, e mise la sua bocca su quella del fanciullo. La bocca fredda e senza vita del fanciullo venne toccata dalla bocca calda e vitale del profeta, ed una corrente fresca e vitale, un caldo respiro fu trasferito nel corpo freddo del fanciullo, dalla sua bocca, alla gola, ed ai polmoni. In seguito, il santo uomo, con amorevole ardore di speranzosa fiducia, mise i suoi occhi su quelli del fanciullo, e le sue mani su quelle del fanciullo; le calde mani del vecchio uomo vivo coprirono le mani gelate del fanciullo morto. Poi egli si distese sul fanciullo, e lo coprì interamente con il suo corpo, come se volesse trasferire la sua stessa vita in quel corpo esanime, e volesse morire con lui, ed allo stesso tempo riportarlo alla vita. Si dice che i cacciatori di camosci che fanno da guida a qualche viaggiatore impaurito, quando giungono in prossimità di qualche parte pericolosa del percorso, legano saldamente a loro stessi le persone che stanno guidando, e dicono: “O tutti e due, o nessuno!”, cioè “Le nostre sorti sono unite: o vivremo entrambi o moriremo insieme.” Allo stesso modo il profeta effettuò una misteriosa unione tra se stesso ed il fanciullo, e nel suo pensiero, prese la risoluzione di raffreddarsi con il corpo gelato del fanciullo, ma allo stesso tempo di riscaldarlo con la sua vita. Quest’atto, cosa deve insegnarci?
Le lezioni sono chiare e numerose. Qui vediamo, come in un quadro, che se noi vogliamo donare vita spirituale ad un ragazzo, dobbiamo prima di tutto realizzare il suo stato. Egli è morto, morto! Dio ti farà sentire che il fanciullo è morto nei falli e nei peccati come tu lo sei stato in passato. Dio desidera che tu, caro insegnante, venga in contatto con questa morte con dolorosa, schiacciante, ed umiliante sensibilità. Vi ho già detto che, per conquistare le anime, dobbiamo osservare come operò il nostro Maestro; dunque, come ha fatto Lui? Per poterci risuscitare dalla morte, cosa è stato necessario che Egli facesse? Dovette morire Egli stesso: non c’era nessun altro modo! La stessa cosa vale per te. Se vuoi riportare alla vita il ragazzo morto, dovrai sentire in te stesso il freddo e l’orrore della morte del fanciullo. È stata necessaria la morte di un uomo per risuscitare degli uomini morti. Non credo che si possa prendere un tizzone dal fuoco senza mettere le mani così vicino da sentirne il calore. Se non senti, più o meno distintamente, il senso della terribile ira di Dio e del terrore della venuta del giudizio, mancherai di energia nel tuo lavoro, e sarai quindi privo di una delle componenti essenziali per il successo. Non penso che il predicatore parli bene degli argomenti senza prima averli sentiti pressanti come un peso personale dato dal Signore. “Ho predicato in catene,” affermava John Bunyan, “ad uomini in catene.” Stanne certo, quando la morte che è nei tuoi ragazzi ti allarma, ti deprime, e ti sommerge, ciò significa che Dio sta per benedirti. Così, realizzando lo stato del fanciullo, e mettendo la tua bocca sulla sua, e le tue mani sulle sue, potrai allora sforzarti di adattarti per quanto possibile, alla sua natura, alle sue abitudini ed al suo carattere. La tua bocca deve imparare a conoscere le parole del ragazzo, così come il ragazzo deve conoscere ciò che tu vuoi dire; devi guardare le cose che ti circondano con gli occhi di un ragazzo; il tuo cuore deve percepire i sentimenti di un fanciullo, in modo da divenire il suo compagno ed amico; devi essere uno studioso dei peccati giovanili; devi anche riuscire a comprendere i loro problemi; devi, quanto è possibile, entrare nelle gioie e nelle afflizioni della fanciullezza. La difficoltà di questo modo di agire non deve preoccuparti, o farti sentire umiliato; se reputi che sia faticoso, o umiliante, allora è meglio che tu non abbia nessun incarico nella Scuola Domenicale. Se ti viene chiesto di fare qualcosa di difficile, devi farla ugualmente, senza pensare alla sua difficoltà. Dio non risusciterà un fanciullo attraverso te, se non sarai disposto a identificarti con lui in tutte le cose che ho appena menzionate, se non userai ogni possibilità per guadagnare la sua anima.
Il profeta, è scritto, “si distese sopra il fanciullo”. Qualcuno ha tradotto, “Egli si raccolse”. Egli era un adulto, mentre l’altro solamente un ragazzo. Non dovrebbe essere “egli si raccolse”? No! “Egli si distese;” e, fai attenzione, non c’è nulla di più difficile di una tale azione per un adulto. Nessuno creda che sia semplice parlare con i ragazzi; un semplicione si sbaglia di grosso se crede che con la sua follia possa interessare ed attrarre i ragazzi e le ragazze. C’è bisogno del nostro migliore intuito, dei nostri più assidui studi, delle nostre più acute riflessioni, delle nostre capacità più mature, per insegnare ai nostri piccoli alunni. Tu non risusciterai il fanciullo finché non ti sarai disteso completamente, nella piena estensione delle tue capacità fisiche e morali; e, sebbene sembri una cosa insolita, tuttavia è la cosa giusta da fare. Bisogna che l’uomo assennato eserciti tutte le sue capacità se vuole divenire un insegnante di successo verso i giovani.
Notiamo quindi, in Eliseo, una consapevolezza della morte del fanciullo ed un coinvolgimento completo nel suo lavoro; ma, soprattutto, notiamo sensibilità. Mentre Eliseo sentiva il gelo del cadavere, il suo calore personale entrava nel corpo privo di vita. Questo da se stesso non poteva risuscitare il ragazzo, ma Dio lo usò per operare – il calore del corpo del vecchio uomo passò in quello del fanciullo, e divenne il mezzo di vivificazione. Ogni insegnante, consideri le seguenti parole di Paolo: “Invece, siamo stati mansueti in mezzo a voi, come una nutrice che cura teneramente i suoi bambini. Così, nel nostro grande affetto per voi, eravamo disposti a darvi non soltanto il vangelo di Dio, ma anche le nostre proprie vite, tanto ci eravate diventati cari”.7 L’autentico conquistatore d’anime comprende cosa significhino questi versi. Da parte mia, quando il Signore mi aiuta nella predicazione, dopo aver espresso l’argomento, ed aver scaricato i miei colpi così velocemente che la mia pistola è divenuta rovente, ho spesso pigiato il mio cuore dentro la pistola, e l’ho scagliato sull’assemblea, e questa liberazione, con l’intervento di Dio, ha ottenuto la vittoria. Dio benedirà attraverso il Suo Spirito i nostri cuori che concordano con la Sua verità, e farà si che la verità, da sola e freddamente dichiarata, non compia il miracolo. Qui, dunque, sta il segreto. Tu, caro insegnante, devi comunicare al fanciullo la tua stessa anima; devi sentirti come se la distruzione del ragazzo sia la tua. Se percepisci che il fanciullo è sotto l’ira di Dio, soffri come soffriresti se al suo posto ci fossi tu. Devi confessare i peccati del ragazzo come se fossero i tuoi, e porti come un sacerdote che presenta al Signore delle suppliche a suo favore. Il fanciullo era coperto dal corpo di Eliseo, e tu devi ricoprire la tua classe con la tua compassione, con un’evidente umiliazione dinanzi al Signore intercedendo nella preghiera a suo favore. Guarda in questo miracolo il modus operandi di risuscitare un morto; l’opera dello Spirito Santo rimane misteriosa, ma i metodi degli strumenti umani sono chiaramente rivelati.
Il risultato dell’opera del profeta si manifestò molto presto: “il corpo del bambino si riscaldò”. Come dovette rallegrarsi Eliseo; ma non trovo scritto che la sua gioia e la sua soddisfazione lo indussero a diminuire i suoi sforzi. Non ritenevi mai soddisfatti, cari amici, appena scorgere qualche piccolo e lieve segno che fa ben sperare nei vostri ragazzi. Un’alunna potrebbe chiedervi piangendo, “Insegnante, pregheresti per me”? Siate contenti, perché questo è un buon segno; ma aspettatevi di più. Notate delle lacrime negli occhi di un ragazzo mentre state parlando dell’amore di Cristo? Siate grati a Dio poiché il corpo si sta riscaldando, ma non fermatevi a questo. Potete allentare adesso i vostri sforzi? Ricordate, non avete ancora raggiunto il vostro scopo! È la vita che volete, non soltanto il calore. Ciò che tu vuoi, caro insegnante, per l’amato carico a te affidato, non è solamente la convinzione, ma la conversione; il tuo desiderio non è quello di vedere sorgere solo qualche sentimento, ma quello di potere osservare la rigenerazione, la vita, la vita che viene da Dio, la vita di Gesù. Questo è ciò di cui i tuoi alunni hanno bisogno, e niente di meno deve appagarti.
Ancora una volta devo invitarti a guardare Eliseo. A questo punto ci fu una piccola pausa. “Poi Eliseo si allontanò, andò qua e là per la casa”. Nota come quest’uomo di Dio sia instancabile; Egli non riusciva a stare tranquillo. Il fanciullo si era riscaldato (sia lodato Dio per questo, ma non era ancora vivo); dunque, anziché mettersi a sedere sulla sua sedia ed al suo tavolo, il profeta camminava qua e là con passi agitati, inquieti, ansimanti, bramosi e tormentati. Egli non avrebbe potuto sostenere lo sguardo della madre sconsolata, o sentirle chiedere, “Il mio bambino è tornato in vita?” ma continuava a misurare con i suoi passi la casa come se il suo corpo non riuscisse ad aver pace perché la sua anima non era soddisfatta. Imitate questa consacrata inquietudine. Quando vedete un ragazzo disporsi almeno un po’, non dovete sedervi, e dire, “Questo ragazzo sembra promettere bene, grazie Dio; sono pienamente soddisfatto.” In questo modo non otterrete l’inestimabile e prezioso dono di un’anima salvata; dovete invece sentirvi tristi, turbati, ansiosi, se vorrete divenire un “padre” o una “madre” nella Chiesa. L’espressione di Paolo non può essere spiegata a parole, ma devi cercarne il significato nel tuo cuore; “Io sono di nuovo in doglie, finché Cristo sia formato in voi”8. Oh, possa lo Spirito Santo darvi tale travaglio interiore, tale inquietudine, ansia, e sacro turbamento, finché vedrete i vostri promettenti alunni salvati per grazia!
Dopo essere andato per un po’ avanti e indietro, il profeta nuovamente “risalì, e si ridistese sopra il bambino”. Ciò che è bene fare una volta, è meglio farlo due volte. E ciò che meglio fare due volte, è ottimo farlo sette volte! Bisogna essere perseveranti e pazienti. Siete stati molto attivi la scorsa domenica; non siate pigri domenica prossima. Com’è facile demolire, in un solo giorno, ciò che avevamo costruito il giorno prima! Se in un giorno di Scuola Domenicale Dio mi consente di convincere un ragazzo che faccio sul serio, la prossima domenica potrei convincerlo del contrario. Se la domenica passata il mio calore ha riscaldato il corpo gelato del fanciullo, Dio impedisca che la mia freddezza futura lo faccia raffreddare di nuovo! Come sicuramente il calore di Eliseo si trasferì al fanciullo, così la freddezza può trasferirsi da te alla tua classe se non sei zelante.
Eliseo si distese di nuovo sul letto, con più di una preghiera, e più di un sospiro, ed una grande fede, ed alla fine la sua preghiera fu esaudita: “il bambino starnutì sette volte, e aprì gli occhi”. Ogni azione dimostrava vitalità, e appagava il profeta. Il ragazzo “starnutì”, alcuni dicono perché era morto per un dolore alla testa, dicendo a suo padre, “La mia testa! la mia testa!” e lo starnuto dimostrò il ritorno alla vita che era stata stroncata. Questo non lo sappiamo. L’aria fresca entrò di nuovo dentro i polmoni causando uno starnuto. Il suono non era per niente musicale o articolato, ma fece presagire il ritorno in vita del fanciullo. Questo è tutto ciò che dovremmo aspettarci dai ragazzi che hanno ricevuto la vita spirituale da Dio. Alcuni membri di chiesa si aspettano molto di più, ma per quanto mi riguarda sono abbastanza soddisfatto se il ragazzo starnutisce; se dà qualche tangibile segno di grazia, per quanto debole o indistinto. Se anche l’amato fanciullo avesse solamente la coscienza della sua condizione di perdizione, e dimostrasse solo di avere compreso col cuore di dovere appoggiarsi esclusivamente sull’opera perfetta compiuta da Gesù, anche se lo comprendiamo da una sua affermazione che non possiamo considerare teologicamente ineccepibile, che non accetteremmo da un dottore in teologia, o da un adulto, noi ugualmente ringrazieremo Dio, e ricevendo il fanciullo, lo nutriremmo per il Signore!
Probabilmente, se Ghehazi fosse stato lì, non avrebbe gioito di questi starnuti, perché non si era disteso sul fanciullo, mentre Eliseo ne era felice. Comunque, se tu ed io abbiamo realmente sofferto nella nostra preghiera per le anime, dovremmo prontamente cogliere il primo segno del miracolo a noi concesso, ed essere grati a Dio anche se il segno non è altro che uno starnuto.
Poi il bambino aprì gli occhi, e oseremo dire che Eliseo pensò di non aver mai visto prima degli occhi così amabili. Non so che genere di occhi fossero, castani o azzurri, ma questo so: che ogni occhio che Dio ti concederà di aprire per te sarà l’occhio più bello. L’altro giorno ho sentito parlare un insegnante riguardo “un bel ragazzo” che è stato salvato nella sua classe, ed un altro parlare di “una cara ragazza”, della sua classe, che ama il Signore. Non c’è alcun dubbio; ci sarebbe da meravigliarsi se non fossero “belli” e “cari” agli occhi di coloro che li hanno portati a Cristo Gesù, perché per Gesù Cristo essi sono ancora più belli e più cari. Cari amici, che Dio vi conceda di poter vedere frequentemente degli occhi aperti! Occhi che, se non fosse stato per la grazia divina che ha usato il vostro insegnamento, sarebbero rimasti nelle tenebre sotto le palpebre chiuse dalla morte spirituale!
Concludo con una parola di ammonimento. C’è tra di voi qualche Ghehazi? Se in mezzo a quest’insieme di monitori di Scuola Domenicale ce n’è uno che non riesce a far altro che portare un bastone, ho compassione di lui. Ah! amico mio, possa Dio nella sua misericordia darti la vita, altrimenti come puoi aspettarti di essere uno strumento per vivificare gli altri? Se anche Eliseo fosse stato un cadavere, sarebbe stato impossibile che quel fanciullo tornasse in vita. È inutile per la tua classe di anime morte imparare da un’altra anima morta quale tu sei. Una madre morta, glaciale e fredda, non riesce a prendersi cura del suo piccolo. Quale calore, quale conforto, può venire a coloro che si raffreddano davanti ad un focolare spento? E così sei tu. Possa l’opera della grazia iniziare prima nella tua vita, e possa poi il benedetto ed Eterno Spirito, il solo che possa vivificare le anime, fare di te uno strumento per la risurrezione di molti alla gloria della Sua grazia!
Accettate, cari amici, il mio fraterno saluto, e sappiate e credete che le mie ferventi preghiere saranno con voi affinché possiate essere benedetti, ed essere di benedizione anche per gli altri.
Note:
1. Efesini 2:1
2. Efesini 2:5
3. II Re 5:7
4. Atti 26:8
5. Ezechiele 37:3,
6. Matteo 11:12
7. I Tessalonicesi 2:7,8
8. Galati 4:19
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