SIAMO DAVVERO LIBERI?
La parola libertà riecheggia quotidianamente nelle case della massa assopita dai programmi Tv, insinuandosi perfino nelle menti malinformate di chi legge gli articoli di giornale. Perché tutta questa continua necessità di rimarcare il concetto di libertà? Se vivessimo realmente in condizioni di libertà, che bisogno ci sarebbe di sottolinearlo continuamente? Davvero siamo così liberi come ci dicono o forse ci stiamo solamente illudendo di esserlo?
La libertà permea così a fondo la nostra esistenza da manifestarsi fin dal preciso istante nel quale veniamo al mondo. Il padre è talmente libero da non riuscire a trovare il tempo necessario per veder nascere suo figlio/a. No, non è una scusa. Vorrebbe essere lì con loro, ma non può perché è troppo impegnato con il suo lavoro.
Tornati a casa dall’ospedale, pochi mesi più tardi, anche la madre li abbandona per molte ore al giorno, perché la maternità finisce, ed è di nuovo libera di tornare a lavorare. I papà e le mamme sono talmente poco condizionati dalle proprie attività lavorative, che non possono vedere crescere i loro figli se non in modo fugace, sfruttando quei rari momenti di freschezza e lucidità recuperati nei giorni festivi. Quasi sempre, in virtù esclusiva della loro libertà, i genitori sono costretti a consegnarli a delle apposite strutture: prima gli asili nido e poi gli asili veri e propri. Difficilmente un genitore può permettersi il lusso di rimanere a casa, perché con un solo stipendio, oggi, si è liberi di non riuscire ad arrivare a fine mese. E meno male che i genitori ce l’avevano un lavoro, stabile e sicuro, altrimenti sarebbero stati talmente liberi, che non avrebbero neppure pensato di metterli al mondo, visto che poi non sarebbero riusciti a sfamarli. Spesso in famiglia si mangia da soli; in orari più disparati e l’incontro fatto di disponibilità e di dialogo non esiste più. Vi è insomma una sorta di reciproca intolleranza, dove non si parla e se si parla non si parla sulla stessa lunghezza d’onda. Per questo non c’è più amore, pace, unione e perdono.
Poco dopo aver iniziato a camminare e a proferire parola, siamo talmente liberi che i nostri genitori ci spediscono a scuola.
E meno male che ci sono i rientri pomeridiani, altrimenti quegli stacanovisti dei genitori avrebbero dovuto assoldare i nonni, bene che vada, o una baby-sitter.
A scuola siamo talmente liberi di scoprire il mondo e di formare la nostra visione personale, che fin dai primi giorni ci costringono a stare seduti per tutto il tempo, al fine d’inculcarci delle verità precostituite, avvalendosi di meccanismi traumatici e ricattatori, come le note o, ancora peggio, la bocciatura.
I programmi ed i metodi d’insegnamento vengono stabiliti così bene ed in modo così libero, ma così libero, che a scuola c’insegnano che non si deve esercitare lo spirito critico, ma che si deve imparare a memoria le (presunte) verità che l’insegnate ci presenta, esattamente come sono, senza discutere,
Ovvio, se così non fosse, il giovane studente, divenuto adulto, potrebbe esercitare il suo spirito critico per rimettere in discussione il potere e il sistema, e questo, come tutti sanno, è bene che non avvenga in una società dove regna la libertà di mantenere sotto controllo un gran numero di persone. Siamo così liberi, ma così liberi di scegliere la nostra religione (o di diventare atei/agnostici), che stranamente quasi tutti praticano il medesimo credo dei propri genitori, salvo rarissime eccezioni. Siamo talmente liberi che arrivati a 13/14 anni già bisogna scegliere un indirizzo per la scuola superiore, senza neanche avere la più pallida idea di che cosa significhi realmente quella scelta per il nostro futuro; eppure, ci dicono, è bene che decidiamo liberamente in prospettiva del lavoro che vorremmo fare da grandi. Siamo talmente liberi che già a scuola iniziano a catalogarci e a etichettarci, impartendoci un sapere settorializzato e marchiandoci a vita con delle valutazioni.
Gli attori dell’economia di libero mercato pretendono che la scuola e l’università sfornino macchine per svolgere un preciso ruolo. La cosa più importante è che gli studenti non devono capire nella maniera più assoluta di essere “umani”, individui unici ed irripetibili, che hanno un valore intrinseco incommensurabile.
Dopo ulteriori 5 anni di studi demotivanti, noiosi e forzosi, che finiscono per allontanare quasi tutti gli studenti dall’amore per il vero pensiero e dalla vera conoscenza.
Viviamo in una società complessa dominata dalla comunicazione, i persuasori occulti utilizzano mezzi sempre più sofisticati, prendendo in prestito dalle scienze umane metodi e sistemi per condizionare atteggiamenti e valori del singolo o delle masse per controllarne comportamenti, pensieri, emozioni.
Il modo di pensare, di agire, di farvi un opinione, è quasi sempre “guidato” da sofisticate strategie comunicative, le quali sono imposte da esperti di comunicazione assoldati da istituzioni e centri di potere, che manipolano opportunamente l’informazione in modo da orientare e quindi controllare l’opinione pubblica. Molte famiglie cominciano a somigliare a delle sette che castrano i propri figli impedendo loro di crearsi un proprio pensiero così che non abbiano basi per contestare la realtà creata.
Nell’ambito religioso, se un’informazione trasmessa al membro di un culto viene percepita come attacco al capo, alla dottrina creata dall’uomo o al gruppo stesso, per tutta risposta viene immediatamente eretto un muro di ostilità. Molti gruppi esercitano un controllo completo sulle relazioni interpersonali. I capi dicono ai membri chi devono frequentare e chi evitare. Alcuni leader di setta arrivano a indicare ai propri affiliati chi possono sposare e chi no. Ma la tecnica più potente per il controllo emozionale è l’induzione di fobie. Si tratta, in sostanza, di indurre una reazione di paura alla sola idea di abbandonare il gruppo. È impossibile per un seguace ben indottrinato sentirsi al sicuro fuori dal gruppo. Se un gruppo riesce ad avere pieno controllo sulle emozioni di una persona, riuscirà a controllarne anche pensieri e azioni. Le persone rimangono intrappolate nelle sètte non solo perché viene loro negato l’accesso a informazioni di carattere critico, ma anche perché vengono a mancare quegli appropriati meccanismi interni che servono a elaborarle. Tale controllo dell’informazione ha un impatto drammatico e devastante.
Siamo talmente liberi che dovremo cercare “il” lavoro che pensiamo di voler fare, che però dopo qualche mese di ricerca diventa “un” lavoro che vogliamo fare che, dopo un altro pò di attesa, diventa un lavoro, che per molti si trasforma in un apprendistato sottopagato o in un’attività di volontariato gratuita o in disoccupazione.
Siamo liberi che se il lavoro non c’è possiamo inventarcelo, diventando imprenditori di noi stessi. Ovviamente, se non genera profitto l’economia di libero mercato c’impedisce di farne la nostra principale attività di vita. Bisognerà quindi, sempre in tutta libertà, recarci a mendicare il lavoro da chi invece di capitale ne possiede perfino in abbondanza a causa della libertà di accumulare anche in eccesso, nonostante altri esseri umani stiano liberamente vivendo in povertà da qualche altra parte del mondo.
Prima di tutto però, per meritarti l’assunzione, devi liberamente sottoporti a dei test psico-attitudinali, come se fossi una cavia da laboratorio. Perché ci fanno questo? Sempre per il nostro bene, non c’è posto per tutti, quindi sono costretti a scegliere il migliore. E gli altri? Quelli che rimangono fuori? Gli altri sono liberi di cercare un altro lavoro o di vivere in povertà.
E così saremo diventati dei perfetti ingranaggi al servizio della macchina economica. Strapperemo i fogli dal calendario uno dopo l’altro, conducendo giornate sempre più simili, sempre più vuote e sempre più inutili.
Siamo così liberi che siamo vittime del consumismo e dalla voce: “Comprate, comprate. Qualsiasi cosa”. Ed entra in gioco la pubblicità, che altro non è che un appello alla distruzione delle cose che abbiamo per far posto alle nuove. Non riusciamo a fare a meno di comprare oggetti che neanche servono, ma che sentono l’urgenza di dover avere.
Siamo così liberi che è la società che interferisce e modella i nostri comportamenti, le nostre credenze, le nostre scelte, quello che pensiamo sia giusto o sbagliato. Non siamo veramente liberi, piuttosto ci convinciamo di esserlo. Siamo ovviamente liberi di comportarci secondo i dettami imposti dal sistema, ma se proviamo ad uscire dagli schemi veniamo immediatamente emarginati, presi per pazzi e rischiamo di finire in povertà. Siamo al tempo stesso guardie e prigionieri, che giudicano gli altri senza pensare alla follia della propria condizione esistenziale. Non costruiamo la nostra strada, no. Solo intraprendiamo una di quelle già preconfezionate dal sistema. Sopravviviamo incastrati tra mille impegni e altrettanti condizionamenti, che sono innanzitutto mentali. Dopo anni di formazione, propaganda e lavoro, la maggior parte degli esseri umani non è più in grado di pensare in modo libero, ma si adatta a schemi e idee già esistenti in modo acritico.
Chiudete gli occhi e concentratevi. Pensate. Rimettete in discussione il sistema sociale nel quale vivete. Scacciate i sentimenti di odio, di rancore e d’arrivismo. Allontanate la sete di fama e di successo. Ripudiate il potere, l’opulenza. Allontanate l’ideologia del merito e della competizione. Aprite la vostra mente ai sentimenti di amore, di fratellanza e d’affetto.
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