IL PASSAGGIO
Quando si fanno passeggiate e gite in montagna, capita di provare una strana impressione. Questa è legata ad una situazione particolare: il passaggio da una vallata all’altra.
Accade cioè che, dopo aver camminato in salita sui pendii di una montagna, ed averne raggiunta la vetta, oppure essere arrivato ad un passo da cui ci si affacciava ad un’altra vallata, si viene presi da un lieve turbamento. Non è proprio angoscia, o paura. Ma come un leggero stordimento. Si resta sempre meravigliati.
Ci si aspetta di sentirsi soddisfatti, e quasi fieri per aver raggiunto una vetta. Invece questa soddisfazione per nulla si produce. No, tutto all’opposto, c’è disagio.
Ora si viaggia con la macchina ed è diverso, e tutto è fuggevole; i mutamenti di paesaggio sono troppo rapidi e frequenti. E poi si è condotti da altri, dal guidatore; non c’è il tempo per vivere il passaggio da un paesaggio ad un altro.
Il voler tornare sulla strada dell’andata crea ancora più disagio, perché cambia completamente la visuale che è del tutto diversa da quella precedente; cambiano le emozioni, le sensazioni, così via dicendo. È mai capitato di guardare all’andata un albero pieno di foglie mentre al ritorno guardare lo stesso albero del tutto, o quasi, spoglio?
Solo l’andata presenta opportunità, crescita, conoscenza, scoperta, nuove forze, resistenza, responsabilità, acquisizione, purificazione, spogliazione.
Il tornare indietro presenta il contrario dell’andata.
Chi torna indietro è solo uno che fugge davanti alla realtà, che non accetta le nuove sfide che essa presenta, che non riesce a vedere le difficoltà come un’unica opportunità per un ulteriore passo in avanti, come un’occasione di crescita. Si deve sempre andare avanti con coraggio e fede.
C’è comunque da aggiungere che non è possibile discendere due volte nello stesso fiume, perché l’acqua con cui ci bagniamo non è mai la stessa. L’immagine è una metafora dell’esistenza e dell’incessante divenire delle cose. Perché la vita scorre come un fiume, e il fiume non può risalire.
Diciamo pure che in realtà questo tornare indietro non è possibile. La moglie di Lot compì un gesto che le fu fatale: solo con il suo semplice voltarsi indietro divenne una statua di sale. La morte si presentò nel suo arresto nel voler andare avanti.
In questo scorrere della vita è implicita la necessità del lasciar fluire, perché l’arresto, il blocco, la stasi coincidono con la morte.
Ogni traguardo che si raggiunge è sempre una nuova partenza. In ogni nuova partenza è sempre presente una nuova mentalità, nuova visione, nuovi pensieri, un nuovo progresso, un nuovo lasciare e prendere (non il contrario).
Il cristiano decresce rinnegando sé stesso e allo stesso tempo cresce quando conferma Cristo nella propria vita. Il cristiano ripone la propria fiducia in Dio, abbandonando le false sicurezze che danno l’illusione di essere onnipotenti, padroni della propria vita, gettando gli idoli che egli stesso si costruisce.
Il giovane ricco con tanto entusiasmo, con tanta soddisfazione si avvicinò a Gesù Cristo, ma la Sua parola gli ha creato disagio e se ne tornò indietro amareggiato. Dinanzi a lui c’era nuova mentalità e progresso spirituale, alle sue spalle c’era vecchia mentalità e regressione spirituale. Lui scelse la seconda.
Abramo esce da una terra, andando in un luogo che non sa.
Dio chiama Abramo: “Esci dal tuo Paese e vai dove ti indicherò”. Però non gli dice dove. Abramo non può organizzare il viaggio.
A differenza di Ulisse che fa ritorno, Abramo non ritorna. La storia di Abramo é, infatti, un continuo spostamento in avanti. La figura di Abramo ci suggerisce poi un’ulteriore riflessione: noi non possiamo organizzare la vita. Adesso non si organizzano più soltanto i viaggi. Progettiamo la procreazione ma anche la morte. Per questo l’esperienza di Abramo risulta significativa. Perché rappresenta soprattutto l’immoralità di organizzare.
Infatti, il concetto di moralità non é connesso soltanto al rispetto di norme e leggi. È un cambiamento del comportamento in relazione a un incontro. La fedeltà a un incontro determina una morale. L’uomo ha bisogno di riconoscere che il proprio progetto non definisce la realtà. La realtà eccede sempre il progetto.
Nascere, entrare nel mondo, implica mettersi in cammino e percorrere una strada che Dio ha designato per l’uomo.
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