Giovani dalla mente aperta
Allora [Gesù] aprì loro la mente per capire le Scritture
(Luca 24:45)
INTRODUZIONE
Nelle cose di Dio è necessario un cuore aperto. Il caso di Lidia è emblematico: “Una donna della città di Tiatiri, commerciante di porpora, di nome Lidia, che temeva Dio, ci stava ad ascoltare. Il Signore le aprì il cuore, per renderla attenta alle cose dette da Paolo” (Atti 16:14). È indispensabile, però, anche una mente aperta, attenta, pronta a comprendere, ad afferrare e a ritenere gl’insegnamenti di Dio, non a giudicare e ad emettere sentenze pensando di aver imparato abbastanza da poter salire in cattedra, ma ad apprendere, una mente pronta ad imparare e a conoscere. Generalmente nelle esperienze spirituali si parla soltanto di “cuore”, infatti bisogna credere col cuore, confessare col cuore, pregare col cuore, cantare col cuore, ecc., quasi che il cuore non abbia nulla a che vedere con la mente, con l’intelletto e con il raziocinio. In realtà, questi ultimi sono anch’essi elementi del cuore.
A cosa ci apre la mente il Signore?
ALLA CONOSCENZA DELLA PAROLA
“Allora aprì loro la mente per capire le Scritture e disse loro: “Così è scritto, che il Cristo avrebbe sofferto e sarebbe risorto dai morti il terzo giorno” (Luca 24:45, 46). Oggi si parla molto di “mente aperta” soprattutto a proposito delle nuove generazioni. Bisogna liberarsi dalle ristrettezze, dalle visioni anguste di una mente chiusa, di una mentalità vecchia! E certamente, chi può fermare il progresso, i cambiamenti naturali che caratterizzano sempre l’avvicendarsi delle generazioni! Il Signore, però, non ci apre la mente a qualsiasi cosa, alle novità, alle stravaganze, men che meno ai pensieri impuri, peccaminosi, non ci apre la mente all’iniquità, all’ingiustizia. Egli ci apre la mente perché possiamo intendere le Scritture, cioè possiamo imparare a collegare, a mettere insieme i fatti, gl’insegnamenti della Parola di Dio l’uno con l’altro secondo il disegno organico e armonico del palesamento del programma divino per l’umanità, talché la Bibbia ci appare ciò che è, non un libro come tutti gli altri, ma la rivelazione di Dio all’uomo sufficiente per la sua salvezza e per vivere una vita sana e gradita a Dio. Ci apre la mente perché per mezzo delle Scritture possiamo essere nutriti in maniera sana ed equilibrata. Non il cervello soltanto, ma la mente!! Nutriti in maniera equilibrata, possiamo crescere in maniera equilibrata, talché le Scritture non vengono soltanto conosciute, ma vissute!! Ci apre la mente perché possiamo essere consolati e incoraggiati dalle Scritture. Quel che Gesù dice si è realizzato perché le Scritture si adempiono, non sono impegni umani, ma promesse e piani divini: “Così è scritto, che il Cristo avrebbe sofferto e sarebbe risorto dai morti il terzo giorno” (v. 46).
ALLA RESPONSABILITÀ DI TESTIMONI
“…e che nel suo nome si sarebbe predicato il ravvedimento per il perdono dei peccati a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme. Voi siete testimoni di queste cose” (vv. 47, 48). Il Signore ci apre la mente alla responsabilità che abbiamo di annunciare questo messaggio: in Gesù, nella Sua persona vi è salvezza!
Una salvezza vera: prima ravvedimento e poi remissione dei peccati. Sono posti in sequenza perché la remissione dei peccati non si può avere senza ravvedimento. Alla rimozione del peccato, anche se non doveva, ha pensato Gesù, al ravvedimento dobbiamo provvedere noi, con il Suo aiuto. Il bisogno più grande dell’umanità non è l’intrattenimento, il divertimento, ma il ravvedimento. L’intrattenimento lo si trova dovunque, ma il ravvedimento lo possono predicare soltanto i credenti nel nome di Gesù il Nazareno! Per annunciarlo bisogna averlo sperimentato:“Voi siete testimoni di queste cose” (v. 48). Non è un romanzo, non è una telenovela, non è un saggio che si studia, si assimila e poi si ripete, è un’esperienza vissuta: soltanto così produce veramente l’effetto voluto. Una responsabilità davanti a tutte le genti, non soltanto a qualcuno, ma con una precisa priorità, a cominciare da Gerusalemme, dove si vive e si lavora, dove si studia, dalla famiglia, dagli amici!
ALLA NECESSITÀ DELLA PIENEZZA
“Ed ecco io mando su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi, rimanete in questa città, finché siate rivestiti di potenza dall’alto” (v. 49). Il Signore ci apre la mente alla necessità della pienezza dello Spirito Santo. Non se ne può fare a meno: la parola che maggiormente risalta è rimanete. Era una necessità che veniva prima di tutte le altre, non secondaria, marginale, ma fondamentale, principale, primaria. Gesù sembra dire: “Non fate nient’altro prima di aver ricevuto la pienezza dello Spirito Santo, non andate prima a predicare, non cercate prima incarichi nella chiesa, non cercate prima di vivere vittoriosamente la vostra vita cristiana con le vostre forze, ma prima rimanete e ricevete il battesimo nello Spirito Santo perché viene dall’alto”. Si tratta di una nuova divisa (“rivestiti”): finanche i parcheggiatori abusivi possono esercitare un certo grado di autorità quando indossano il berretto! È il frutto di una scelta individuale: “… ma voi”. A volte pensiamo: “Se il Signore spande il Suo Spirito su tutti anch’io lo riceverò”. Siamo certamente incoraggiati dal fervore altrui, ma a proposito della pienezza dello Spirito Santo sta capitando quello che avviene con il clima tropicale che ultimamente sembra caratterizzare la nostra penisola: dove ci troviamo noi piove e a un chilometro di distanza no! Se lo desideriamo, la pioggia dello Spirito Santo scenderà proprio su di noi!
ALLA SORGENTE DELLA BENEDIZIONE
“Poi li condusse fuori fin presso Betania; e, alzate in alto le mani, li benedisse” (v. 50). Il Signore li benedisse, perché è Gesù che benedice e meno male che è così! Non sono gli uomini altrimenti poveri noi! È il Signore che salva, che battezza, che guarisce. Dove c’è Gesù le cose non sono destinate a rimanere com’erano prima che arrivasse! La benedizione viene dal cielo, ecco perché Egli levò in alto le mani!! Non viene dalla terra, quindi da noi, dai mezzi, dagli strumenti di cui disponiamo, dagli espedienti che possiamo adottare, dalla pressione che possiamo esercitare; non viene se c’è qualcuno di noi, grazie a Dio se ci siamo, è sempre meglio esserci che non esserci, per noi e per gli altri, ma la benedizione non viene da noi, viene dal cielo. I cieli sono aperti per la grazia di Dio! Quante volte si vorrebbe produrre la benedizione con mezzi umani: è sufficiente lo Strumento divino: Gesù!
ALLA VERA ADORAZIONE
“Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato su nel cielo. Ed essi, adoratolo, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; e stavano sempre nel tempio, benedicendo Dio” (vv. 51-53). Si trattò di un’adorazione spirituale: i discepoli adorarono Gesù! Egli era il destinatario e al tempo stesso il motivo dell’adorazione, perché soltanto Gesù va adorato, non gli uomini, non le metodologie umane, non i mezzi umani, anche perché basta la presenza di Gesù perché si sprigioni l’adorazione! C’era soltanto Gesù e i discepoli, non era una riunione organizzata, fissata, programmata, era del tutto spontanea, c’era chi presiedeva … Gesù, è sufficiente Lui, la Sua presenza e le nostre riunioni diventeranno indimenticabili. Quanto spesso l’attenzione è posta su altri e su aspetti che sono del tutto marginali rispetto alla presenza di Colui che è sufficiente e indispensabile! Si trattò di un’adorazione efficace, che produsse del frutto duraturo, non fu qualcosa di emotivo e passeggero: “… e stavano sempre nel tempio, benedicendo Dio” (v. 53). Tuoni vanno bene, ma tuoni e pioggia è meglio: “’Non siamo forse al tempo della mietitura del grano? Io invocherò il Signore ed egli manderà tuoni e pioggia…’. Allora Samuele invocò il Signore e quel giorno il Signore mandò tuoni e pioggia; e tutto il popolo ebbe gran timore del Signore e di Samuele” (I Samuele 12:17, 18). Terra bagnata va bene, ma terra che porta frutto è ancora meglio: “Elia era un uomo sottoposto alle nostre stesse passioni, e pregò intensamente che non piovesse e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. Pregò di nuovo, e il cielo diede la pioggia, e la terra produsse il suo frutto” (Giacomo 5:17, 18).
Eliseo Cardarelli
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