LA PREGHIERA IN CAMERETTA David Wilkerson
Ma c’è più di questo. Il termine greco per cameretta in questo verso indica “una stanza privata, un luogo segreto”. Ciò suonava molto familiare alle orecchie degli uditori di Gesù, perché le case nella loro cultura avevano una stanza nascosta che serviva come una specie di magazzino. Il comandamento di Gesù era di andare in quella stanzetta e chiudere la porta dietro di sé. Ed è un comandamento a individui, perché non è il tipo di preghiera che si può fare in chiesa o con un collaboratore di preghiera.
Gesù ne fu un esempio, infatti andava a pregare in luoghi privati. La Scrittura ci mostra continuamente che Egli si “appartava” per trascorrere del tempo in preghiera. Nessuno era più impegnato di Lui, che era costantemente pressato dai bisogni di chi Lo circondava e aveva così poco tempo per Sé. Tuttavia, leggiamo, “Poi il mattino seguente, essendo ancora molto buio, Gesù si alzò, uscì e se ne andò in un luogo solitario e là pregava” (Marco 1:35). “Dopo averle congedate, salì sul monte in disparte per pregare. E, fattosi sera, era là tutto solo” (Matteo 14:23).
Considera il comandamento che ricevette Saulo in Atti. Quando Cristo incontrò questo persecutore della chiesa, Saulo non fu mandato a un incontro di chiesa o da Anania, il grande guerriero di preghiera. No, Saulo dovette spendere tre giorni da solo e in disparte a pregare e conoscere Gesù.
Tutti noi abbiamo delle scuse per non pregare in cameretta, in un luogo speciale, da soli. Diciamo di non avere un luogo simile, o il tempo per farlo. Thomas Manton, uno scrittore puritano, dice questo in materia: “Diciamo di non avere tempo per pregare nel segreto. Però abbiamo tempo per tutto il resto: tempo per mangiare, per bere, per i figli, ma nessun tempo per ciò che sostiene tutto il resto. Diciamo di non avere un luogo segreto, ma Gesù trovò un monte, Pietro un tetto, i profeti il deserto. Se ami qualcuno, troverai un luogo per stare soli”.
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