Corea del Nord: eroi sconosciuti
Il fratello Simon* ha lavorato con la chiesa clandestina della Corea del Nord per molti anni, come coordinatore di Porte Aperte là, e sa bene quanto sia pericolosa quest’opera. Il governo di Kim Jong-Un ha inviato centinaia di infiltrati al confine fra Cina e Corea del Nord per rapire ed eventualmente uccidere i missionari e i cristiani coinvolti in ministeri in favore di questo paese.
Per il regime di Kim Jong-Un, il recente omicidio del pastore Han Choong Yeol a Chiangbai (Cina) è stato un avvertimento a tutti coloro che aiutano i rifugiati nordcoreani e i cristiani in particolare. È un avvertimento anche per Porte Aperte. Da allora, la Cina ha aumentato i controlli intorno alla zona di confine. Negli ultimi anni, svariati missionari cristiani sono stati rapiti e portati in Corea del Nord da agenti infiltrati.
Alla domanda se sia giunto il tempo di tirarsene fuori visti gli elevati rischi, Simon risponde risolutamente: “No. Noi siamo una missione che si assume dei rischi, non abbandoneremo mai la chiesa nordcoreana. E’ Dio a chiamarci a quest’opera. I cristiani nordcoreani hanno bisogno di noi, sono dedicati e spiritualmente molto forti, forse più di noi. La loro comprensione della Bibbia a volte può essere limitata (a causa della persecuzione), ma la loro fede è profonda. Ci sono così tanti eroi sconosciuti in Corea del Nord che sono in grado di sopportare la tortura e la morte per Cristo”. Di fronte alla domanda di come possa essere sicuro che i cristiani nordcoreani sopportino la tortura afferma: “Sono persone all’interno del paese a testimoniarlo. Inoltre quando un cristiano viene catturato, ci si aspetterebbe dopo poco un’ondata di arresti (ndr. l’uso della tortura per scovare le reti di cristiani è denunciato da molte istituzioni anche non religiose). Invece ciò accade di rado e significa che i cristiani arrestati non hanno parlato, nonostante le indicibili torture“. Riguardo la necessità di conoscenza biblica in cui Porte Aperte è profondamente impegnata, Simon sottolinea: “In Occidente molti tendono a separare la conoscenza biblica dall’azione che essa richiede, cioè dalla vita quotidiana. La Chiesa perseguitata non può permettersi di separare le due cose. Operiamo ancora in case sicure in Cina, dove discepoliamo cristiani nordcoreani. Non posso condividerne i dettagli, ma stiamo avendo incredibili frutti. Quei discepoli, quando vengono arrestati, non crollano ma rimangono fedeli fino alla fine”.
Il prezzo che questi fratelli e sorelle pagano può essere elevatissimo, oltre la loro stessa vita: “Intere famiglie sono state imprigionate, torturate e anche uccise perché un membro ha rifiutato di rinunciare alla sua fede. Anche i collaboratori di Porte Aperte devono rinunciare alla loro vita per lavorare sotto copertura nel nostro ministero. Condividere il Vangelo con qualcuno, sapendo che a causa di esso lui o lei può essere ucciso, è una responsabilità che dobbiamo assumerci”. Ma ne vale davvero la pena?
“Vi racconterò una storia vera di una famiglia in Corea del Nord. Molti anni fa, la loro fede è stata esposta e da allora son diventati schiavi in un campo di prigionia. Potete immaginare come si sentissero? ‘Abbiamo pensato che Dio ci avesse dimenticato. Come poteva permettere così tanta sofferenza? Di notte dovevamo cercarci il cibo per sopravvivere. Certi giorni, abbiamo pensato di rinnegare la nostra fede’. Ma hanno resistito e poi un miracolo è accaduto. La famiglia è stata rilasciata e con l’aiuto dei cristiani locali – sostenuti da Porte Aperte – la famiglia ora si sta ristabilendo. Devono imparare di nuovo a vivere come esseri umani. ‘Quando ci svegliamo, ci pizzichiamo, chiedendoci se stiamo sognando. Siamo in paradiso’. Dunque vale la pena continuare il nostro ministero? Rispondete voi a questa domanda”, conclude Simon.
PS. Nessun avanzamento senza sacrificio
Nella mente di Simon, il Vangelo non può avanzare senza sacrificio. Dopotutto, Gesù disse: “Nessuno ha amore più grande di quello di dare la sua vita per i suoi amici” (Giovanni 15:13).
I credenti nascosti in Corea del Nord sono nostri amici, e per aiutarli potremmo dover dare la nostra vita attraverso il sacrificio di parlare di loro, di pregare per loro e di donare per loro. La stessa famiglia di cui sopra ha trasmesso un messaggio al fratello Simon: “Abbiamo appena scoperto che Dio ha mobilitato i cristiani fuori dal paese a pregare per noi e che addirittura ci aiutano economicamente. Siamo stupiti che Dio ci ami così tanto da usare fratelli e sorelle che non conosciamo per sostenerci. Grazie dal profondo dei nostri cuori”.
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