Spirito Santo e denaro «Il tuo danaro vada con te in perdizione» (leggi Atti 8, 9-25)
È la prima missione fuori dalla Giudea. Un villaggio di Samaritani accoglie la Parola e riceve il battesimo. Simon Mago, da poco convertito, è estasiato dai prodigi del diacono Filippo. Pieno di ammirazione, non si stacca da lui. Altro che le sue magie! Ma il vero prodigio è il fuoco che Gesù è venuto a portare sulla terra (Lc 12,48), fuoco di un amore che sa dare la vita per chi lo uccide (Lc 23,34; At 7,60). Lo Spirito di Dio, libero e sovrano, spira come e dove vuole. Addirittura su chi ancora non è battezzato (cfr At 10,44-48). Pietro e Giovanni sono inviati a pregare perché i neoconvertiti ricevano lo Spirito. La presenza dei due apostoli vuol evidenziare che lo Spirito è unico e unificante. Effuso a Gerusalemme, si diffonde nel mondo intero, accogliendo ogni diversità e creando comunione nella Chiesa e tra le Chiese.
Quando gli apostoli comunicano lo Spirito, Simon Mago va addirittura in visibilio. È disposto a dare a Pietro il suo denaro per avere anche lui il potere di trasmetterlo. La religione si sposa spesso con la magia. Essa pretende di avere Dio a propria disposizione. Simone vuol comprarla con denaro contante; le persone pie a suon di opere buone. È una bestemmia. È come se Dio non fosse tutto e solo amore. La sua potenza è l’impotenza di chi ama e si fa piccolo per mettersi nelle mani di tutti. La magia invece – come molta religiosità – ha a che fare con il denaro e vuol mettere le mani su tutto e su tutti, Dio compreso.
L’episodio di Simone chiamato Mago – ha lo stesso nome di Simone chiamato Pietro! – fa da specchio al pericolo costante della Chiesa: confiscare Dio, maneggiandolo a piacimento, sino a farne il «Gott mit uns» («Dio con noi»)! Dio è ridotto a proiezione e garanzia dei nostri deliri di potenza. Anche Gesù, all’inizio del suo ministero, smaschera in sé le tre tentazioni in cui cadde Israele (Es 16,2-9: la manna; Es 32: il vitello d’oro; Es 17,1-7: l’incredulità). Le combatte e le vince, dal Giordano alla croce (Lc 4,1-13; 23,35-39). In queste tre tentazioni cadiamo di continuo anche noi. Le prime due sono quelle della ricchezza e del potere. Il possesso di cose e persone diventa l’idolo, al quale sacrifichiamo la vita nostra e altrui. La terza tentazione, quella peggiore, appare con Simon Mago: il danaro serve per possedere Dio stesso.
Lo Spirito di amore, vita del Padre e del Figlio, è dono. L’amore o è gratuito o non è! Comprare Dio, con denaro o buone opere, è peccato che va direttamente contro la sua essenza: è trattarlo da prostituta. Prima radice di peccato per la Chiesa di Gerusalemme fu l’ipocrisia religiosa e la fiducia nel denaro (At 5,1ss), cose sempre molto attuali. Ma non si può mentire allo Spirito, servendo Dio e Mammona (Lc 16,13). Dio dà tutto e tutto vivifica, il denaro prende tutto e tutto mangia. L’unico «Banco dello Spirito Santo» è la croce di Gesù.
Qui in Samaria affiora l’apice del male: il tentativo di possedere Dio stesso. È istintivo di ogni religione assumere l’atteggiamento del fariseo al tempio, che vanta avere crediti con Dio a titolo delle sue buone opere (Lc 18,9ss). Luca scrive per Teofilo (Lc 1,1; At 1,1) perché la sua fede non si perverta. È facile diventare come il fratello maggiore, che non accetta né il minore né il Padre (Lc 15,1ss). Oppure come Pietro, che pensa di essere lui ad amare e dar la vita per Gesù. Dalla croce capirà il mistero: il Signore lo ama gratuitamente e dà la vita per lui, peccatore e rinnegatore. L’amore non può essere comprato o meritato: sarebbe «meretricio». Può solo essere ricevuto gratuitamente e gratuitamente corrisposto.
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