TUTTO LA LEGGERE MEDITANDO E RIFLETTENDO SERIAMENTE SUL PRESENTE DELL’OPERA DI DIO E LA SUA CONDIZIONE !!!!!!! di Roberto Bracco…………
LA VERITA VI FARA LIBERI DI ROBERTO BRACCO–ATTUALISSIMO-PROFETICO!!!!!!!!!!!
INTRODUZIONE
Il cristianesimo, dalla sua nascita non si è mai spento, non è mai
tramontato; anche quando la corruzione e l’immoralità si sono allargate nel
mondo religioso, la presenza della chiesa, della vera chiesa, ha diffuso luce
fra le tenebre del peccato.
La chiesa è stata presente vittoriosa, anche se perseguitata, in tutti quei
movimenti di risveglio che come tanti anelli di una catena hanno
attraversato i secoli. Rigenerazione, santificazione, vita carismatica sono
state sempre le esperienze di un popolo che si è chiamato ed è stato
veramente cristiano.
Purtroppo però non c’è stato uno solo di questi risvegli che abbia saputo o
potuto resistere ad una crisi che ha trasformato in una “composta
denominazione” quello che era libera manifestazione dello Spirito. Quasi
sempre l’infausta trasformazione è stata aiutata dall’organizzazione, che nel
regolamentare e comprimere la vita della chiesa ha fatalmente soffocato e
spento il fuoco dello Spirito.
La storia parla per esprimere un appello e più chiaramente parla la parola di
Dio che ci dice: “Esaminiamo le nostre vie, scrutiamole, e torniamo
all’Eterno” (Eccl. 3:40).
Le righe che seguono non si propongono altro fine oltre quello di un ritorno
al fuoco della Pentecoste che è amore, santità, libertà, affinchè un
movimento in crisi possa tornare ad essere “risveglio”. E mentre si propone
questo fine vuole essere anche un esercizio del diritto di libertà ad esprimere
un pensiero. Nella vita cristiana questo diritto deve essere riconosciuto ed
esercitato in modo franco, sincero ed onesto.
Soltanto i governi oppressivi temono le analisi e le impediscono con la
soppressione della libertà, ma nella chiesa cristiana questo fenomeno deve
essere rifiutato e respinto, ed infatti in questo breve scritto viene
ripetutamente citato il lavoro di un servo di Dio che ha saputo e potuto
liberamente esprimere francamente le proprie considerazioni nel seno del
movimento ove svolge il proprio ministero.
1.- LA SCRITTURA O LO STATUTO?
Un servitore di Dio, stimato ed amato, mi diceva, non molto tempo fa: – Se
vogliamo salvare la nostra comunione spirituale e la nostra unità cristiana
dobbiamo distruggere lo statuto”. Questa frase pronunciata con calma non
aveva la più lieve sfumatura polemica o il più debole accento di furia
distruttrice, era soltanto la sincera espressione di una riflessione prolungata
e sofferta.
Non ho potuto fare a meno di riandare con la mia mente indietro nel tempo
e ricordare l’affettuoso avvertimento di un altro servitore di Dio che in un
convegno del 1950 sentendo parlare di organizzazione, statuti e regolamenti
disse: Attenzione fratelli miei, perché tutte le strade conducono a Roma.
Infatti c’è una sola strada che non conduce all’autoritarismo, alla
centralizzazione, al papato ed è la strada della Parola di Dio che è la strada
della libertà cristiana.
Quando il risveglio pentecostale ha avuto il suo inizio, fra gli italiani negli
Stati Uniti, ha trovato subito tutti concordi nel voler conservare gelosamente
quella libertà che avevano trovato uscendo dalle diverse denominazioni
protestanti o dalla chiesa di Roma.
Non possiamo meravigliarci di questo proposito, perché ogni “movimento di
risveglio” è nato con questo programma, perché ogni movimento di risveglio
è nato libero in Cristo. Potrei citare decine di testimonianze, ma mi limito a
sceglierne due: una lontana di secoli, ed una vicinissima a noi.
Per la prima mi limito a citare le dichiarazioni di uno storico, che nello
scrivere di un movimento “nato” evangelico e che poteva svilupparsi e vivere
come quello ad esso contemporaneo di Valdo, e che invece fu purtroppo
assorbito e strumentalizzato dalla curia romana dell’epoca e dalle epoche
successive, così si esprimeva:
“Senza organizzazione, per evitare il pericolo di costringere lo Spirito entro
aride formule, quei pazzi del Signore (come venivano chiamati) si ponevano
umilmente al servizio altrui…
…presto la curia romana intervenne a moderare gli entusiasmi e ad
irregimentare il moto entro schemi più precisi… Francesco cedette “con
intima sofferenza” perché secondo lui il Vangelo doveva essere vissuto
“sineglossa”, alla lettera…”.
Dopo la morte di Francesco e raccogliendo proprio una sua
raccomandazione, ci furono molti che vollero tornare a vivere il risveglio
originale: furono perseguitati ed uccisi, ma respirarono di nuovo l’aria pura
della libertà anche se a prezzo di martirio.
Vengo alla testimonianza recente, quella ricordata da A. Biginelli nel libro “La
chiesa e la sua autorità”. Ecco le parole dell’autore:
All’inizio del loro “risveglio” i “fratelli”, provenienti dalle Chiese Anglicana,
Presbiteriana, Metodista ecc., si radunavano insieme nel nome del Signore
nel Quale avevano creduto, compivano le loro attività spirituali ed offrivano
la loro adorazione avendo come unico centro la Persona di Cristo e
risolvendo tutti i loro problemi sulla base dell’unica autorità valida: quella
della Parola di Dio.
Il risveglio pentecostale ha realizzata la medesima esperienza: nato libero
era fermamente deciso a rimanere libero e la prova più chiara l’abbiamo dal
fatto che quando è stato obbligato a dare conto della propria identità si è
dichiarato “congregazioni cristiane inorganizzate; inorganizzate, cioè
autonome, libere, ma unite dai vincoli della grazia di Dio nella comunione
cristiana.
Per molti anni questa condizione è rimasta inalterata e coloro che potevano
essere considerati i padri spirituali, gli apostoli del movimento, sono stati
rispettati ed ascoltati e le loro appassionate esortazioni a conservare la
libertà cristiana non sono cadute nel vuoto.
Fra tanti voglio ricordare il fratello L. Francescon che può essere considerato
“primizia” del risveglio pentecostale fra gli italiani negli Stati Uniti; questo
generoso servo di Dio si è coraggiosamente battuto per la libertà insidiata
dall’organizzazione; egli aveva sintetizzato il suo messaggio, intorno a
questo soggetto, affermando di aver ricevuta luce da Dio. Ecco le sue parole:
COSTITUZIONE DELLA CHIESA DI DIO
Gesù è il Capo della Chiesa. Lo Spirito Santo è la legge per guidarla in ogni
verità. La sua organizzazione è la carità di Dio nei cuori dei membri che la
compongono – “Legame della perfezione”.
Dove questi Tre non governano, è satana che governa in forma d’uomo per
sedurre il popolo di Dio con la sapienza umana. Questa luce l’ho ricevuta dal
Signore l’anno 1910. L.F.
E’ onesto precisare che Francescon non si opponeva alla designazione di
fratelli che avessero potuto curare l’amministrazione dei beni strumentali
delle singole comunità, ma respingeva decisamente il concetto di una
organizzazione investita di autorità spirituale e strutturata gerarchicamente.
Comunque anche la “funzione puramente amministrativa” doveva
rappresentare, secondo il pensiero di Francescon non un “servizio imposto”,
ma un “servizio liberamente scelto” dalle comunità che ne avessero voluto
usufruire.
In parole estremamente semplici, si può dire che questo servitore di Dio
escludeva categoricamente la costituzione di un “corpo” di amministratori
investiti di autorità sopra i propri fratelli. Francescon paventava il verificarsi
di un fenomeno ricorrente e che purtroppo ha turbato o addirittura spento
molti movimenti di risveglio.
Ritorno a questo proposito al già citato lavoro di Biginelli che affronta il
problema delle chiese dei fratelli, un risveglio spirituale precedente a quello
pentecostale; così l’autore denuncia questo male:
Si hanno, così, dei fratelli posti legalmente al vertice con la facoltà di
comandare ed altri fratelli rimasti in basso che hanno solamente il dovere di
ubbidire. Ma tutto questo è in aperto contrasto con i principi stabiliti dal
Signore e che tutti ben conosciamo (Matt. 20:25; Marco 10:12; Luca 22:25;
2 Cor. 1:24: 1 Pietro 5:3).
Questo grave pericolo incombente e questa deviazione in atto, sono insiti in
una costante sempre più evidente burocratizzazione legalistica di molte
attività spirituali, che svilisce quando non distrugge, il carattere
squisitamente carismatico del nostro servizio spirituale e della nostra vita di
relazione con Dio e con i fratelli.
Il Biginelli denuncia lo statuto e le degenerazioni prodottesi nelle chiese per
averlo accettato e così scrive:
Introdotto nelle Assemblee per imposizione di un governo dittatoriale, subito
per timore umano o per debolezza e miopia spirituale e affermatosi, per la
mancanza di un vigoroso insegnamento scritturale e per l’assenza di una
decisa difesa delle verità dottrinali, il principio della gerarchia umana nella
Chiesa è diventato evidente e si è fatto acutamente sentire dal Consiglio
dell’Ente Morale sia per l’autorità che gli conferisce lo statuto, e sia perché il
suo Presidente non è più considerato un fratello come tutti gli altri, ma
bensì una autorità ecclesiastica per cui gli si deve particolare rispetto per la
sua posizione, gli si deve riconoscere degli speciali diritti per la carica che
ricopre talchè, molte decisioni concernenti l’Opera nel suo insieme, per
essere legalmente valide, dovrebbero avere il “nulla obstat” o il “placet”
della sua autorità gerarchica conferitagli dallo Statuto.
Ma quello che si è verificato nelle chiese dei fratelli e in tanti altri movimenti
di risveglio, purtroppo si è determinato anche nel movimento pentecostale.
Dopo la seconda guerra mondiale, quasi a quarant’anni dalla nascita del
movimento incominciano a manifestarsi chiari segni di insofferenza fra le
chiese pentecostali italiane degli Stati Uniti.
Questo fenomeno nasce soprattutto dai confronti che da parte di molti
vengono fatti oltre che con le chiese storiche, con le denominazioni
protestanti, anche con diversi rami del movimento pentecostale indigeno che
già si sono strutturati secondo vari schemi organizzativi.
Il ragionamento semplicistico dei sostenitori dell’organizzazione era questo:
Se tutte le denominazioni hanno un’organizzazione, se altri movimenti
pentecostali hanno un’organizzazione perché non dovremmo averla anche
noi? Il fr. L. Francescon s’impegna in una dura battaglia per tentare di
ricordare a tutti che Dio ci ha liberato in Cristo e ci ha fatto uscire fuori dalle
organizzazioni. Egli sostiene con forza il principio di una comunione
fraterna priva di gerarchia istituzionale e quello non meno importante di una
vita e di un servizio compiuti non sui binari di una regolamentazione legale,
ma nella libertà e nella guida dello Spirito Santo.
I suoi avversari crescono di numero e di forza ed egli è costretto a ritirarsi
dopo aver dato l’ultimo solenne avvertimento… Purtroppo ho dovuto
personalmente raccogliere la dichiarazione di uno di questi avversari,
considerato fra i maggiori, che, trovandosi a Roma, mi disse testualmente:
Nel prossimo Convegno venga Francescon o S. Francesco, noi faremo quello
che siamo intenzionati di fare cioè ci organizzeremo legalmente. (Sic)
A quel convegno Francescon non andò; aveva detto l’ultima parola nel
precedente convegno e aveva “sentito” che quella parola non era stata
ricevuta e quindi egli non aveva più responsabilità nei confronti di fratelli che
“non avevano avuto orecchio”, per ascoltare il suo consiglio.
Sono andato lontano nel tempo e nello spazio, ma voglio ora tornare a quel
servitore di Dio che con profonda mestizia esprimeva il suo punto di vista
intorno ad una crisi che invano si cerca di nascondere con programmi
clamorosi o con adunate oceaniche. Crisi dell’amore, crisi della libertà, crisi
della vera santità e quindi, di conseguenza crisi della comunione sincera,
della collaborazione pura, della fede genuina e semplice, del servizio
disinteressato.
Non voglio e non posso attribuire tutto questo all’esistenza di uno statuto,
benché questo possa rappresentare un ostacolo alla ricerca e al rispetto della
parola di Dio, ma non posso non fare osservare che sempre la storia ci dice
che “crisi spirituale” ed “organizzazione” si presentano sempre assieme
proprio quando un risveglio si avvia verso il suo tramonto, cioè verso la
trasformazione in una denominazione da collocarsi silenziosamente
nell’ambito delle tante già esistenti e che sono state prima altrettanti
movimenti di risveglio.
Ma distruggere lo statuto vuol dire “scissione?” Il desiderio di quel servo di
Dio, ricordato all’inizio di questo capitolo, era quello di provocare una
divisione?
Assolutamente no, anzi distruggere lo statuto proprio per realizzare unità e
comunione non mediante l’adesione ad una organizzazione, ma in virtù dei
vincoli spirituali della grazia di Dio.
Prima dello statuto, prima dell’organizzazione, eravamo e vivevamo fratelli in
semplicità e in purità perché Dio ci aveva fatto e ci ha fatto Suoi figliuoli e se
oggi si alza una voce, questa vuole essere non sediziosa, ma sostenitrice di
unità nella libertà e quindi unità non condizionata da etichette, da tesserini,
da regolamenti, ma unità piena e libera nella gioia dello Spirito Santo.
2. – “DOVE CI TROVIAMO?”
I “Ricorsi storici” sono fenomeni che hanno spazio in ogni ambiente
dinamico, cioè dove c’è il movimento, la vita e quindi non deve sorprenderci
il fatto che i medesimi eventi, con sconcertante puntualità, si riproducono nel
seno dei movimenti di risveglio che si susseguono lungo il corso della storia
della chiesa.
Nel capitolo precedente ho ricordato due testimonianze, lontane fra loro di
molti secoli, ma concordi nell’esprimere l’anelito di coloro che avevano
ricevuto la conoscenza di quella verità che rende liberi; in questo voglio
ricordare la mesta recriminazione di un servitore di Dio:
Siamo caduti molto in basso. Stiamo edificando sul terreno infido
dell’organizzazione umana, sulla sabbia mobile di un legalismo giuridico che
spesso è stato invocato per privarci della nostra LIBERTA’, del nostro
DIRITTO, e della nostra RESPONSABILITA’ di esaminare, insieme ai nostri
fratelli, i problemi comuni nello intento di risolverli sul fondamento
dell’autorità assoluta della Parola di Dio (Luca 11:28).
Il tentativo di fare prevalere l’autorità legale dell’Ente Morale nelle
responsabilità spirituali delle singole Assemblee, ci ha condotti, anche per la
nostra colpevole acquiescenza od ignoranza delle verità, in un manifesto
conflitto con l’autorità della Parola di Dio.
E’ sempre il Biginelli che nell’opera già ricordata si ferma ad analizzare la
condizione di quelle tante comunità dei “fratelli” che nate libere ed autonome
erano scivolate sul “terreno infido” dell’organizzazione fino alla
centralizzazione e all’autoritarismo.
La trasformazione di un Ente Morale (nato soltanto come organo
amministrativo di alcune proprietà immobiliari) in un “istituto” investito di
potere e preposto al governo delle comunità e dei ministri in relazione alle
attività spirituali, aveva deformato le caratteristiche del risveglio e ne aveva
mortificato la libertà.
L’autore infatti nel ricordare il “principio” dell’autonomia delle chiese (e non
della “chiesa”) dei fratelli lo difende alla luce della Parola di Dio.
L’autonomia della chiesa locale non è anarchia perché essa, pur non avendo
un regolamento formato ed approvato dagli uomini, ha un codice unico e
perfetto, valido per tutte le Chiese: la Parola di Dio! A questo codice tutti i
credenti e tutte le Chiese devono inchinarsi ed “attenersi con fermo
proponimento di cuore” (Atti 11:23).
Di fronte all’autonomia si erge, come un idolo, l’immagine delle istituzioni
umane, sempre strutturate ed organizzate secondo principi gerarchici e
regolamentazioni legali. I movimenti di risveglio, come il popolo d’Israele ai
giorni di Samuele, finiscono sempre per cedere all’allettamento di un
modello che si propone per essere imitato ed essi non si rendono conto,
come scrive il Biginelli che:
Quando diverse chiese locali si eleggono un Comitato direttivo, una Tavola o
un Sinodo, e di conseguenza, un moderatore, un presidente o un
sovraintendente e cioè una persona o un gruppo di persone che riassumono
e che rappresentano di fronte allo Stato, sia i loro beni materiali quanto le
loro attività spirituali essi abdicano alla loro autonomia spirituale, o, con
maggiore precisione, all’autorità del Signore nel loro seno.
E’ dunque chiaro che la Chiesa locale è indipendente ed autonoma da ogni
autorità umana, perché tutte le Assemblee devono dipendere, essere
sottomesse, ed ubbidire a Dio e alla Sua Parola.
L’autore non nasconde la propria amarezza perché è costretto a scrivere non
di cose che possono avvenire, ma di cose che sono avvenute e che hanno
rovinato l’esperienza spirituale di quelle comunità sorte in Italia nel secolo
scorso e che hanno conosciuto un periodo fiorentissimo di vita cristiana e di
servizio evangelistico.
Noi dobbiamo far tesoro delle riflessioni espresse dal Biginelli proprio perché
apparteniamo ad un movimento di risveglio successivo a quello che spesso
viene ricordato, particolarmente per alcuni fra i più attivi animatori:
Guicciardini, Muller, Rossetti…
Dobbiamo temere il verificarsi di “eventi” che hanno posto in crisi coloro che
ci hanno preceduti e compiere quanto è in nostro potere per scongiurarli o
addirittura per capovolgerli, se già sono giunti a noi, come purtroppo è
avvenuto.
Non è impossibile vincere la battaglia che deve essere combattuta per
riacquistare la libertà, ma il combattimento deve essere affrontato con
energia e senza perdere tempo ed infatti ancora una volta citando il Biginelli,
possono essere ricordate le sue appassionate parole:
Se non ci liberiamo tempestivamente da questo lievito dell’autorità umana,
che serpeggia nel seno delle Assemblee, si giungerà, attraverso l’inesorabile
processo della lievitazione, ad un capo umano nelle Chiese di Cristo (dette
Chiesa dei Fratelli) in contrasto con l’insegnamento della Parola di Dio.
L’autorità divina si è trasferita, dall’Iddio Santo e perfetto, all’uomo
peccatore e manchevole; dalla Sacra Scrittura, tutta divinamente ispirata,
alla fallace gerarchia della Chiesa e da questa, al capo che si trova al vertice
della scala gerarchica.
Come s’introduce il “lievito” in un movimento di risveglio? Ho ricordato
quello che si è verificato nell’opera italiana degli Stati Uniti, ho anche
accennato brevemente al sorgere del fenomeno in Italia, ma posso
riprendere l’argomento per ricordare qualche particolare importante.
L’opera pentecostale in Italia è di poco posteriore a quella americana perché
molto presto, coloro che avevano accettato la salvezza e realizzata
l’esperienza del battesimo nello Spirito Santo, si sentirono spinti a recare il
messaggio ai loro paesi d’origine, alla loro nazione; ma anche l’opera
italiana, come quella negli Stati Uniti, rimase completamente estranea ad un
programma organizzativo; le chiese erano autonome anche se unite da
sincera e calda comunione spirituale.
Il primo incontro fra conduttori di chiese fu realizzato venti anni dopo la
nascita del movimento in Italia e cioè nel 1928; a questo che aveva avuto
una partecipazione piuttosto scarsa, ne seguì un secondo nell’anno
successivo.
Non si parlò di organizzazione, anzi il principio dell’autonomia appariva cosa
tanto ovvia da non aver bisogno di una qualsiasi difesa. Voglio d’altronde
ricordare che quell’incontro, o se preferiamo quel convegno del 1929 aveva,
come guida spirituale, quel fratello L. Francescon del quale già ho ricordato i
principi di uguaglianza e di libertà.
Dopo quello del 1929 un successivo incontro, a carattere nazionale, fu
realizzato nel 1945 in Sicilia; c’era stato un incontro anche l’anno
precedente, ma erano mancati i fratelli del continente in conseguenza degli
eventi bellici ancora presenti nel nostro paese.
In quel convegno del 1944 si parlò di organizzazione “amministrativa”, di
coordinazione di programmi, di comitati provinciali o zonali e si abbozzò
anche qualche iniziativa in queste direzioni, ma senza dare quel carattere o
quel significato autoritario e accentratore proprio dell’organizzazione.
Comunque, nel convegno successivo anche queste iniziative furono in
notevole parte contestate dagli stessi che l’avevano promosse l’anno
precedente e che in pratica le avevano trovate non corrispondenti a quei
principi di libertà cristiana ancora difesi nel movimento.
Ma nel convegno del 1945 che poteva essere considerato nazionale, per la
prima volta fu posto all’ordine del giorno il problema dell’organizzazione; la
proposta veniva da quella che era allora l’unica chiesa di Palermo, ma a
questa proposta la reazione immediata fu tanto massiccia da indurre i
proponenti a ritirarla senza che fosse messa in discussione.
I fratelli giunti dal continente furono fra i primi e fra i più decisi ad opporsi al
progetto e a convegno concluso i più soddisfatti di aver contribuito con la
loro partecipazione a scongiurare il “pericolo”.
Di fronte a questo fatto, appare almeno strano che soltanto alla distanza di
un anno e cioè nel convegno tenutosi a Roma nel
1946 la proposta venga presentata di nuovo e non più da coloro che erano
stati costretti a ritirarla, ma proprio da coloro che l’avevano respinta.
E se si tiene presente che quel Convegno fu presieduto dal fr. N. D.
Gregorio, diacono di quella chiesa di Chicago guidata dal fr. L. Francescon,
oppositore dichiarato dell’organizzazione, la cosa sembra tanto strana da
apparire addirittura paradossale.
Tutto però può essere spiegato alla luce di due elementi; il movimento
italiano aveva avuto, nel periodo fra i due convegni, contatti con fratellanze
estere già organizzate e queste avevano esplicitamente consigliato di
organizzarsi per poter affrontare, con il peso dell’organizzazione il problema
della libertà religiosa.
Il secondo elemento può essere indicato nell’arrivo proprio durante il
convegno del 1946 del fr. H. Ness, di Seattle che all’epoca era esponente
non secondario delle Assemblies of God degli Stati Uniti. Questo fratello,
pastore di una grande comunità e direttore di una Scuola biblica fondata da
lui stesso, era non soltanto assertore convinto dell’organizzazione, ma anche
generoso e disinteressato consigliere per costituirla.
Il paradosso fu proprio accentuato dalla contemporanea presenza in quel
convegno degli esponenti dell’inorganizzazione e dell’organizzazione e cioè
dei fratelli Di Nicola e Ness; purtroppo la presenza e la parola del secondo
prevalse su quella del primo e l’organizzazione incominciò la sua marcia.
E’ giusto ricordare, come dirò più chiaramente in seguito, che allora non
c’era altro proposito all’infuori di quello di ottenere libertà di culto e si
pensava che questo fine si sarebbe raggiunto meglio e più presto
presentando alle autorità un corpo coordinato oltre che collegato in tutte le
sue parti. Comunque la cosa si è messa in movimento ed è andata avanti
per la sua strada…verso Roma.
Non ho voluto fare la storia o proporre la cronistoria dell’organizzazione dalla
sua nascita; sarebbe stato necessario fornire particolari e forse dare
interpretazioni. Mi sono limitato a ricordare alcune circostanze fondamentali
che hanno dato l’avvio ad un fenomeno del quale non si erano certamente
previste le conseguenze.
3. – “IL PARADOSSO SI ALLARGA”
L’organizzazione in movimento: giunge la richiesta concessione di affiliazione
con l’organizzatissima Ass. of God degli Stati Uniti e con questa l’inizio di una
pratica di riconoscimento. Un inizio forse malato d’ingenuità; sembrava che
tutto potesse essere eseguito con estrema semplicità, assolvendo ad alcuni
atti “puramente formali” e al solo fine di ottenere libertà per esercitare il
servizio del Signore. Anche la compilazione di uno “statuto” appariva come
una cosa affatto impegnativa ed infatti la stesura di questo fu affidata ad un
fratello designato in sede di convegno.
Ma già dai primi contatti con il Ministero apparve chiaro che la pratica
implicava impegni e responsabilità maggiori di
quelli del nostro preventivo semplicistico. La pratica doveva essere affidata
ad un legale e doveva essere questo a compilare uno statuto.
Non fu difficile trovare il legale perché indicato e consigliato dallo stesso
funzionario del Ministero, ma fu anche facile constatare che questo legale
per avviare la pratica doveva servirsi della stazione di partenza e dei binari
delle organizzazioni già esistenti, cioè quelle delle denominazioni protestanti.
Quindi lo “statuto” preparato dal legale s’ispirava e ricopiava in parte gli
statuti delle diverse denominazioni dalle quali molti credenti pentecostali
erano usciti.
Incominciava così quel processo che molti anni prima si era prodotto nella
chiesa dei fratelli e che ha fatto scrivere ad A. Biginelli le amare parole che
qui ricordo:
Ci troviamo di fronte ad un totale rovesciamento, e cioè di fronte
all’organizzazione gerarchica ed all’autorità ecclesiastica, proprie della
denominazione e che “i Fratelli”, nel loro risveglio, avevano abbandonate e
combattute costituendo delle Assemblee libere da ogni vincolo umano
perché fossero solamente vincolate al Signore ed alla Sua Parola.
Tale principio, inseritosi nello Statuto dell’Ente Morale in circostanze
eccezionali e, certamente, anche per mancanza di fedeltà e di discernimento
spirituale, oltre a non avere nessun fondamento nella Parola di Dio, priva i
credenti della completa libertà dello Spirito e limita la loro dipendenza da
Dio e dalla Sua Parola. Infatti, i credenti del Risveglio “dei Fratelli” nazionale
od internazionale, come le altre Chiese dalle quali erano usciti per liberarsi
dall’autorità umana e perché appunto credevano ed insegnavano che la vera
Chiesa, la Chiesa di Cristo, è là OVUNQUE (Matt. 18:20) i nati di nuovo si
radunano insieme nel Suo nome per pregare, per rompere il pane e bere il
calice in rammemorazione di Lui, per adorarLo in Spirito e verità e per
esercitare il ministerio dei doni spirituali nell’attesa del Suo ritorno, nella
piena libertà dello Spirito.
Ma la mancanza di “discernimento spirituale” di cui fa cenno Biginelli,
sembra essere purtroppo una caratteristica sempre presente in un
movimento di risveglio che inizia la parabola discendente.
Bisogna ricordare però che sarebbe stato necessario individuare non grosse,
ma “piccole volpi”, e non in riferimento a persone, che forse all’epoca erano
ancora tutte in buona fede, ma in riferimento ad elementi e circostanze.
Infatti allora non si parlava di avere un “presidente” che avesse autorità
anche spirituale sopra le chiese o sopra i fedeli o di avere “organismi” che
potessero avere il potere e la pretesa di comandare, meno ancora si parlava
di avere un “regolamento” totalmente estraneo o addirittura in conflitto con
gli insegnamenti della Scrittura. Anzi le più convinte e calde assicurazioni
venivano dati agli esitanti ( e forse ai pochi ancora pienamente illuminati):
“Saremo sempre fratelli” “Uniti dall’amore e perfettamente uguali”, “La
Bibbia sarà sempre lo Statuto delle chiese”, “Vivremo sempre nella libertà
dello Spirito”. Assicurazioni e promesse che sono state sbriciolate dal tempo
e soffocate dagli eventi.
Ma in quei giorni quasi tutti credevano a queste assicurazioni e coloro che le
esprimevano e coloro che le ricevevano; in fondo si trattava semplicemente
di formalizzare una domanda per avere “libertà di culto” cioè per
neutralizzare, finalmente, quelle misure e quelle circolari che avevano
scatenata la persecuzione all’epoca del regime fascista e che avevano
ostacolato tanto l’attività edificativa, quanto quella evangelistica delle chiese.
Non si pensava e non si parlava di “Ente Morale”, ma soltanto di ottenere
quanto esplicitamente accordato dalla costituzione e che probabilmente
avremmo avuto senza far domande.
Non c’erano ancora beni immobili da tutelare o istituzioni da proteggere, ma
c’era un grande e forse esagerato desiderio di essere legalmente liberi
(spiritualmente il cristiano è libero anche nella persecuzione) di svolgere
tutta l’attività cultuale e ministeriale.
La semplicità, o l’ignoranza, erano ancora tanto determinanti da far
accettare ad “occhi chiusi” lo statuto compilato dal legale. A coloro che ne
chiedevano la lettura ed eventualmente la discussione fu data assicurazione
che si trattava di un “documento” necessario soltanto per corredare la
domanda, ma non “impegnativo” per noi che avevamo uno statuto
superiore: la Parola di Dio.
Molti anni dopo invece quello statuto è stato letto, esaminato, discusso ed
approvato, ma questo è avvenuto quando ormai l’organizzazione aveva
assunto il controllo del movimento, delle chiese e condizionato anche il modo
di “pensare” dei ministri.
Quanto sarebbero state opportune le parole di Biginelli in quel lontano
passato:
La vera comunione fraterna e l’unità dello Spirito, consistono e si
mantengono nell’accettazione, da parte di tutti i credenti, della “sola
Scrittura” e della sua autorità tanto nella nostra vita personale quanto nella
vita collettiva delle singole chiese. La comunione fraterna e l’unità dello
Spirito sono turbate, quando subentra, nei rapporti spirituali, sostituendosi a
quella divina, l’autorità umana.
La “sola Scrittura” l’affermazione solenne che ha dato un fondamento alla
riforma, dovrebbe rimanere il principio irrinunciabile di ogni movimento di
risveglio. Purtroppo sembra difficile resistere alla tentazione di imitare i
modelli proposti dal “presente secolo” e come gli israeliti lottarono per avere
un “re”, un re come lo avevano altre nazioni, così i movimenti nati liberi e
guidati da Dio, arrivano a volere ed accettare forme di governo che finiscono
per escludere la signoria di Dio; torno ancora una volta a quanto scriveva
Biginelli:
Dal momento in cui la nostra autorità è Dio e la Sua Parola, noi dipendiamo
unicamente da Lui e se desideriamo esercitare il nostro servizio del ministero
nell’opera del Signore nella piena libertà e nella guida dello Spirito, non
possiamo e non dobbiamo accettare altre signorie e né sottometterci ad altre
autorità. (Eccl. 8:9).
Non si deve tollerare, nella vita e nel servizio delle chiese locali,
l’intromissione di altra autorità che non sia quella delle Sacre Scritture e del
Signore Gesù Cristo, perché tale intrusione sacrificherebbe sul Moloc
dell’autorità umana, la gloriosa libertà dello Spirito di operare con pienezza
nelle membra del corpo di Cristo.
Rifiuto dell’organizzazione e dell’autorità gerarchica non vuol dire rifiuto
dell’ordine e del ministero. Un servo di Dio ha detto che la chiesa non è
un’organizzazione, ma un organismo e noi tutti sappiamo che quando un
organismo è sano presenta il più perfetto quadro di ordine e di armonia; lo
Spirito Santo coordina, unisce, muove tutto e tutti ed anche quelle
circostanze di carattere locale, nazionale, internazionale, che sono
considerate di “emergenza” possono essere perfettamente affrontate e
cristianamente vissute nella guida e nella potenza di Dio.
Non è vero che siano necessari comitati permanenti ed istituzioni legalizzate;
nella chiesa apostolica sorgevano problemi assistenziali, disciplinari,
dottrinali, sociali e tutti trovavano una perfetta soluzione mediante le risorse
dello Spirito Santo. Atti 6:3, 11:29-30, 13:3-4, 15:2, 1 Cor. 16:1-4; 2 Cor.
8:4.
Il ministero è e deve essere onorato tanto nella comunità locale, quanto
nell’esercizio della comunione e della collaborazione, ma quando ci riferiamo
al ministero dobbiamo riferirci ad una qualifica data da Dio e non ad un titolo
ottenuto mediante un suffragio che non raramente è il risultato di una
votazione elettorale abilmente manovrata. Quando aggiungiamo titoli e
qualifiche a quelle definizioni carismatiche date dalla Scrittura, noi
oltrepassiamo il limite entro il quale siamo chiamati a vivere la nostra
esperienza cristiana e possiamo soltanto contribuire all’affermazione e
all’esaltazione della personalità umana.
Anche su questo elemento si può raccogliere una triste considerazione di
Biginelli che anzi si limita a parlare degli “anziani” la cui qualifica è
scritturalmente esatta, ma che purtroppo in una struttura organizzativa
anche queste qualifiche possono andare incontro alle più perverse
degenerazioni:
In sostanza, la stima, il rispetto e l’ubbidienza non sono dovuti alla carica di
anziano (alla quale molti fratelli ci tengono e sovente la usurpano), ma alle
qualità spirituali che egli possiede (così rare oggi) e che dimostra
nell’esercizio fedele e zelante delle sue funzioni nella Chiesa.
E’ evidente che una funzione esercitata senza le qualità richieste dalla Parola
di Dio è un’intrusione illecita e dannosa, un’irrisione alla verità ed un
impedimento alla edificazione del corpo di Cristo e perciò non può e non
deve essere riconosciuta e tanto meno accolta.
Di queste degenerazioni forse la peggiore è rappresentata dall’autoritarismo,
ed il Biginelli lo denuncia alla luce di un passo della Scrittura:
Di questo tipo di anziani, Diotrefe, ne è l’esempio più noto. Infatti, nella
terza epistola di Giovanni vv. 9-10 leggiamo che egli “procacciava il
primato”, mentre il Signore Gesù aveva detto: “Voi tutti siete fratelli” (Matt.
23:28) e, più tardi, Pietro avrebbe scritto: “…non come signoreggiando quelli
che vi sono toccati in sorte, ma essendo gli esempi del gregge” ( 1 Piet.5:3).
Poi, “non riceveva i fratelli”, agendo proprio all’opposto di quanto scriveva
Paolo:
“Quanto a colui che è debole nella fede, accoglietelo ma non per discutere
opinioni” (Rom. 14:14). E finalmente “cianciava di male parole…impediva
coloro che volevano riceverli e li cacciava fuori dalla Chiesa”.
Il “paradosso si allarga”; da quello iniziale costituito dall’incontro in uno
stesso convegno dei rappresentanti di due opposte tendenze, sono arrivato a
parlare delle conclusioni infauste che si sono avute mentre si continuava e si
continua a dire: “Siamo tutti liberi”. “Siamo tutti uguali”. “Fra noi non
esistono gerarchie”.
Credo che sia superfluo ricostruire minuziosamente la storia di quel che si è
verificato; oltretutto si corre il rischio di dimenticare qualche particolare o di
dare interpretazioni personali a qualche dettaglio anche importante. La sola
cosa che si deve dire è questa: – Il movimento pentecostale, da uno stato di
libertà realizzato nell’autonomia delle chiese, è giunto ad una condizione di
legalismo condizionante ad opera della propria organizzazione.
Naturalmente non tutti si accorgono di questo stato di cose e non perché
manchi conoscenza o discernimento, ma perché non tutti sono impegnati in
attività che possono essere in conflitto con le regolamentazioni o le norme
statutarie, o perché non tutti rappresentano un ostacolo vero o immaginario
del “potere”.
Se mi è permesso un esempio posso ricordare che anche sotto i regimi
totalitari e dittatoriali non tutti si accorgono delle limitazioni imposte alla
libertà perché ci sono un numero notevole di persone che possono
agevolmente vivere la loro vita entro i confini anche ristretti delle leggi e
questo perché la loro vita non ha esigenze superiori a quelle dello spazio che
viene loro concesso.
Nessuna meraviglia quindi se s’incontrano individui che non comprendono
perché si alza la voce per denunciare l’oppressione, e se l’oppressione è
sconfitta, nessuna meraviglia se si incontrano coloro che vengono definiti
“nostalgici”. Noi vogliamo e dobbiamo avere una sola nostalgia: quella per le
cose sante; per la libertà, per la verità, per la semplicità già in parte
compromesse.
Torniamo alla Pentecoste dell’Alto Solaio, delle camerette segrete, della vera
separazione dal mondo, dal vero, puro amore fraterno realizzato e vissuto
nell’uguaglianza. Torniamo ad un servizio attivo, disinteressato, privo di
pretese accademiche e di artificiosità scolastiche, ma ricco di calore e di
esperienze; si, torniamo a Dio e così distruggeremo ogni pernicioso
paradosso presente in mezzo al popolo di Dio.
4. – UNA VITTORIA
Forse proprio l’opera di Biginelli ripetutamente ricordata ha contribuito a far
conseguire una vittoria, diciamo pure una liberazione alle chiese dei fratelli.
Finalmente lo statuto che sanzionava il centralismo, che limitava la libertà, è
stato annullato.
In data 14 maggio 1980 il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro
dell’Interno (Rognoni) ha approvato il nuovo Statuto. Quindi non uno statuto
semplicemente modificato, ma un “nuovo statuto” che ha un carattere
esclusivamente amministrativo.
Per avere un’idea del radicale cambiamento posso fare degli esempi; nel
nuovo statuto non esistono più articoli come questi: Art. 3:
a) L’Ente Morale è l’organo giuridico responsabile di tutte le comunità e che
le rappresenta anche nelle loro attività spirituali.
Art 16:
b) L’Ente Morale nomina i ministri di culto ed è responsabile delle loro
attività.
Il nuovo Statuto quindi limita l’attività dell’Ente alla gestione dei beni
immobili, senza escludere però che le chiese stesse possano avere il
possesso diretto di questi beni. L’Ente Morale diviene quindi praticamente un
“servizio amministrativo” del quale tutti possono “liberamente” godere senza
essere però condizionati nell’esercizio della vita comunitaria, e senza
neanche essere obbligati ad accettarne il servizio amministrativo. Qualcuno
potrà dire che la vittoria sarebbe stata completa se si fosse addirittura
sciolto l’Ente e ripudiato definitivamente lo statuto, ogni statuto, ma
dobbiamo sinceramente ammettere che quando la nostra libertà cristiana ed
il rispetto completo della Parola di Dio non subiscono attentati, possiamo
anche tollerare (farne a meno forse sarebbe meglio) quelle costituzioni
suggerite dagli ordinamenti giuridici del paese.
Spesso quando si affronta l’argomento delle leggi si pensa a Paolo e si parla
di Paolo cioè del “cittadino romano” che in varie circostanze si è appellato
alla “legge”. Frequentemente però il riferimento all’apostolo è se non proprio
strumentale, almeno equivoco; Paolo non ha mai cercato di introdurre un
metodo legalista nella vita cristiana o nelle chiese. Non dobbiamo poi creare
confusione non distinguendo fra l’osservanza di quelle leggi che c’impegnano
esclusivamente nella nostra vita sociale e quelle leggi che ci vincolano
direttamente alla parola di Dio. Infatti io sono convinto che se Paolo avesse
dovuto scrivere oggi quello che ieri scrisse ai credenti della Galazia, avrebbe
usato parole diverse, forse parole come queste:
V.
1) Cristo ci ha affrancati perché fossimo liberi; state dunque saldi, e non vi
lasciate di nuovo porre sotto il giogo della servitù!
2) Ecco io vi dichiaro che se vi fate sottomettere ad uno statuto o ad un
regolamento, Cristo non vi gioverà nulla.
3) E da capo protesto ad ogni uomo che accetta uno Statuto o un
Regolamento che egli è obbligato ad osservare questi.
4) Voi che volete essere allineati mediante il Regolamento e lo Statuto,
avete rinunciato a Cristo, siete lontani dalla Sua
Parola.
VI.
12) Tutti coloro che vogliono fare bella figura nella carne, vi costringono ad
accettare lo Statuto e il Regolamento e ciò al solo fine di non essere
perseguitati per la croce di Cristo.
13) Poiché neppure quelli stessi che vi propongono lo Statuto osservano gli
articoli di esso; ma vogliono che accettiate lo
Statuto per potersi gloriare del numero.
No! non vuole essere un audace rifacimento del testo paolino, ma piuttosto
una rispettosa interpretazione del suo pensiero applicato ad una situazione
reale. D’altronde quel capitolo 5 dell’epistola ai Galati al quale mi riferisco è
estremamente chiaro ed anzi ci dice che se non è lecito ad un cristiano
cercare giustizia e giustificazione nella Legge (con la lettera maiuscola)
quanto meno deve sentirsi impegnato a cercarla in un Regolamento
alienante dalla libertà e addirittura dalla dipendenza da Dio.
Paolo non è schiavo degli uomini, è schiavo di Gesù Cristo anzi un volontario
di Gesù Cristo e nello stesso modo che rivendica il diritto ad esercitare il
ministero senza limitazioni (1 Cor. 9:1-6), così rivendica quello di
liberamente soffrire con gioia per il nome di Gesù Cristo. Atti 21:13.
Egli non accetta, non può accettare tutori o procuratori, meno ancora è
disposto a vendere l’acquistata libertà ad un “nuovo sinedrio”; è stato
redento e quindi strappato dal sinedrio di Gerusalemme e non vuole
conoscerne un altro anche se questo potrebbe presentarsi con il più
allettante dei nomi e la più suggestiva delle forme.
Le lettere dell’apostolo non trascurano mai il tema della libertà, egli lo
sviluppa in tutte le articolazioni: libertà dal peccato, dalle tradizioni, dalla
paura, dall’errore e con grande enfasi: libertà dal legalismo il che vuol dire
libertà dall’organizzazione, dalle gerarchie, dai regolamenti.
Mai l’apostolo avrebbe accettato uno statuto da aggiungersi all’Evangelo di
Gesù Cristo; egli lo avrebbe visto come un altro Vangelo, quindi come un
tentativo di coprire ed oscurare la Parola di Dio. Nell’esprimersi così non mi
riferisco alla parola scritta, ma alla parola di Dio interamente ricevuta e
interamente custodita dalla chiesa apostolica (Atti 2:42).
Paolo è l’espressione sana del pensiero e del sentimento della chiesa che
vive nella libertà dello Spirito. Ogni movimento di risveglio infatti è nato
libero, privo di ogni forma organizzativa, ed anzi animato dal proposito di
non voler imitare le associazioni e le istituzioni umane sempre strutturate
gerarchicamente e statutariamente.
Quindi se parliamo di Paolo dobbiamo saperlo “vedere” ed “ascoltare” perché
da lui ci viene un solo messaggio; quello che ci esorta a conservare e
riacquistare la libertà.
Biginelli scriveva: Siamo caduti molto in basso…; la sua parola si è unita a
quella di altri che hanno detto la medesima cosa;
quel suono si è dilatato, è diventato tuono e finalmente il tuono, terremoto
che ha fatto crollare le strutture di un autoritarismo centralizzato che
mortificava le chiese e questa è stata una vittoria che sinceramente
guardiamo ed auspichiamo come inizio di un nuovo risveglio. Ma alle parole
del Biginelli: “siamo caduti in basso…”; domandiamoci: e noi, dove ci
troviamo?
Tergiamo il pianto sterile e soffochiamo le recriminazioni inutili, ma alziamo
alta la voce per dire anche a coloro che si mettono al riparo delle loro
posizioni e dei loro titoli altisonanti: Torniamo all’Eterno!
Non riconosciamo i vostri titoli e non ci sottomettiamo alle vostre pretese
autoritarie: vogliamo essere liberi; liberi di onorare Dio e fare non la nostra,
non la VOSTRA, ma la Sua volontà.
I suffragi che avete ricevuti non annullano il fatto che avete preteso
assumere un ruolo che non vi è stato conferito da Dio e che è totalmente
estraneo all’insegnamento della Scrittura. Perciò rifiutiamo le vostre
direttive, perché vogliamo seguire soltanto quelle di Dio. Vogliamo esaltare
la comunione, incrementare la collaborazione, onorare il ministero, ma solo e
sempre nell’esercizio della libertà cristiana e, soprattutto nella realizzazione
di quel puro amore fraterno che ci ha fatto figliuoli di Dio e quindi uguali per
vivere sotto la suprema Autorità di Dio nella guida dello Spirito Santo!
Amen!
Quando saremo capaci di alzare la voce ed esprimere queste decisioni;
soprattutto quando saremo capaci di attuare questi principi, con quel
coraggio che deve venirci dalla consapevolezza di essere liberi figliuoli di Dio,
potremo anche noi affermare che una battaglia è stata vinta per il bene del
popolo cristiano e, soprattutto, alla gloria di Dio.
LA CHIESA
E’ stato osservato che quando il Nuovo Testamento parla di chiesa si riferisce
quasi sempre (cioè 100 volte su 110) alla chiesa “locale” che può essere
anche una piccola chiesa (Mt. 18:20) e che può raccogliersi forse in una
casa. (Rom. 16:5). E’ stato anche detto che la Scrittura parla di ogni singola
comunità locale come del “Corpo di Cristo” in quel luogo e per quell’epoca.
Non dobbiamo quindi avere il concetto che la comunità di una città
rappresenti l’occhio e quella di un’altra città l’orecchio… e così di seguito,
anzi dobbiamo credere che ogni comunità rappresenta dove si trova, il corpo
di Cristo. (1 Cor.
12:27).
Ogni chiesa locale, quindi è autonoma ed anche se ha comunione e rapporti
di collaborazione con altre comunità, riconosce un solo “capo” e questo capo
è Cristo.
Nessun “corpo” può avere pretese di superiorità sopra gli altri e nessuna
“autorità” ha il diritto di esercitare “potere” sopra le comunità. Cristo è il
capo di ogni comunità ed Egli guida ed edifica mediante l’opera del
ministero, per la luce della Parola, per la guida dello Spirito. Se vogliamo
tracciare un rapido schema scritturale della chiesa, possiamo articolarlo
come segue:
1) La chiesa cristiana di ogni secolo e di ogni luogo ha un solo capo: Gesù
Cristo. Ef. 5:23.
2) La “chiesa” è costituita dai “primogeniti scritti nei cieli” e dai “giusti resi
perfetti”. Ebrei 12:22-23.
3) Ed è perfezionata ed edificata mediante l’opera del ministero assolto dagli
operai suscitati e dati da Cristo. Efesi 4:11.
4) La chiesa di ogni luogo e di ogni epoca è stata chiamata ad essere la luce
del mondo e ad evangelizzare i popoli nella potenza dello Spirito Santo. Mt.
5:14 – Atti 1:8.
5) La chiesa è costituita nella sua struttura terrena dalle chiese locali. Apoc.
1:4.
6) Ogni chiesa locale ha Cristo, quale capo supremo. Apoc. 2:1.
7) In ogni chiesa c’è perfetta uguaglianza fra tutti i membri che la
compongono. Mt. 23:8.
8) Ogni chiesa viene perfezionata ed edificata a mezzo del servizio suscitato
da Dio ed esercitato in umiltà. Matt. 20:26.
9) Ogni chiesa è assolutamente autonoma e libera di amministrarsi in
relazione alla propria vita ed esperienza. Atti 14:26.
10) Le “chiese” hanno un rapporto ugualitario di comunione mediante i
vincoli dell’amore ed i rapporti spirituali di libera collaborazione sul piano di
una vera e profonda identità dottrinale e morale. Col. 4:16.
11) Le chiese non sono sottoposte a nessun potere centrale e non accettano
strutture gerarchiche che volessero sovrapporsi alla propria autonomia e
libertà. Atti 11:1-3.
12) Ogni chiesa è libera di:
a) Programmare la propria attività. Atti 13:1-3
b) Avere le proprie missioni e le proprie pubblicazioni Fil. 4:15. c)
Sovvenzionare i propri operai cristiani Gal. 6:6.
d) Partecipare liberamente a programmi collettivi 1 Cor. 16:1.
e) Accettare ministri ed avere rapporti di comunione e collaborazione con
altre chiese, prescindendo da considerazioni denominazionali od
organizzative, ma non da quelle dottrinali e morali Col. 4:16 – Mc. 9:38-39.
f) Possedere i propri locali 1 Cor. 16:19 – Col. 4:15
g) Riconoscere i propri ministri, anziani e diaconi e conservare il governo
della comunità secondo i principi stabiliti dalla
Parola di Dio ed in rapporto ad esigenze locali 1Tess. 5:12 – Fil. 1:1
13) Ogni chiesa nel rifiutare “organi”, “titoli” e “qualifiche” estranei
all’insegnamento della dottrina cristiana non fa altro che riaffermare la
validità dei “ministeri” conferiti da Dio e quindi la “disponibilità” ad accettare
liberamente l’offerta di collaborazione edificativa che può essere data e
ricevuta. Rom. 1:11-12
14) Ogni chiesa deve sentirsi impegnata per difendere quella libertà cristiana
che deriva dalla verità. Gal. 5:1
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