Genesi 18:32-Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci.
Il Signore tremendo nella sua ira e giusto verso i suoi amici, sta portando una spaventosa catastrofe su Sodoma e Gomorra , città simbolo del peccato ormai al culmine della depravazione, manda degli angeli ad avvertire Abramo, il quale sente in essi la presenza del Signore tanto che si prostra ai loro piedi e li invita a riposarsi presso la sua tenda; gli angeli lo avvertono dell imminente distruzione che avverrà alle citta e li invita,lui e la sua famiglia, ad andare via per non incombere nel castigo; Abramo viene preso da tristezza perche dentro Sodoma abitava il nipote Lot che sapeva essere giusto; da qui la preghiera di Abramo rivolta a Dio di scampare la citta se all interno ci fossero stati cinquanta giusti; l’ardire di Abramo si spinge a chiedere a Dio per tre volte, in ordine decrescente, se all interno della citta ci fossero stati almeno dieci giusti se l’avesse scampata ugualmente, e Dio che guarda con benignità alle preghiere dei suoi amici concede ancora grazia per amore di quei dieci giusti che si sarebbero trovati in Sodoma.
L’azione distruttrice di Dio è giustificata per l’allontanamento delle persone ai sani e santi principi morali; noi invece con tanta facilità decidiamo di tenere soggiogate talune persone ai nostri desideri e se le persone non vi si adattano le escludiamo dalla nostra vita, senza neanche tenere conto della sofferenza che rechiamo, perché il dolore della lontananza dalla persona amica non lo palpiamo direttamente, questo dolore interessa l’altro, colui del quale, a nostro esclusivo beneficio, traiamo le nostre convenienze; mentre sarebbe di gran valore sottomettere se stessi al servizio degli altri, nonostante non si vedano i risultati sperati secondo il proprio modo di vedere e desiderare le cose… tanto è importante la causa, tanto è l’imperativo alla dedizione, alla pazienza e alla moderata riprensione; siamo specchi di noi stessi e se vediamo l’imperfezione nell altro non è per la deformità dello specchio ma del nostro naturale modo di storpiare le differenze che vediamo nell altro.
Lascia un commento