Chiocca lei ha un tumore, le restano solo tre mesi di vita!
Dio non rimane in debito con nessuno. Quello che tu farai per il Signore ti sarà contraccambiato in modo tale da non fartene rendere conto; non c’è perdita nel Signore. Qualsiasi cosa tu farai col Signore, per il Signore con la tua vita, avrai sempre da guadagnarci.
Nel 2007 mi sono ammalato in maniera molto problematica. Una sera tornando da un raduno, avevo un terribile mal di testa. Si trattava di una strana emicrania e pensai di mettermi a letto e provare a riposare. Mi svegliai il giorno dopo. Mi alzai e corsi in bagno e d’impulso cominciai a vomitare: vomitai sangue. Cominciai a chiedermi come mai mi stesse accadendo una cosa del genere e non avevo il coraggio nemmeno di parlarne a mia moglie pur sapendo che avrei dovuto farlo. La chiamai e le raccontai il tutto.
Ci recammo immediatamente al posto di pronto soccorso più vicino. Al pronto soccorso di Lodi o di Milano bisogna attendere molto: sei, sette e pure otto ore. Quando finalmente arrivò il mio turno, l’addetta alla prima informazione mi chiese le ragioni della mia presenza lì ed io, le spiegai quanto mi era accaduto. Dopo un’accurata visita, mi fecero sedere in attesa del medico che mi voleva parlare.
Il medico arrivò e cominciò a chiedermi se fossi sposato e se avevo figli. Impaziente, lo pregai di dirmi subito quello che aveva da dirmi e lui, guardandomi negli occhi e invogliato dalle mie parole mi consigliò di ricoverarmi: mi disse che avevo sì e no tre mesi di vita. Dalle analisi era emersa la presenza di un tumore al polmone sinistro. Gli risposi che non potevo farmi ricoverare perché ero troppo impegnato in quei giorni in quanto le chiese di Lodi e San Giuliano Milanese avrebbero promosso una settimana di preghiera.
In cuor mio, intanto, pensavo al tempo che avevo davanti: tre mesi. Pensavo che se fossi entrato in ospedale, non ne sarei uscito vivo, avrebbero cominciato a tormentarmi con visite e medicinali e non avrei avuto nemmeno la possibilità di salutare i miei fratelli. Pertanto, rifiutai il ricovero e mi recai subito a Lodi nella chiesa: radunai i consiglieri, li abbracciai tutti e rivelai loro la mia condizione. Ci riabbracciammo e commossi cominciammo a piangere.
Poi, corsi all’altra chiesa, quella di San Giuliano Milanese. Anche lì, incontrai tutti gli anziani e raccontai loro la mia terribile esperienza. Dopo aver ottemperato a questi doverosi impegni, il giorno dopo andai a ricoverarmi.
Cominciai a chiedermi che fine avevano fatto tutte le promesse che il Signore aveva fatto per me, il mio futuro, i miei figli. Che fine avevano fatto i progetti per me e la mia famiglia? Tutto sarebbe finito in tre mesi?
I dottori mi sottoposero ad alcune analisi per cercare di capire la natura del male che avevo. Contavano di potermi dire qualcosa in più quando avrebbero avuto a disposizione gli esiti dei vari laboratori.
Intanto, iniziai a pregare e mentre pregavo piangevo. In quella sala d’attesa, ho sentito le tenebre scendere e Satana entrare. Si accostò a me e mi disse: – Hai visto che fine hai fatto? Questo è il tuo Dio, ieri lo hai predicato al raduno. Tu farai una brutta fine! Hai visto le promesse? Non sono vere: lascerai i tuoi figli ancora piccoli, tua moglie ancora giovane –
Cominciai a pregare fra le lacrime chiedendo al Signore come fosse possibile tutto quello che mi stava capitando. Credetemi, non avevo paura di morire bensì, mi intristiva il dover ammettere che quello che Dio mi aveva promesso, non si concretizzasse. Mia moglie ed io, avevamo dato tutta la vita al Signore e mi sembrava ingeneroso quanto stava accadendo.
Insistevo con forza e convinzione nella mia preghiera perché mi tormentava il fatto di aver sentito la presenza di Satana che addirittura osava bisbigliarmi frasi tremende nel peggior momento della mia vita. E fu proprio durante una di queste intense preghiere che sentii d’improvviso le tenebre squarciarsi, rompersi, dileguarsi e una presenza divina scendere dal cielo, Gesù, il Figlio di Dio, il Risorto; mi raggiunse in quella sala per dirmi semplicemente: – Tu non morirai, perché sei già morto quando IO ti ho salvato; chiunque mi conosce ha vita eterna perché passa dalla morte alla vita –
Improvvisamente quella stanza divenne cielo, un cielo glorioso, festante, mentre aspettavo ancora la risposta degli esami ospedalieri. Ero gioioso, parlavo in lingue celestiali, lodavo il Signore e per me, in quel momento, null’altro aveva importanza.
L’arrivo del medico mi riportò alla realtà, una realtà che però si presentò in tutt’altra forma. – Ho una bella notizia” – disse il medico – non è un tumore, Chiocca, lei non morirà più! Rimasi quasi deluso e il dottore se ne accorse e mi chiese se fossi contento di quell’esito. Gli spiegai che lo ero eccome, solo che io già lo sapevo che non avevo nulla di preoccupante perché me lo aveva detto Dio.
Appena dimesso dall’ospedale, mi recai ad incontrare i fratelli e gli anziani. Fra questi, vi era uno che, quando rivelai del mio male, ebbe quasi a rallegrarsi, come se sapesse qualcosa e non volesse rivelarlo. E la prima domenica che predicai, citai il Salmo 118. Non morirò più, resterò in vita e annunzierò le opere del Signore. E più lo gridavo e più guardavo quell’anziano: “Non morirò… non morirò, resterò in vita e annunzierò le opere del Signore. E sono tornato più forte di prima, perché ho conosciuto il mondo spirituale avverso che è stato sconfitto, annientato dalla potenza del Salvatore”.
Forse tu sarai oppresso ma stasera l’inferno ha i minuti contati nella tua vita. Perché mentre l’inferno asserraglia attorno, Lo Spirito dell’Eterno metterà in fuga il nemico nella tua vita. Non morirai, c’è un futuro, Dio Lo ha programmato; ci sono giorni migliori nella tua vita che dovrai vivere all’insegna della benedizione di Dio.
E così mi ripresi del tutto, andai al primo raduno dei pastori, felice, rinato e correvo. Incontrai due giovani pastori (gli amici di Giobbe) che quando mi videro mi dissero “sei ancora vivo?”. Uno di questi due pastori mi prese sotto il braccio e mi disse: – Voglio darti un consiglio. Vedi noi siamo come le candele, più bruciamo e più ci consumiamo, devi andare più piano, con calma, tu hai una famiglia, io ti sto dando un consiglio –
Sembrava il diavolo, non vi spaventate, il diavolo usa anche i pastori ogni tanto. “Siamo come le candele, più fai, più bruci e più si riduce la tua vita”. Gli risposi: – Ti ringrazio del consiglio, veramente bello, ma io sono una candela diversa. Tu sei come una candela da soprammobile, sai quelle belle, colorate, adornate, che non si usano mai e stanno nelle vetrine. Io invece sono il mozzicone quello lì che è nel cassetto che tu prendi quando manca la luce. Io sono il mozzicone, mi consumerò prima di te, forse morirò prima di te, ma in cielo, nessuno potrà rimproverarmi di non aver illuminato. Preferisco spegnere, spendere la ma vita per il Vangelo e consumarmi per questa causa, entrare in cielo, con i santi che mi accolgono e una voce che mi dice: “Bene hai fatto mio servitore, quel poco che dovevi fare lo hai fatto”.
Gennaro Chiocca
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