Come stai aspettando Gesù?-‎Giovanni Praticò

 

*[[Salmo 33:20]]* 🆘Noi aspettiamo il SIGNORE; egli è il nostro aiuto e il nostro scudo.*

Oggi ho avuto una piacevole conversazione e un confronto sullo stato di salute delle chiese che costellano l’arcipelago evangelico. Molte perplessità e allarmismi sul modernismo che sta coinvolgendo alcune realtà religiose a tal punto da spettacolarizzare i luoghi di culto. Si tratta di un nuovo linguaggio o di stile? Forse di un nuovo metodo di comunicazione che si avvicina ai giovani?

Mi sa che ci stiamo avviando verso l’era in cui si voglia far inginocchiare l’evangelo alle mode e alle tendenze e non viceversa; in cui la voce di un popolo stufo della veste della santità, diviene più assordante della voce di Dio che ha già da principio dettato regole, precetti e leggi per la nostra salvezza! È possibile che sia un vino nuovo? Eppure non riscontro nelle bibbia alcuna pentecoste che fa ballare, ridere, saltare, gridare e cadere, battere le mani come fossimo davanti ad un palcoscenico! Credo fermamente che aspettare il Signore non è come aspettare una superstar di Hollywood o il proprio idolo (cantante ect). EGLI è SOMMO SACERDOTE e RE dei re, è il SANTO d’Israele. La Sua presenza è così santa da rendere solenne ogni liturgia umana. Quando lo Spirito Santo ci visita dovrebbe farci piangere per il modo in cui la nostra vita è vissuta più per la carne che per lo spirito. Noi “aspettiamo il SIGNORE”, recita il verso di questo salmo, che se letto tutto alla luce di una chiesa secolarizzata, potrebbe essere interpretato in chiave moderna e quindi risultare fuorviante fin dal primo verso. Credo ancora che, “come la cerva desidera i corsi d’acqua, così l’anima debba anelare a Lui che è Dio”. Credo che la predicazione e l’insegnamento della sana dottrina non debba essere sostituita, né accantonata e né cantata, bensì debba essere al centro di ogni riunione che inizia e finisce nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo. Si dovrebbe andare in Chiesa col desiderio di ascoltare ciò che Dio ha da dire sul nostro conto, piuttosto che per passare una bella serata in compagnia di brave persone. Come potremmo aspettarci perdono da Dio se non confessiamo ciò che lo ha offeso? Come sentirci gioiosi se poi non siamo certi della salvezza? Di quale gioia si parla e di quale esultanza si festeggia in queste assemblee in cui non vi è spazio per chiedere in preghiera e aprirsi davanti a Lui, perché impegnati a fare altro. Dove è finita la croce che ognuno deve prendere per poi seguire Gesù se è tutto un divertimento? In che modo stiamo aspettando Dio; chi pensiamo che debba venire da non mostrargli riverenza e sobrietà? In un discorso sul decoro e sull’etica cristiana, Paolo termina così: “Se poi a qualcuno piace essere litigioso, noi non abbiamo tale abitudine; e neppure le chiese di Dio”.

Dio ci benedica. F.llo Giovanni Praticó

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