Nel ricevere un invito del genere ci metteremmo a saltare di gioia.
Che altro potremmo augurarci, se non di essere invitati alla Cena del Signore?
Se non conoscessimo il prosieguo di questa che viene chiamata la parabola degli invitati scortesi, la nostra gioia non verrebbe offuscata da alcuna ombra.
Ci rattrista, invece, che alcuni degli invitati, anche se cortesemente, abbiano declinato l’invito adducendo impegni patrimoniali.
Chi voleva andare a vedere un campo che aveva comprato (forse che l’aveva comprato on-line?); l’altro voleva andare a provare un paio di buoi (anche questo li aveva comprato forse senza provarli prima!); l’ultimo si era sposato e non poteva accettare l’invito.
Non avrà voluto partecipare con la sposina!
Boh.
Al di là della delusione che gli invitati sono stati in grado di causare e della comprensibile ira del padrone di casa, offeso dalla loro scortesia, la scena più avanti si rianima di luce, si carica di contenuti positivi.
Il cibo preparato per la cena non sarà sprecato, sarà invece offerto a quanti all’inizio erano apparsi esclusi.
Ora il cibo sarà condiviso con i mendicanti delle strade, con gli ammalati che languivano nelle viuzze secondarie, con quanti venivano sorpassati da chi poteva camminare in modo spedito.
Se qualcuno era rimasto escluso, i servitori faranno un secondo giro a prendere chi non aveva sentito bene l’invito.
Ora la gioia della cena sarà completa, anche perché i nuovi invitati avevano veramente bisogno di un invito che desse loro quello di cui avevano bisogno per sfamarsi e per emanciparsi dalla miseria e dal degrado.
Qui ci viene illustrato l’insegnamento che Gesù aveva impartito poco prima: «quando fai un convito, chiama poveri, storpi, zoppi, ciechi» (Luca 14:13).
Questi accetteranno di buon grado e anche se non avranno modo di ricambiare, la tua generosità apparirà con chiarezza.
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