IL CARNEVALE
Fra le varie ricorrenze e festività celebrate nel corso dell’anno, il Carnevale occupa sicuramente un posto importante, perché è un avvenimento che coinvolge la gente in un tempo di follie in modo quasi collettivo e trova posto in ogni sfera sociale.
Il motto maggiormente conosciuto in questo periodo è: “A carnevale ogni scherzo vale”. |
Purtroppo, come ogni altra festa idolatrica, cerca di penetrare con prepotenza anche tra i credenti e di attirare l’interesse dei nostri figli sfruttando il loro desiderio di giocare.
Trattare questo argomento per individuare i pericoli che si nascondono dietro questa maschera, per qualcuno può sembrare fuori luogo. Infatti, sono tanti coloro che non vedono nulla di male in questa festa, anzi molti la considerano come una bell’occasione per far svagare e divertire i propri figli nei giochi che si fanno.
In realtà, dietro questa manifestazione così apparentemente innocua, si nasconde il peccato dell’idolatria e della mondanità, dai costumi molto discutibili dal punto di vista etico e cristiano.
Non ho niente contro la vera allegria: Dio non vuole essere un guastafeste! Egli è Colui che ci ha dato un’anima. Ci ha anche dato il dono del ridere e vuole che proviamo gioia.
Diciamolo ancora una volta: Dio vuole che noi siamo allegri! Egli vuole donarci gioia, ma una gioia che riempia davvero il cuore e una pace che duri anche nei giorni tristi, fino all’eternità. Non si tratta di una gioia artificiale,“autoprodotta”, ma della gioia che proviene da Dio. Questa gioia può ottenerla chiunque crede in Gesù Cristo. Chi Lo accetta nella propria vita, secondo le Sue parole, ottiene gioia completa: “vi ho detto queste cose, affinché la mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia completa” (Giovanni 15:11).
Termine
Lo stesso termine Carnevale risale alla frase “carni vale dicere” (= dire addio alla carne), perché subito dopo comincia la Quaresima, che dura fino a Pasqua. Tuttavia, nel periodo precedente, la “carne”, il corpo, veniva trattato particolarmente bene con particolare ostentazione.
Il vocabolo carnevale deriva probabilmente da una parola del latino medievale “carrus-navalis”, che significa carro navale. Nel Medio Evo lo chiamavano “fasnachat” o “fesenach”, festa di pazzia. Questo termine venne successivamente reinterpretato con carne-levare, che a sua volta |
significa togliere la carne, riferito al giorno precedente la quaresima in cui cessa il consumo della carne per quaranta giorni.
Questa parola deriva dall’antico costume di passeggiare in barca con ruote nei saturnali romani, feste dedicate al dio Saturno, precedenti al moderno carnevale, così come i baccanali, in onore di Bacco.
La tradizione della barca sopra le ruote, a bordo del quale si sceneggiavano maschere e danze promiscue, ancora sono vigenti negli attuali carnevali di alcune città.
Origini
I festeggiamenti del periodo carnevalesco hanno un’origine molto remota e si collegano ad antichi riti pagani.
Le origini del Carnevale risalgono ai riti di fertilità dei popoli antichi del Medio Oriente. Babilonesi, Ittiti, Fenici ed Egiziani cercavano in tal modo di onorare i propri dèi. Greci e Romani adoravano il dio del vino.
Roma festeggiava tale ricorrenza a gennaio. Si organizzavano grandiose processioni su carri decorati con immagini di dèi, statue nude e leggiadre presenze femminili.
Un uomo del popolo veniva scelto per fare re, e guidava la processione con grande sfoggio. Si dice che i cittadini romani portassero le loro mogli e figlie in campagna.
Per un cristiano era impensabile prendere parte a simili cerimonie. La mancata partecipazione, però, poteva dare origine a persecuzioni. Un legionario romano che era diventato cristiano,venne addirittura giustiziato nel 303 d.C. dai soldati, perché aveva rifiutato l’elezione a “principe del Carnevale”.
Quando, sotto l’imperatore Costantino e i suoi successori, il cristianesimo fu dichiarato religione di stato, si bandì il carnevale in quanto ritenuto una festa pagana. Tuttavia, a poco a poco, le usanze carnevalesche cominciarono a riemergere.
La chiesa cattolica romana infine si rese pronta ad un compromesso. Poteva partecipare al Carnevale chi fosse poi disposto ad osservare un periodo di digiuno di quaranta giorni prima di Pasqua.
Una valvola di scarico, quindi un compromesso liberatorio concesso originariamente dalle autorità religiose per rendere più tollerabile la susseguente disciplina della mortificazione.
I riti del carnevale, persero nel tempo, l’originario carattere magico-rituale, per poi diventare semplicemente un’occasione di divertimento popolare. Nel corso dei secoli fu introdotto nelle corti, acquisendo sempre forme più raffinate e legate alla danza e alla musica.
Così, durante il Medioevo, il Carnevale fu nuovamente una festa di massa. Si arrivò a celebrare messe e culti di Carnevale. Cronache di quel tempo riportano alcuni avvenimenti carnevaleschi, dove al popolo era permesso fare di tutto a scapito di ogni elementare regola di civiltà e di buon gusto. Atteggiamenti grossolani e volgari, sbeffeggi alle autorità, profanazione di chiese ed ogni sorta di scurrilità venivano tollerate in nome del carnevale.
Il papa Carlo V nell’anno 1525 e Filippo V nell’anno 1916 allarmati dalla violenza di alcuni uomini, proibirono la celebrazione del carnevale.
I borghesi allora portarono le celebrazioni a porte chiuse. Nei loro lussuosissimi saloni, ballavano fino a tardi nascosti dietro ad enigmatiche maschere e spettacolari travestimenti.
Le classi popolari, anche loro continuarono a festeggiare tra le vie.
Nel tempo della Riforma, nelle nazioni evangeliche il “Re Carnevale” scomparve. Tuttavia, dopo la Seconda Guerra Mondiale, ricominciò ad esistere e ad ottenere crescente influsso.
Oggi la superstizione è nuovamente di moda, e invece di alleluia, in Germania, durante le celebrazioni di Carnevale, si urla “Urrà”.
I riti del carnevale
Nel carnevale fanno confluire riti agrari di purificazione e propiziazione, propri del mondo primitivo, connessi con le feste che segnano l’inizio di un ciclo annuale o stagionale e ispirati al bisogno naturale di rinnovarsi periodicamente, mediante l’espulsione del male (malattie e peccati) accumulatosi durante il ciclo che si conclude e la propiziazione della nuova fase che si apre. (UTET Vol. IV pag. 313).
Questi riti di carnevale sono costituiti dalla uccisione di un fantoccio, che può avvenire in vari modi: bruciamento, annegamento, lapidazione, fucilazione, decapitazione, impiccagione, seppellimento. La forma più usuale e più antica è il bruciamento. Il rogo su cui viene arso il fantoccio rappresenta il carnevale, o il suo equivalente, ha soprattutto la funzione di purificare, distruggendo le influenze malefiche e dannose e rinnovare per conseguenza l’energia della natura. Analogo significato propiziatorio e promovente può attribuirsi ai falò e agli elementi di contorno, danze e canti. (Op. Cit: pag. 314).
Chi è la nostra purificazione e propiziazione? Nella Bibbia troviamo scritto nella lettera agli Ebrei 1:3 che Gesù“…dopo aver fatto la purificazione dei peccati si è seduto alla destra della Maestà nei luoghi altissimi”. E Giovanni nella sua epistola ci dice: “il sangue di Gesù ci purifica da ogni peccato”; ed ancora “In questoè l’amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che Egli ha amato noi, e ha mandato suo Figlio per essere il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati”.
Chi può espellere il male e i peccati? Solo Gesù ha potuto dire “I tuoi peccati ti sono rimessi”. Dunque nessun rito, ma Gesù Cristo solo è la nostra benedizione.
C’è chi è stato ucciso alla croce per distruggere le influenze del male… “Ecco io (Gesù) vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e scorpioni e su tutta la potenza del nemico; nulla potrà farvi del male” questa è la nostra certezza, la Parola di Cristo non favole artificiose di uomini
Il carnevale fuori d’ogni dubbio è la continuità storica dell’antica festa romana in onore al dio Saturno. Degli antichi Saturnali.
Chi sono i Saturnali? Tratti caratteristici dei saturnali erano la concessione agli schiavi di trattare come loro pari i padroni e di rinfacciare loro vizi e difetti (vedi carnevale di Putignano o Viareggio), i grandi banchetti cui partecipavano insieme persone di diverso ceto sociale (gozzoviglie e sollazzi della carne), le danze, le rappresentazioni mimiche, gli scherzi, i giochi d’azzardo, l’uso di indossare fuori di casa la “vestis cenatoria synthesis” (una breve tunica, oggi una sorta di “minigonna”) anziché la rigorosa toga.
Le maschere
La maschera, attualmente espressione di gioia, aveva nelle civiltà antiche un significato molto diverso. La tradizione dell’usare le maschere ebbe un’origine religioso spirituale che derivava dal culto ai morti.
Quel personaggio che personificava agli spiriti si vestiva di bianco e si copriva il viso con una maschera. |
In questo modo fu installato nel popolo il costume di travestirsi per questa celebrazione, tradizione che ancora fino a oggi è vigente.
Si credeva che chi la indossava riceveva temporaneamente il potere e la forza degli animali sacri; si riteneva inoltre che le Manifestazioni di gioia da parte dei mascherati avessero la capacità di scacciare gli spiriti maligni (di origine germanica).
Componenti essenziali e indispensabili del mito carnevalesco sono le maschere. Discussa è la loro origine e natura. Che, anziché pretendere di farle risalire all’antichità classica, sembra più giusto considerarle come esseri del mondo degli inferi: demoni e anime di morti.
Il carattere infernale e diabolico è, infatti, riconoscibile nei principali tipi di maschere, soprattutto per particolari del costume. (OP. Cit: pag. 314).
Fu nel 1965, quando il Re Sole comparve mascherato ad una festa, che riprese questa tradizione difficile per le vicende che l’hanno accompagnata.
Molti approfittavano, delle maschere per concedersi atti altrimenti illeciti, fino a compiere alcuni atti di vera e propria violenza (e ancora oggi è così, vedi Rio de Janeiro).
Arlecchino:
Arlecchino sarebbe la simbolica figurazione medioevale dell’aspetto oscuro e conturbante, quindi demoniaco, del risveglio primaverile delle forze della natura: egli ed i suoi spettrali seguaci erompono dal sottosuolo nella notte del 1° maggio (o in quella di Pentecoste o in quella di S. Giov. Secondo altre tradizioni), costringendo con il terrore gli uomini a rinchiudersi nelle loro case.
Ma al pari di ogni diavolo medioevale, anche Hellequin o Alichino ha un doppio volto. Sul rovescio di un profilo terrifico, il folklore imprime i segni di una comica buffoneria: l’intelligenza perversa del beffardo spirito infernale trascolora nelle stupidità del demonio popolare destinato ad essere oggetto di beffa. |
Arlecchino reca sul volto la mezza maschera nera che è insieme ricordo del ceffo infernale e parodia dell’ispido uomo delle valli: il suo costume a toppe multicolori è l’abito del servo pezzente, ma anche la folle livrea del demone: la spatola che stringe alla cintura serve a rimestrare la polenta, eppure ricorda lo scettro con cui il capo della caccia selvaggia allontana da se gli uomini che si attardano al suo cammino.
Non diversamente, il suo gestire spazia tra la stupefacente acrobazia del folletto e l’incredibile balordaggine del diavolo goffo. UTET Vol. II pag. 246).
Le prime testimonianze drammaturgiche e letterarie relative al nome di arlecchino appartengono ai secoli XIII e XIV:
Nel 1276 Adam de la Halle nel “Jeu de la Feuillèe”, fa riferimento a Hellequin, capo d’una masnada di spiriti infernali.
Dante attribuisce il nome di Alichino a uno dei diavoli di Malebolge.
Pulcinella:
I suoi vestimenti riconducono nella grande famiglia demoniaca degli anni medievali: per riconoscerlo (accanto ad Arlecchino) come grottesca ipostasi comica d’un pallido e diabolico spirito sotterraneo,emerso ad esibire in una parentesi carnevalesca l’insaziabile voracità.la sfrontatezza, la goffaggine e il gusto perturbatore del tipico “diavolo sciocco”. “mamutones” sardi (personaggi, melensi, facilmente beffati e tuttavia desiderosi di apparire esperti e scaltri), sono tutti elementi collegati a idee sataniche: è una maniera per diversificare il proprio esse re,sia pure a costo di ricorrere a simulazioni diaboliche. La stragrande maggioranza di coloro che festeggiano il carnevale, lo fa indossando o facendo
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indossare ai propri figli una maschera. Lo scopo è di voler ostentare gioia e spensieratezza, quando in realtà il cuore può essere invaso da una profonda tristezza: “Anche ridendo,il cuore può esser triste; e l’allegrezza può finire in dolore” (Proverbi 14:13).
Tutto questo onora Iddio?
Si sente ribattere con delle affermazioni tipo: ma che c’è di male in queste feste in maschera, in questi balli, banchetti, giochi scherzosi, lancio di coriandoli ed altro?”
Purtroppo c’è un risvolto della medaglia molto triste, basti spostare lo sguardo al più grande carnevale al mondo a Rio de Janeiro e leggere il bollettino di guerra dopo i festeggiamenti: Violenze carnali, omicidi, infarti, incidenti dovuti all’eccesso di alcool, ecc.
Non tutto quello che luccica è oro. Questa società ci mostra l’irreale, basti vedere la pubblicità, un bell’uomo con una donna che fanno un brindisi con liquori, magari attorniati da un atmosfera armoniosa davanti ad un caminetto, ma questa è la realtà? Chiediamolo a quei bambini che hanno come papà un alcolizzato, e perché no anche alle mogli, quanto dolore, tristezza, povertà, rovina questo è il risvolto della medaglia.
Non permettere ad un bambini d’indossare un costume di carnevale e non farlo partecipare ai vari festeggiamenti, magari proprio nell’ambito scolastico, lo farà apparire “diverso”: come fare allora? Il genitore cristiano è chiamato sempre ad onorare il Signore e a coinvolgere in questo anche i propri figli: “E se vi par mal fatto servire all’Eterno, scegliete oggi a chi volete servire: o agli dei ai quali i vostri padri servirono di là dal fiume, o agli dei degli Amorei, nel paese de’ i quali abitate; quanto a me e alla casa mia, serviremo all’Eterno” (Giosuè 24:15).
In Proverbi 22:6 è scritto: “Inculca al fanciullo la condotta che deve tenere; anche quando sarà vecchio non se ne dipartirà”, questo significa insegnare ai propri figli i valori che la Parola di Dio presenta per il nostro progresso spirituale e perché il nome del Signore venga glorificato: “Ogni cosa è lecita ma non ogni cosa è utile; ogni cosa è lecita ma non ogni cosa edifica” (1 Corinzi 10:23).
Naturalmente come genitori cristiani siamo chiamati ad istruire i nostri figli nella volontà di Dio, anche se veniamo considerati dalle persone antiquate e incapaci di rimanere al passo con i tempi, poiché la nostra preoccupazione non è quella di rimanere indietro con la società, ma di seguire Gesù Cristo il Signore in ogni cosa “esaminando che cosa sia accetto al Signore. E non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre; anzi, piuttosto riprendetele”(Efesini 5:10,11).
La gioia artificialmente prodotta non è che un autoinganno e un mezzo del diavolo per condurre la gente ad una falsa felicità. Battute oscene, alcool e sfrenata allegria non portano mai gioia e pace al cuore.
Ora, la vera gioia non viene da queste mascherate, o scherzi temporanei, ma dall’accettare Cristo come Personale Salvatore. Gesù ha affermato “io sono venuto affinché abbiano vita e vita ad esuberanza”. Gesù può cambiare il lutto in gioia, il dolore in allegrezza, per questo è venuto nel mondo ed è morto sulla croce, non per fare una farsa, ma per salvare l’uomo dalla perdizione eterna.
Di questa gioia, Gesù dice: ” …io vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi toglierà la vostra gioia” (Giovanni 16:22). Può esservi gioia maggiore di quella di una persona che si libera della cattiva coscienza, che ottiene perdono dei peccati?
C’è un personaggio della Bibbia che ad un certo punto fece il buffone per dei popoli pagani: Sansone. Tutto questo dice la Scrittura perché lo Spirito di Dio si era dipartito da lui.
Come cristiani desiderosi di vivere secondo la volontà di Dio, non vogliamo più vivere secondo il sistema che vige nel mondo: “E non vi conformate a questo secolo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza qual sia la volontà di Dio, la buona, accettevole e perfetta volontà” (Romani 12:2); ma “come figliuoli d’ubbidienza, non vi conformate alle concupiscenze del tempo passato quando eravate nell’ignoranza” (1 Pietro 1:14).
Come credenti nati di nuovo non abbiamo certamente bisogno s’indossare un “costume” per “divertirci o per svagarci un po’”, perché il nostro desiderio è rispecchiare il carattere di Cristo in tutta la nostra condotta: “Chi è savio e intelligente fra voi? Mostri con la buona condotta le sue opere in mansuetudine di sapienza” (Giacomo 3:13).
Per gli attori mascherarsi è comprensibile, ma noi vogliamo fingere di essere religiosi? La parola “attore” viene dal latino “hypòcrita” e dal greco “ypokrites”. Così appellarono i greci un attore, il quale con la voce e col gesto imitava e rappresentava un qualche estraneo personaggio. Siamo noi forse dei religiosi ipocriti? A chi Gesù chiamava ipocriti? Leggiamo “Guai a voi, scribi e farisei (religiosi di quel tempo) ipocriti, perché serrate il regno dei cieli davanti alla gente; poiché non vi entrate voi, né lasciate entrare quelli che cercano di entrare… Guai a voi scribi e farisei ipocriti, perché pulite l’esterno del bicchiere e del piatto (apparenza religiosa) mentre dentro sono pieni di rapina e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere e del piatto, affinché anche l’esterno diventi pulito. Guai a voi scribi e farisei ipocriti, perché siete simili a sepolcri imbiancati, che appaiono belli di fuori, ma dentro son pieni d’ossa di morti e d’ogni immondizia. Così anche voi, di fuori sembrate giusti alla gente; ma dentro siete pieni d’ipocrisia e d’iniquità” (Matteo 23:13,25-27).
I discepoli di Gesù avrebbero partecipato ad un carnevale? Non hanno forse lasciato scritto come ammonimento “Come si addice ai santi, né fornicazione, né impurità, né avarizia sia neppur nominata tra voi; né oscenità, né parole sciocche o volgari, che sono cose sconvenienti; ma piuttosto abbondi il ringraziamento… Nessuno vi seduca con vani ragionamenti; infatti è per queste cose che l’ira di Dio viene sugli uomini ribelli… Perché in passato eravate tenebre ma ora siete luce nel Signore. Comportatevi come figli di luce…Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre; piuttosto denunciatele… Perciò non agite con leggerezza ma cercate di ben capire quale sia la volontà del Signore” (Epistola di S. Paolo agli Efesini 5:3-17).
Quale soluzione? Camminate per lo Spirito e non adempirete i desideri della carne.
Il Carnevale non è forse un grido inconscio dell’uomo per una gioia che non possiede, di cui sente la mancanza e che perciò vorrebbe fabbricare egli stesso? Carnevale è l’espressione di un desiderio di gioia, liberazione e pace; ma solo Gesù può riempirci di questa pace e di questa gioia. Carnevale è il grido disperato dell’umanità per qualcosa che ha perduto, cioè la gioia in Dio.
Non ho ancora conosciuto qualcuno che sia diventato davvero felice con il Carnevale, ma conosco innumerevoli persone che sono diventate veramente felici volgendosi a Gesù Cristo! Carnevale dà una gioia “fabbricata”, che finisce spesso in modo triste, ma la gioia che Dio ci dono in Gesù è una gioia senza fine,una gioia del cuore che continua anche durante i giorni difficili e che cresce fino a completezza, fino a quando saremo con Lui per l’eternità. Perciò in 1 Pietro 1:8 è scritto “…Benché non l’abbiate visto, voi lo amate in Lui, benché ora non lo vediate, voi esultate di gioia ineffabile e gloriosa”. L.D.F.
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