La pesantezza del peccato di David Wilkerson
Voi tutti conoscete la storia di re Davide – come commise adulterio con Bat-Sceba e come complottò segretamente per far morire suo marito. Eppure, dopo che il profeta Natan mise a nudo il peccato di Davide, mettendoglielo davanti agli occhi, il re, affranto, si pentì dei suoi misfatti. In seguito, scrisse quattro Salmi che esprimevano l’angoscia ed il terrore che provò come conseguenza del suo peccato.
Le invocazioni angosciose del cuore di Davide sono contenute nei Salmi 6, 32 e 51 – come pure nel salmo sul quale voglio basare questo messaggio: il Salmo 38.
In ciascuno di questi salmi, Davide guarda in modo retrospettivo il suo passato, ricordando il tormento che provò durante questo periodo oscuro della sua vita. Nel Salmo 38, in particolare, descrive di essere stato colpito nella sua coscienza sensibile: “Poiché le tue frecce mi hanno trafitto e la tua mano è scesa su di me.” (Sl. 38.2)
La realtà fu che Davide dovette affrontare le conseguenze del suo peccato. La sua terribile caduta divenne presto notizia di pubblico dominio e tutto il paese cominciò a parlarne. Tutta la gente, inclusi anche i sedicenti amici di Davide, diceva: “I potenti sono caduti! Davide è finito. La sua potenza, influenza e dignità giace in rovina!”
Anche i nemici d’Israele godettero per la caduta di Davide. Natan gli puntò il dito dicendo: “…tu hai dato ai nemici del Signore ampia occasione di bestemmiare…” (2 S. 12.14) Queste parole probabilmente fecero molto male a Davide. Egli aveva attirato il biasimo sul prezioso nome del suo Signore!
Molti studiosi biblici ritengono che fu durante questo periodo, durante il quale Davide era particolarmente debole sia dal punto di vista morale che spirituale, che suo figlio, Absalom, tramò di usurpare il regno. Davide, probabilmente, era già a conoscenza del complotto in atto a suo danno. Penso che egli avesse Absalom in mente quando scrisse:
“Amici e compagni stanno lontani dalla mia piaga, i miei stessi parenti si fermano a distanza. Tende lacci chi desidera la mia morte, dice cose cattive chi mi augura del male e medita inganni tutto il giorno.” (Sl. 38.11-12)
Ovviamente, Davide conosceva che era in atto una sorta di inganno attorno a lui. Quindi, perché non lo rese pubblico? Perché non scoprì i piani malvagi dei malfattori che complottavano contro di lui? Fu perché egli si sentiva pesantemente schiacciato dal suo stesso peccat/ nascosto!
Il libro dei Proverbi ci dice: “Chi copre le sue colpe non prospererà, ma chi le confessa e le abbandona otterrà misericordia” (Pr. 28.13) La frase “non prospererà” in questo contesto non si riferisce a prosperità materiale, ma piuttosto alla salute fisica, allo stato emotivo, al benessere spirituale. La Parola di Dio dice che chiunque nasconde la propria iniquità non potrà sperimentare alcuna prosperità spirituale. E la vita di Davide ne è la prova!
Se voi doveste chiedere a Davide se fu
più penoso custodire il suo peccato nascosto,
o lasciare che venisse smascherato,
con la conseguente vergogna – Io credo che egli direbbe che
l’esposizione del suo peccato fu peso più leggero
Davide portò per un anno intero su di sé il peso terribile dell’adulterio e dell’assassinio. L’unica altra persona a conoscenza di questo era Ioab, il comandante del suo esercito. Natan venne a conoscenza di questo fatto solo in seguito, per rivelazione divina. Ma finché il suo peccato non venne portato alla luce, fu un periodo terribile e terrificante per Davide!
Una delle ragioni per il terrore di Davide potrebbe essere consistito nel fatto di aver celato a Bat-Sceba le circostanze della morte di Uria, suo marito. Probabilmente avrebbe potuto nasconderle i fatti, ma Bat-Sceba avrebbe comunque sospettato il coinvolgimento di Davide nella morte di Uria, semplicemente perché vedeva ogni giorno quanto il suo nuovo marito fosse emotivamente sconvolto.
Come erano vere le parole di Mosè che dicevano: “…sappiate che il vostro peccato vi ritroverà.” (Nu. 32.23) Ebbene, così come Davide scrisse nel Salmo 38, il suo peccato era già stato evidenziato, senza nascondere nulla. Ed egli cominciò a raccontare il costo terribile della sua stupida scelta: “Poiché le mie iniquità sorpassano il mio capo; son come un grave carico, troppo pesante per me” (Sl. 38.4)
Quando Natan confrontò Davide, questo uomo tormentato aveva esaurito ogni capacità di sopportazione. Era stato schiacciato dal peso del suo peccato segreto, e non aveva più alcuna forza per continuare. Gridava: “Guardate questo mio peccato cosa ha fatto al mio corpo, alla mia famiglia al mio paese. È troppo pesante per me da portare. Non posso più vivere più a lungo sotto a questo tremendo peso!”
Per un credente, miei cari, non vi è peso più grande da portare che il carico pesante dovuto al peccato nascosto ed inconfessato. Mosè descrisse il peccato come qualcosa che da piacere solo per poco tempo (vedi Ebrei 11.25) – ebbene quanto breve è questo tempo! Potrebbe essere una sola notte di piacere proibito, poche ore di oscura permissività, oppure solo una momentanea euforia. Eppure appena dopo aver commesso il peccato, subentra una pesantezza spirituale che paralizza.
Davide visse per un intero anno sotto tale pesantezza. Temette in continuazione il castigo di Dio e, vivendo sotto questa pressione, si ammalò. Il suo peccato nascosto ebbe un grave effetto sulla sua salute, forse procurandogli anche delle ulcere, come alcuni studiosi biblici ritengono.
Naturalmente non tutte le malattie sono la conseguenza di peccati non perdonati; l’esempio di Giobbe ne è una prova evidente. Eppure, così come l’accostarsi indegnamente alla Cena del Signore può portare alla malattia ed anche alla morte, anche il peccato nascosto e non confessato può causare serie malattie che possono diventare anche fatali.
Orbene, Dio amava comunque Davide mentre accadevano tutte queste cose? Ebbene, sì. Era Dio arrabbiato con lui a causa del suo peccato? Naturalmente. E castigò Davide durante l’anno in cui egli mascherò la sua iniquità? Certamente.
Lasciate che vi ponga una domanda: Dio ama oggi la sua gente? Si, senza alcun dubbio. Eppure, il nostro peccato nascosto procura ira a Dio? Certamente. E Dio ci castiga per il nostro peccato nascosto? Si, certamente!
Davide elenca parecchie conseguenze
emotive e fisiche del vivere
con un segreto peccato mortale
Dal tempo di Davide fino ai giorni nostri, il peccato ha sempre causato terribili conseguenze al popolo di Dio. Considerate attentamente questo elenco di disordini emotivi e fisici causati dal peccato nascosto:
“Non c’è nulla d’intatto nel mio corpo a causa della tua ira…” (Sl. 38.3) Il testo ebraico suggerisce: “La mia mente ed il mio corpo sono consumati dal timore che Dio sia dispiaciuto di me!”
Davide diceva: “Ogni mattina mi sveglio sapendo di avere un peccato nascosto nel mio cuore. Ed è come un cancro nella mia anima. Una nuvola scura di presentimento mi sovrasta in continuazione.” Analogamente, se avete un segreto peccato nascosto, sarete derubati del vostro spirito che una volta era gioioso. Non vi risveglierete mai in pace!
“…non c’è requie per le mie ossa a causa del mio peccato.”(Sl. 38.3) La parola “ossa” qui può essere tradotta come “corpo”. Davide diceva: “Non vi è salute ora nel mio corpo. Il mio peccato ha influito sul mio benessere fisico!” Davide fa riferimento alle ossa anche in tre altri Salmi penitenziali:
“Abbi pietà di me, o Signore, perché sono sfinito; risanami, o Signore, perché le mie ossa sono tutte tremanti. Anche l’anima mia è tutta tremante…” (Sl. 6.2-3) “Finché ho taciuto, le mie ossa si consumavano, tra i lamenti che facevo tutto il giorno.” (Sl.32.3) “Fammi di novo udire canti di gioia e letizia ed esulteranno quelle ossa che hai spezzate.” (Sl. 51.8) In parole semplici, più Davide cercò di coprire il suo peccato, più il suo corpo si indebolì.
“I miei fianchi sono infiammati, e non v’è nulla d’intatto nel mio corpo.” (Sl. 38.7) L’espressione “miei fianchi” in Ebraico significa anche “la mia forza, la mia fiducia.” E l’espressione: “nulla d’intatto nel mio corpo” qui assume anche un significato di “restringimento e di rinsecchimento”. Con la perdita di forza e di fiducia nel Signore, in Davide diminuiva anche la sua salute fisica.
“Le mie piaghe son fetide e purulente per la mia follia.” (v. 5) Davide stava dicendo: “Quando il peccato ebbe il dominio sopra di me ed io stupidamente errai, fui avvolto da un fetore morale. Le mie iniquità divennero di pubblico dominio ed emanarono un fetore come quello di una piaga infetta!”
Davide non si disperava perché il suo nome era stato imbrattato. Si disperava perché il suo nome fu sempre associato a quello del Signore, ed ora egli aveva portato scandalo al nome di Dio. Stava dicendo: Il mio nome una volta aveva un significato. Quando la gente l’udiva, onorava il Signore. Ma ora il mio peccato lo ha trasformato in una canzonaccia per ubriachi!”
“Sono curvo ed abbattuto, triste vado in giro tutto il giorno.” (v. 6) La parola ebraica per “abbattuto” qui significa “una pesante tristezza colorata di scuro” Davide viveva sotto una nube scura di disperazione. Stava dicendo; “Le mie spalle sono letteralmente curve sotto il peso della mia colpevolezza. Passo la mia giornata senza alcuna pace!”
“Sono sfinito e depresso; ruggisco per il fremito del mio cuore.” (v. 8) Parlando di lamenti che non possono essere esternati. Davide stava dicendo: “Mi lamento e gemo perché sento un ruggito costante nel mio cuore.”
Cos’era questo ruggito nell’anima di Davide. Era il gemito causato dalla perdita della pace! Il peccato lo aveva derubato della sua libertà. Aveva perso ogni pace in Dio assieme al favore di Dio e le sue benedizioni.
“…anche la luce dei miei occhi m’è venuta a meno.” (v.10) Il peccato di Davide gli aveva fatto perdere anche il suo discernimento spirituale. Una cosa è la perdita del proprio benessere emotivo, della propria salute fisica, della propria reputazione. Ma la cosa peggiore è la perdita della luce della verità – la rivelazione di Cristo!
Ad ogni affermazione fatta nel suo Salmo, il fardello del peccato di Davide diventa sempre più pesante. Mentre egli ricorda in retrospettiva, e descrive la pesantezza della sua anima, ci avverte dicendo: “Non dovete seguirmi nel mio cammino, io mi sono indebolito e spezzato a causa del mio peccato. Ho perso il prezioso favore di Dio!”
Alcuni anni fa, un evangelista del passato, molto ben conosciuto, partecipò ad una conferenza di pentimento gestita dal nostro ministero. Durante tutti i suoi decenni di ministero, quest’uomo aveva celato un peccato segreto di omosessualità.
A quell’epoca aveva circa settant’anni. Non l’avevo mai incontrato prima. L’uomo allungò la mano per salutare e quando gliela presi, mi diede la sensazione di stringere un pesce morto anziché una mano. Lo guardai negli occhi – e mi sembrò un uomo morto. Non vi era alcuna vita in lui. Tutta la sua luce se ne era andata a causa del prezzo emotivo del suo peccato nascosto. E la luce rappresenta discernimento!
Potete Perdere la Vostra Reputazione
o la Salute, ma Dio vi aiuti
Quando Perdete la vostra Luce!
Avendo Davide perso la sua luce spirituale, aveva anche perso la sua capacità di rimproverare i peccatori. La sua bocca fu messa a tacere a causa del suo stesso peccato: “Ma io mi comporto come un sordo che non ode, come un muto che non apre la bocca. Sono come un uomo che non ascolta, nella cui bocca non ci sono parole per replicare.” (Sl. 38.13-14)
L’apostolo Paolo ordinò a Timoteo: “…convinci, rimprovera, esorta con ogni tipo di insegnamento e pazienza.”(2 Tim. 4.2) Eppure, la persona che copre il suo peccato sente una parola diversa rintronare nella sua anima: “Tu che ti vanti della legge, disonori Dio trasgredendo la legge. Infatti, come è scritto: «Il nome di Dio è bestemmiato per causa vostra tra gli stranieri»” (Ro. 2.23-24)
In altre parole: “Osate insegnare agli altri come vivere, quando avete un peccato nascosto nella vostra stessa vita? Così facendo bestemmiate il nome di Dio!”
Il peso che Davide portò per un anno intero gli costò molto caro. Gli danneggiò la salute, gli tormentò la mente e gli ferì lo spirito. Creò scompiglio in casa sua, delusione tra il popolo di Dio, scherno tra gli infedeli. Alla fine gridò: “Sto per cadere (fermarmi), il mio dolore è sempre davanti a me.” (Sl. 38.17) La parola ebraica per ‘fermarsi’ qui significa ‘cadere’. Davide stava dicendo: “Sto per cadere da questa grande montagna di dispiacere!”
Alcuni Cristiani potrebbero guardare a Davide durante il suo periodo di vita turbolenta e pensare: “Quale tragedia Satana è riuscito a gettare nella vita di Davide. Come ha potuto questo gentile salmista arrivare quasi sull’orlo del precipizio? Dio deve essere stato molto arrabbiato con lui.”
Ebbene no! Non fu il demonio a rendere il peccato di Davide così pesante – ma fu Dio! Nella sua misericordia, Dio permise a quest’uomo di sprofondare il più in basso possibile, perché voleva che egli si rendesse conto dell’orrore del peccato. Egli rese il peccato nascosto di Davide così pesante, in modo che non potesse più sopportarlo e fosse costretto al pentimento!
La verità è che solo un uomo giusto come Davide poteva essere afflitto dal suo peccato così profondamente. Vedete, la sua coscienza era ancora tenera – e riusciva ancora a sentire il dolore pungente di ogni freccia di ravvedimento che Dio scagliava al suo cuore. Questa è la ragione per cui Davide poteva dire: “…il mio dolore è sempre davanti a me.” (stesso versetto)
E questo è il segreto di tutta questa storia: Davide soffriva per un dolore che gli era stato divinamente procurato! Aveva un profondo e prezioso timore di Dio. Poteva affermare: “Vedo la mano di Dio che mi sta disciplinando in tutto questo, una mano che mi costringe a mettermi in ginocchio. Ed io riconosco che i miei peccati meritano la sua ira. Tutti questi terribili effetti del mio peccato nascosto sono stati causati dal mio Padre Celeste!
Lo scrittore delle Lamentazioni dice: “Io sono l’uomo che ha visto l’afflizione sotto la verga del suo furore. Egli mi ha condotto, mi ha fatto camminare nelle tenebre e non nella luce… ha spezzato le mie ossa. Ha costruito contro di me… Mi ha fatto abitare in luoghi tenebrosi, come quelli che sono morti da lungo tempo. Mi ha circondato di un muro, perché non esca; mi ha caricato di pesanti catene… Egli mi ha sbarrato la via con blocchi di pietra…” (La. 3.1-9).
Il discorso dello scrittore è chiaro. Quando noi viviamo con un peccato nascosto, Dio stesso rende le nostre catene così pesanti, caotiche e terrificanti che veniamo spinti ad un’aperta confessione e ad un profondo pentimento.
Prendiamo in considerazione l’esempio di Davide. Egli commise adulterio. Fece in modo che un fedele soldato fosse assassinato per vantare diritti sulla sua giovane moglie (e Davide aveva già cinque mogli). Nascose la sua orribile oscurità morale per un intero anno e arrivò sull’orlo della rovina totale. Attirò la vergogna su Israele e sul nome del suo Padre Celeste.
Eppure, anche dopo tutto questo, Dio chiamò Davide “un uomo vicino al suo cuore.” Come mai? Questo segreto viene svelato in questo versetto: “Io confesso il mio peccato, sono angosciato per la mia colpa.” (Sl. 38.18) Appena prima della sua caduta, Davide si umiliò e si pentì! Gridò: “Signore ne ho avuto abbastanza! Non posso più portare questo fardello. È troppo pesante per me. Mi pento, e confesso liberamente il mio peccato. Per favore, Signore, non mi abbandonare!”
“Ho peccato contro di te, contro te solo, ho fatto ciò ch’è male agli occhi tuoi. Perciò sei giusto quando parli e irreprensibile quando giudichi… Poiché riconosco le mie colpe, il mio peccato è sempre davanti a me… O Dio crea in me un cuore puro… e non togliermi il tuo santo Spirito.” (Sl. 51.4, 3, 10,11).
Il Signore portò alla luce ogni luogo recondito della vita di Davide, per condurlo ad un atto di pentimento pieno e completo!
Questo messaggio va oltre le esperienze
di Davide relative all’alto
costo del peccato!
Desidero ora parlare al Cristiano che si trova in un pericolo più grande di quanto non si fosse mai trovato Davide, persino durante i suoi momenti più oscuri. Mi riferisco al credente che non riesce in alcun modo a rispecchiarsi nel Salmo 38. Non conosce alcun dolore per l’iniquità, la pesantezza del peccato, i dardi che colpiscono la coscienza, perché il suo cuore è ricoperto di durezza!
Questo Cristiano non possiede vero timore di Dio. Può peccare senza sentire alcun rimorso. Nulla può perforare le pareti rinforzate del suo cuore. Prende il suo peccato alla leggera, chiamandolo “solo un piccolo problema della mia vita.” Tale Cristiano corre il pericolo di diventare un uomo dal cuore duro – totalmente ingannato dal suo peccato!
Non molto tempo fa, una donna Cristiana molto onesta mandò una lettera al nostro ministero, dicendo:
“Sono spaventata! Ho servito il Signore per molti anni, ma negli ultimi anni ho cominciato a vagare, diventando fredda verso Dio. Non sento alcuna preoccupazione per le anime perdute, nessuna urgenza di pregare o leggere la Bibbia. Un’oscurità spirituale si è impadronita di me. Eppure quello che mi fa più paura è il fatto che non sono preoccupata per quello che mi sta succedendo. Ho paura perché non sento alcuna paura!”
Quante migliaia di Cristiani non sentono più il dolore per questo peccato? Moltitudini di persone oggi trovano scuse per i loro peccati ricorrenti, dicendo: “Sono solo semplici debolezze umane. Mi posso permettere almeno questo unico vizio.”
Ebbene, no! Il profeta Ezechiele ci da una efficace illustrazione di ciò che accade alla gente che prende il loro peccato alla leggera. In questo racconto i settanta anziani di Giuda andarono da Ezechiele per ascoltare una parola dal Signore. Tutti questi uomini servivano nel Tempio, e quando si radunarono per il culto con il profeta, Ezechiele ebbe una visione stupefacente:
“…mentre stavo seduto in casa mia e gli anziani di Giuda erano seduti in mia presenza, la mano del Signore, di Dio, cadde su di me. Io guardai, ed ecco una figura d’uomo, che aveva l’aspetto del fuoco; dai fianchi in giù pareva fuoco… risplendente, come un bagliore di metallo.
Egli stese una forma di mano e mi prese per una ciocca dei miei capelli; lo spirito mi sollevò fra terra e cielo, e mi trasportò in visioni divine a Gerusalemme…” (Ez. 8.1-3)
Lo Spirito Santo scese sull’assemblea, ed il fuoco santo di Dio riempì il tempio di luce:
“Ed ecco, là era la gloria del Dio d’Israele…” (v. 4).
Ora, noi sappiamo che quando la presenza ardente di Dio entra in una riunione, il peccato viene immancabilmente messo allo scoperto. Infatti, notate come Ezechiele fu toccato dalla gloria di Dio: in questa visione, Dio lo innalzò in alto sopra il tempio, tenendolo sospeso sopra ogni cosa. Ed aprì gli occhi di Ezechiele perché potesse vedere i segreti nel cuore dei settanta anziani.
Improvvisamente il profeta vide che la mente di questi uomini era piena di “…ogni sorta di rettili e di animali abominevoli…” (v. 10).
Il profeta sta descrivendo delle roccaforti demoniache, esseri satanici. Ed essi si erano infiltrati nella casa di Dio attraverso il ministero di questi uomini!
Eppure seduti di fronte a lui vi erano settanta anziani, calmi e placidi. Avevano l’apparenza di fedeli che cercavano guida dal Signore, mostrando rispetto per il ministero profetico di Ezechiele. Ma, in effetti, stavano coprendo un segreto peccato nascosto!
Vedete, questi uomini eseguivano le procedure di culto esteriori nell’esercizio del loro ministero nel tempio – sacrificando agnelli, lavandosi le mani ed entrando nel luogo santo. Eppure in realtà, appartenevano tutti ad una società segreta di adoratori del sole. Usavano prostitute nel tempio, perché piangessero davanti a Tammuz, il dio della fertilità. E nella celebrazione del loro rituale di culto, questi anziani, apparentemente pii, commettevano fornicazione.
Peggio ancora, questi uomini non si rendevano conto della loro orribile idolatria. Ora, come la presenza infuocata di Dio riempì il luogo, essi semplicemente se ne stavano confortevol- mente seduti, incapaci di vedere o sentire alcunché, totalmente insensibili. Vi chiederete come è possibile tutto questo. Vi è una sola ragione: ritenevano che la loro iniquità fosse cosa da poco. La scusavano come se non fosse nulla di preoccupante.
Il Signore chiese ad Ezechiele: “È forse poca cosa per la casa di Giuda commettere le abominazioni che commette qui…?” (v. 17) Dio stava dicendo: “Questi uomini sono insensibili perché non vedono il peccato nel modo in cui io lo vedo – molto, molto peccaminoso. Per loro è soltanto uno scherzo!”
I settanta anziani si erano convinti che Dio ammiccasse a proposito della loro idolatria: “Infatti dicono: Il Signore non ci vede…” (v. 12). Eppure il Signore esprime gravi giudizi su di loro. Dice ad Ezechiele: “…Ecco che s’accostano il ramo al naso.” (v. 17)
Questo versetto descrive un gesto antico di disprezzo. Gli Israeliti prendevano un ramoscello, lo spezzavano e lo mettevano sotto il loro naso facendolo girare. L’equivalente moderno di questo gesto sarebbe quello di mettere il pollice davanti al naso, per dire: “Prenditi questo!”
Dio a proposito di questi uomini sta dicendo: “Sedete nella mia casa, ascoltate una predicazione ispirata e sperimentate la mia presenza manifesta – e ciò nonostante nascondete il vostro peccato come se fosse una piccola cosa. Non permettete al mio Spirito di convincervi. Mi fate invece sberleffi!”
Questi anziani non erano come Davide, che si sentiva pesantemente schiacciato dal suo peccato. Essi non sentivano alcun rimorso, nessuna perdita di forze, nessuna pena emotiva. Non avevano alcun rombo o ruggito interiore. Al contrario, erano ingannati da quello che Mosè chiamò “una falsa pace”.
“Nessuno, dopo aver udito le parole di questo giuramento, si illuda nel suo cuore dicendo: «Avrò pace anche se camminerò secondo la caparbietà del mio cuore». In questo modo chi ha bevuto largamente porta a perdizione anche chi ha sete…” (Dt. 29.18).
In altre parole: “Una persona ingannata è come un ubriaco che ha perso la capacità di discernere. Egli non può più distinguere tra sete e ubriachezza!”
Io vi chiedo:
Quanto pesa il vostro peccato?
Siete forse turbati ed addolorati per il vostro peccato ricorrente? Vi mantiene sotto pressione, togliendovi il sonno, dandovi pene emotive, dispiaceri, sensi di colpa e disperazione? Vi sentite come se foste sul punto di soccombere sotto al pesante carico di tutte queste cose?
Il vostro cuore sta forse implorando: “Signore, sono sommerso dai miei peccati oltre alla mia capacità di comprensione. Eppure so che tutti i miei guai provengono dalla tua mano castigatrice. Oh, Dio, non voglio più essere schiavo delle mie perfide abitudini. Per favore, rendimi la mia libertà!”
Se questa è la vostra preghiera, allora siete ben sulla strada della guarigione e della liberazione. Vedete, quando Davide si pentì, fu in grado di intravedere la luce alla fine della galleria. Ascoltate la sua preghiera trionfale:
“Davanti a te ho ammesso il mio peccato, non ho taciuto la mia iniquità. Ho detto: «Confesserò le mie trasgressioni al Signore», e tu hai perdonato l’iniquità del mio peccato… Tu sei il mio rifugio, tu mi proteggerai nelle avversità, tu mi circonderai di canti di liberazione.” (Sl. 32.5, 7).
Cari santi, potete ritirare il vostro grido e riprendervi la vostra gioia. Semplicemente confessate e dimenticate il vostro peccato – ed il Signore vi perdonerà e vi libererà. Come il padre del figliol prodigo, Egli è pronto a baciarvi sul collo, vestirvi con una veste di giustizia ed apparecchiare dinanzi a voi una grande festa. Allora voi potrete testimoniare insieme con Davide:
“Molti dolori subirà l’empio, ma chi confida nel Signore sarà circondato dalla sua grazia. Rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti! gioite, voi tutti che siete retti di cuore” (Sl. 32.10-11). Alleluia!
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